Per ricevere in anteprima e in maniera totalmente gratuita le più recenti e rilevanti sentenze della Cassazione penale CLICCA SUL TASTO MI PIACE qui al lato -------->
Cassazione penale, sez. VI, 18 marzo 2013, n. 12600.
Cassazione penale, sez. VI, 18 marzo 2013, n. 12600.
MASSIME
1
– L'esimente prevista dal comma secondo dell'art. 384 cod. pen.
opera anche nell'ipotesi in cui la posizione processuale del prossimo
congiunto del potenziale testimone si riveli così intimamente
connessa a quella dei correi da non poter essere estrapolata o scissa
dal tessuto narrativo dell'assumenda testimonianza "contra
alios". (Nella specie, la Corte ha riconosciuto l'esimente ad un
donna a cui era stato imposto di testimoniare in un processo nel
quale il marito era imputato del delitto di associazione a
delinquere).
2
– Rispetto ad una testimonianza di persona che non avrebbe potuto
essere obbligata a rispondere, la scriminante prevista dal comma
secondo dell'art. 384 cod. pen. opera nei confronti del solo delitto
di falsa testimonianza ma non di quello di calunnia.
SENTENZA
FATTO
E DIRITTO
1.
Con il ministero del difensore l'imputata G.M. impugna per cassazione
l'indicata sentenza della Corte di Appello di Catania, che -
interamente confermando il giudizio di responsabilità - ha ridotto,
in accoglimento di un subordinato motivo di gravame, ad un anno di
reclusione la pena inflittale dal g.u.p. del Tribunale di Catania con
sentenza resa il 28.9.2006 all'esito di giudizio abbreviato, con la
quale è stata riconosciuta colpevole dei reati, unificati da
continuazione, di falsa testimonianza e di calunnia in riferimento
alla deposizione dibattimentale da lei resa in un processo a carico
di L.A. e altri per reati di associazione per delinquere e plurimi
furti aggravati in danno del gestore telefonico Telecom S.p.A..
1.1.
In punto di fatto la responsabilità della ricorrente è stata
affermata dalle due conformi decisioni di merito perchè, assunta
come testimone all'udienza del 25.5.2005 del dibattimento di primo
grado del citato processo L., affermava - da un lato - il falso, non
confermando il contenuto delle sommarie informazioni rese in fase di
indagini preliminari alla p.g. (Nucleo Operativo dei Carabinieri di
Catania) il 15.12.1997 e il 10.2.1998, e - da un altro lato -
asseriva che le dichiarazioni accusatorie allora rivolte ad alcuni
imputati le erano state suggerite dagli ufficiali di p.g. con la
promessa - in rapporto alle informazioni rese il 15.12.1997 - del
rilascio di suo marito, R.M., condotto in caserma in stato di fermo
lo stesso 15.12.1997 quale indiziato degli stessi reati ipotizzati a
carico di L.A. e altri, in tal modo falsamente attribuendo agli
operanti ufficiali di p.g. la commissione di reati di falsità
ideologica e di calunnia.