lunedì 28 novembre 2011

Tracce esame avvocato 2011/2012

In settimana verrano indicate sul blog le tracce più probabili per l'esame d'avvocato, con la rubrica "Tracce esame avvocato 2011/2012".
Cliccando sul tasto "mi piace" della pagina (posto qui al lato --->) sarete subito informati.
Per ora suggeriamo lo studio delle seguenti sentenze:

Le Sezioni Unite chiariscono i rapporti tra gli artt. 316 ter, 640 n.1 e 640 bis c.p. http://ildirittopenale.blogspot.com/2011/03/le-sezioni-unite-chiariscono-i-rapporti.html

Le Sezioni Unite sull’omesso versamento delle somme trattenute dal datore di lavoro http://ildirittopenale.blogspot.com/2011/11/le-sezioni-unite-sullomesso-versamento.html

La nuova tutela penale dell'ambiente

DECRETO LEGISLATIVO 7 luglio 2011 , n. 121

Attuazione della direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell'ambiente, nonche' della direttiva 2009/123/CE che modifica la direttiva 2005/35/CE relativa all'inquinamento provocato dalle navi e all'introduzione di sanzioni per violazioni. (11G0163)




IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Vista la direttiva 2008/99/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 19 novembre 2008, sulla tutela penale dell'ambiente;
Vista la direttiva 2009/123/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 21 ottobre 2009, che modifica la direttiva 2005/35/CE
relativa all'inquinamento provocato dalle navi e all'introduzione di
sanzioni per violazioni;
Visto il decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 202, recante
attuazione della direttiva 2005/35/CE relativa all'inquinamento
provocato dalle navi e conseguenti sanzioni;
Vista la legge 4 giugno 2010, n. 96, recante disposizioni per
l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia
alle Comunita' europee - legge comunitaria 2009, ed, in particolare,
l'articolo 19;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri,
adottata nella riunione del 7 aprile 2011;
Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei
deputati e tenuto conto che le competenti Commissioni del Senato
della Repubblica non hanno espresso i pareri nei termini previsti;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 7 luglio 2011;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del
Ministro della giustizia, di concerto con il Ministri degli affari
esteri, dello sviluppo economico, delle politiche agricole alimentari
e forestali, delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e
delle finanze;

E m a n a
il seguente decreto legislativo:

Art. 1


Modifiche al codice penale

1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo l'articolo 727, e' inserito il seguente:

«Art. 727-bis


(Uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione di esemplari
di specie animali o vegetali selvatiche protette)

Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, chiunque, fuori
dai casi consentiti, uccide, cattura o detiene esemplari appartenenti
ad una specie animale selvatica protetta e' punito con l'arresto da
uno a sei mesi o con l'ammenda fino a 4. 000 euro, salvo i casi in
cui l'azione riguardi una quantita' trascurabile di tali esemplari e
abbia un impatto trascurabile sullo stato di conservazione della
specie.
Chiunque, fuori dai casi consentiti, distrugge, preleva o detiene
esemplari appartenenti ad una specie vegetale selvatica protetta e'
punito con l'ammenda fino a 4. 000 euro, salvo i casi in cui l'azione
riguardi una quantita' trascurabile di tali esemplari e abbia un
impatto trascurabile sullo stato di conservazione della specie.»;
b) dopo l'articolo 733, e' inserito il seguente:

«Art. 733-bis


(Distruzione o deterioramento di habitat all'interno di un sito
protetto)

Chiunque, fuori dai casi consentiti, distrugge un habitat
all'interno di un sito protetto o comunque lo deteriora
compromettendone lo stato di conservazione, e' punito con l'arresto
fino a diciotto mesi e con l'ammenda non inferiore a 3. 000 euro.».
2. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 727-bis del codice
penale, per specie animali o vegetali selvatiche protette si
intendono quelle indicate nell'allegato IV della direttiva 92/43/CE e
nell'allegato I della direttiva 2009/147/CE.
3. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 733-bis del codice
penale per 'habitat all'interno di un sito protetto' si intende
qualsiasi habitat di specie per le quali una zona sia classificata
come zona a tutela speciale a norma dell'articolo 4, paragrafi 1 o 2,
della direttiva 2009/147/CE, o qualsiasi habitat naturale o un
habitat di specie per cui un sito sia designato come zona speciale di
conservazione a norma dell'art. 4, paragrafo 4, della direttiva
92/43/CE.

Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto
dall'amministrazione competente per materia ai sensi
dell'articolo 10, commi 2 e 3 del testo unico delle
disposizioni sulla promulgazione delle leggi,
sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica
e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana,
approvato con decreto del Presidente della Repubblica 28
dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la
lettura delle disposizioni di legge modificate o alle quali
e' operato il rinvio. Restano invariati il valore e
l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti.
- Per le direttive CEE vengono forniti gli estremi di
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunita'
europee (GUCE)
Note alle premesse:
- L'art. 76 della Costituzione stabilisce che
l'esercizio della funzione legislativa non puo' essere
delegato al Governo se non con determinazione di principi e
criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per
oggetti definiti.
- L'art. 87 della Costituzione conferisce, tra l'altro,
al Presidente della Repubblica il potere di promulgare le
leggi e di emanare i decreti aventi valore di legge ed i
regolamenti.
- La direttiva 2008/99/CE e' pubblicata nella G.U.U.E.
6 dicembre 2008, n. L 328.
- La direttiva 2009/123/CE e' pubblicata nella G.U.U.E.
27 ottobre 2009, n. L 280.
- Il decreto legislativo 6 novembre 2007, n.202, e'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 9 novembre 2007, n.
261, S.O
- L'art. 19 della legge 4 giugno 2010, n.96
(Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti
dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee -
Legge comunitaria 2009), pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale 25 giugno 2010, n. 146, S.O., cosi' recita:
«Art. 19.(Delega al Governo per il recepimento della
direttiva 2008/99/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 19 novembre 2008, sulla tutela penale
dell'ambiente, e della direttiva 2009/123/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, che modifica
la direttiva 2005/35/CE relativa all'inquinamento provocato
dalle navi e all'introduzione di sanzioni per violazioni).
- 1. Il Governo e' delegato ad adottare, entro il termine
di nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente
legge, uno o piu' decreti legislativi al fine di recepire
le disposizioni della direttiva 2008/99/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, sulla tutela
penale dell'ambiente, e della direttiva 2009/123/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009,
che modifica la direttiva 2005/35/CE relativa
all'inquinamento provocato dalle navi e all'introduzione di
sanzioni per violazioni.
2.I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati
su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, del Ministro per le politiche
europee e del Ministro della giustizia, di concerto con il
Ministro degli affari esteri, con il Ministro dello
sviluppo economico, con il Ministro delle politiche
agricole alimentari e forestali, con il Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro
dell'economia e delle finanze, nel rispetto delle modalita'
e delle procedure di cui all'art. 1, secondo i principi e
criteri direttivi generali di cui all' articolo 2, nonche'
secondo i seguenti principi e criteri direttivi specifici,
realizzando il necessario coordinamento con le altre
disposizioni vigenti:
a) introdurre tra i reati di cui alla sezione III del
capo I del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e
successive modificazioni, le fattispecie criminose indicate
nelle direttive di cui al comma 1;
b) prevedere, nei confronti degli enti nell'interesse
o a vantaggio dei quali e' stato commesso uno dei reati di
cui alla lettera a), adeguate e proporzionate sanzioni
amministrative pecuniarie, di confisca, di pubblicazione
della sentenza ed eventualmente anche interdittive,
nell'osservanza dei principi di omogeneita' ed equivalenza
rispetto alle sanzioni gia' previste per fattispecie
simili, e comunque nei limiti massimi previsti dagli
articoli 12 e 13 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n.
231, e successive modificazioni.».
Art. 2
Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231

1. L'articolo 4 della legge 3 agosto 2009, n. 116, e' sostituito
dal seguente:
«Art. 4. Introduzione dell'articolo 25-decies del decreto
legislativo 2001, n. 231:
1. Dopo l'articolo 25-nonies del decreto legislativo 8 giugno 2001,
n. 231, e' inserito il seguente:
"Art. 25-decies (Induzione a non rendere dichiarazioni o a
rendere dichiarazioni mendaci all'autorita' giudiziaria). !. In
relazione alla commissione del delitto di cui all'art. 377-bis del
codice civile, si applica all'ente la sanzione pecuniaria fino a
cinquecento quote."».
2. Dopo l'articolo 25-decies del decreto legislativo 8 giugno 2001,
n. 231, e' inserito il seguente:

«Art. 25-undecies


(Reati ambientali)

