mercoledì 22 febbraio 2012

Tocca il ginocchio di una minorenne sul bus: è violenza sessuale.

Cassazione penale, sez. III, 12 dicembre 2011, n. 45950

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Nella sentenza in commento la Suprema Corte è chiamata ad inviduare la presenza degli elementi soggettivi ed oggettivi dei reati di cui agli articoli 609 bis c.p. e 609 ter c.p. nella condotta di un uomo che a bordo di un autobus della linea urbana tocca il ginocchio di una minorenne con la mano o con la gamba e, contemporaneamente, infila le mani nei propri pantaloni, alzando ed abbassando la cerniera lampo degli stessi fino a romperla.
 La Corte evidenzia come nel caso di specie ricorrano entrambi i requisiti, oggettivo e soggettivo, richiesti dalla giurisprudenza di legittimita' per la configurabilita' del delitto contestato e cioe' un rapporto carpare carpari, inteso quale volontario contatto fisico diretto tra soggetto passivo e soggetto attivo, finalizzato a soddisfare la concupiscenza di quest'ultimo (ex multis Cass. 2/7/03 n. 36758).
 A giusta ragione, quindi, il decidente di secondo grado ha ritenuto che il contatto fisico, ricercato dall'imputato con la minore, contestualmente alle pratiche di autoerotismo poste in essere dallo stesso, fosse finalizzato all'appagamento di un istinto sessuale, tenuto conto sia della riconosciuta rilevanza penale di un contatto fugace e della natura unitaria della nozione di liberta' sessuale e della conseguente irrilevanza della parte del corpo concretamente aggredita
Di seguito si riporta la sentenza della Suprema Corte:

 RITENUTO IN FATTO
 Il Tribunale di Roma, con sentenza del 19/4/2010, dichiarava Sempronio colpevole del reato di cui all'articolo 609 bis c.p. e articolo 609 ter c.p., n. 1, commesso ai danni di Tizietta , di anni 11, a bordo di un autobus della linea urbana (OMESSO), per avere toccato il ginocchio di costei con la mano o con la gamba e, contemporaneamente, infilava le mani nei propri pantaloni e cominciava ad alzare ed abbassare la cerniera lampo degli stessi fino a romperla, e lo condannava alla pena di anni 2 e mesi 4 di reclusione, con applicazione delle pene accessorie ex lege previste: condannava altresi' l'imputato al risarcimento del danno in favore della p.c. liquidato in euro 6.000.00 e alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla medesima.
 La Corte di Appello di Roma, chiamata a pronunciarsi sugli appelli interposti nell'interesse del prevenuto e della parte civile, in riforma del decisimi di prime cure ha ridotto la pena inflitta al Sempronio ad anni 2 di reclusione e, ha rimesso a separato giudizio civile la liquidazione dei danni in favore della costituita parte civile, liquidando in favore della stessa le spese e gli onorari relativi ai due gradi di giudizio.
 Propone ricorso per cassazione la difesa dell'imputato, con i seguenti motivi:
 - vizi di motivazione sia in relazione alla ritenuta attendibilita' della p.o. e delle altre testi di riscontro (madre e amica della madre che erano sull'autobus), sia in ordine alla ricostruzione della dinamica dei fatti, tenuto conto delle caratteristiche del posto ove era seduta la bambina, che erano di ostacolo alla condotta denunciata:
 - ha errato il giudice di merito nel ritenere concretizzato nella specie il reato di abuso sessuale.
 CONSIDERATO IN DIRITTO
 Il ricorso e' infondato e va rigettato.
 La argomentazione motivazionale. adottata dalla Corte di Appello, si palesa del lutto logica e corretta sia in punto di sussistenza degli elementi cristallizzanti il reato in contestazione, sia in relazione alla attribuzione di responsabilita' in capo al prevenuto.
 Il giudice di seconde cure ha ritenuto le dichiarazioni rese da Tizietta  spontanee e genuine, peraltro in larga parte confermale dallo stesso sempronio, il quale ha solo proposto una diversa spiegazione dei comportamenti posti in essere.
 La minore ha candidamente riferito di non avere compreso il significato dei gesti compiuti dall'uomo (mani nei pantaloni, alzare e abbassare la cerniera degli stessi) pur restandone profondamente turbata, al punto da invocare, con lo sguardo, l'aiuto dell'amica della madre, Br. Os. .
 Il decidente fornisce, inoltre, esaustivo riscontro al motivo di appello con cui si contestava il contrasto tra il narrato della presunta vittima e le deposizioni della di lei madre e della predetta Br. , evidenziando la insussistenza delle rilevate dissonanze e rilevando che il fatto, nel suo nucleo essenziale, era stato riferito in maniera uniforme nelle tre dichiarazioni.
 Osservasi, peraltro, che con il primo motivo di impugnazione il ricorrente tende ad una analisi rivalutativa delle emergenze istruttorie, sulle quali al giudice di legittimita' e' precluso di procedere a nuovo esame estimativo.
 Del pari non meritevole di accoglimento e' la seconda censura, con la quale si eccepisce la insussistenza degli elementi concretizzanti il reato di cui all'articolo 609 bis c.p..
 Invero, la Corte distrettuale evidenzia come nel caso di specie ricorrano entrambi i requisiti, oggettivo e soggettivo, richiesti dalla giurisprudenza di legittimita' per la configurabilita' del delitto contestato e cioe' un rapporto carpare carpari, inteso quale volontario contatto fisico diretto tra soggetto passivo e soggetto attivo, finalizzato a soddisfare la concupiscenza di quest'ultimo (ex multis Cass. 2/7/03 n. 36758).
 A giusta ragione, quindi, il decidente ha ritenuto che il contatto fisico, ricercato dall'imputato con la minore, contestualmente alle pratiche di autoerotismo poste in essere dallo stesso, fosse finalizzato all'appagamento di un istinto sessuale, tenuto conto sia della riconosciuta rilevanza penale di un contatto fugace e della natura unitaria della nozione di liberta' sessuale e della conseguente irrilevanza della parte del corpo concretamente aggredita.
 Il discorso giustificativo, sviluppato sul punto dal giudice di merito, si palesa esente da vizi, in ragione del fatto che emerge da esso, in modo univoco, che la condotta del Sempronio era finalizzata alla soddisfazione di un impulso sessuale e che vi e' stato il coinvolgimento del corpo della bambina, sia pure a livello del ginocchio.
 Inconferente, di poi, e' da ritenere, quanto sostenuto dal ricorrente per escludere la concretizzazione del reato ascrittogli, e cioe' che tale parte del corpo non rientra tra le cosiddette "zone erogene", perche' e' evidente che per i bambini non puo' essere adottato lo stesso metro di valutazione riferito agli adulti per quanto riguarda quelle predette specifiche parti del corpo, quando, peraltro, e' indubbio che la Te. ha sicuramente percepito il fatto come invasivo della propria sfera privata, restandone fortemente scossa psicologicamente.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese del grado in favore della parte civile, che liquida in euro 2.000.00 oltre accessori di legge.

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