1. In relazione alla commissione dei reati previsti dal codice
penale, si applicano all'ente le seguenti sanzioni pecuniarie:
a) per la violazione dell'articolo 727-bis la sanzione pecuniaria
fino a duecentocinquanta quote;
b) per la violazione dell'articolo 733-bis la sanzione pecuniaria
da centocinquanta a duecentocinquanta quote.
2. In relazione alla commissione dei reati previsti dal decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si applicano all'ente le seguenti
sanzioni pecuniarie:
a) per i reati di cui all'articolo 137:
1) per la violazione dei commi 3, 5, primo periodo, e 13, la
sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote;
2) per la violazione dei commi 2, 5, secondo periodo, e 11, la
sanzione pecuniaria da duecento a trecento quote.
b) per i reati di cui all'articolo 256:
1) per la violazione dei commi 1, lettera a), e 6, primo
periodo, la sanzione pecuniaria fino a duecentocinquanta quote;
2) per la violazione dei commi 1, lettera b), 3, primo periodo,
e 5, la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta
quote;
3) per la violazione del comma 3, secondo periodo, la sanzione
pecuniaria da duecento a trecento quote;
c) per i reati di cui all'articolo 257:
1) per la violazione del comma 1, la sanzione pecuniaria fino a
duecentocinquanta quote;
2) per la violazione del comma 2, la sanzione pecuniaria da
centocinquanta a duecentocinquanta quote;
d) per la violazione dell'articolo 258, comma 4, secondo periodo,
la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote;
e) per la violazione dell'articolo 259, comma 1, la sanzione
pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote;
f) per il delitto di cui all'articolo 260, la sanzione pecuniaria
da trecento a cinquecento quote, nel caso previsto dal comma 1 e da
quattrocento a ottocento quote nel caso previsto dal comma 2;
g) per la violazione dell'articolo 260-bis, la sanzione
pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote nel caso
previsto dai commi 6, 7, secondo e terzo periodo, e 8, primo periodo,
e la sanzione pecuniaria da duecento a trecento quote nel caso
previsto dal comma 8, secondo periodo;
h) per la violazione dell'articolo 279, comma 5, la sanzione
pecuniaria fino a duecentocinquanta quote.
3. In relazione alla commissione dei reati previsti dalla legge 7
febbraio 1992, n. 150, si applicano all'ente le seguenti sanzioni
pecuniarie:
a) per la violazione degli articoli 1, comma 1, 2, commi 1 e 2, e
6, comma 4, la sanzione pecuniaria fino a duecentocinquanta quote;
b) per la violazione dell'articolo 1, comma 2, la sanzione
pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote;
c) per i reati del codice penale richiamati dall'articolo 3-bis,
comma 1, della medesima legge n. 150 del 1992, rispettivamente:
1) la sanzione pecuniaria fino a duecentocinquanta quote, in
caso di commissione di reati per cui e' prevista la pena non
superiore nel massimo ad un anno di reclusione;
2) la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta
quote, in caso di commissione di reati per cui e' prevista la pena
non superiore nel massimo a due anni di reclusione;
3) la sanzione pecuniaria da duecento a trecento quote, in caso
di commissione di reati per cui e' prevista la pena non superiore nel
massimo a tre anni di reclusione;
4) la sanzione pecuniaria da trecento a cinquecento quote, in
caso di commissione di reati per cui e' prevista la pena superiore
nel massimo a tre anni di reclusione.
4. In relazione alla commissione dei reati previsti dall'articolo
3, comma 6, della legge 28 dicembre 1993, n. 549, si applica all'ente
la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote.
5. In relazione alla commissione dei reati previsti dal decreto
legislativo 6 novembre 2007, n. 202, si applicano all'ente le
seguenti sanzioni pecuniarie:
a) per il reato di cui all'articolo 9, comma 1, la sanzione
pecuniaria fino a duecentocinquanta quote;
b) per i reati di cui agli articoli 8, comma 1, e 9, comma 2, la
sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote;
c) per il reato di cui all'articolo 8, comma 2, la sanzione
pecuniaria da duecento a trecento quote.
6. Le sanzioni previste dal comma 2, lettera b), sono ridotte della
meta' nel caso di commissione del reato previsto dall'articolo 256,
comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
7. Nei casi di condanna per i delitti indicati al comma 2, lettere
a), n. 2), b), n. 3), e f), e al comma 5, lettere b) e c), si
applicano le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2,
del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, per una durata non
superiore a sei mesi.
8. Se l'ente o una sua unita' organizzativa vengono stabilmente
utilizzati allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la
commissione dei reati di cui all'articolo 260 del decreto legislativo
3 aprile 2006, n. 152, e all'articolo 8 del decreto legislativo 6
novembre 2007, n. 202, si applica la sanzione dell'interdizione
definitiva dall'esercizio dell'attivita' ai sensi dell'art. 16, comma
3, del decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231.».
Art. 3
Modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152

1. Al comma 17 dell'articolo 6 del decreto legislativo 3 aprile
2006, n. 152, dopo il secondo periodo e' inserito il seguente: «Per
la baia storica del Golfo di Taranto di cui all'articolo 1 del
decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1977, n. 816, il
divieto relativo agli idrocarburi liquidi e' stabilito entro le
cinque miglia dalla linea di costa.».
2. All'articolo 260-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152, dopo il comma 9 sono aggiunti, in fine, i seguenti:
«9-bis. Chi con un'azione od omissione viola diverse disposizioni
di cui al presente articolo ovvero commette piu' violazioni della
stessa disposizione soggiace alla sanzione amministrativa prevista
per la violazione piu' grave, aumentata sino al doppio. La stessa
sanzione si applica a chi con piu' azioni od omissioni, esecutive di
un medesimo disegno, commette anche in tempi diversi piu' violazioni
della stessa o di diverse disposizioni di cui al presente articolo.
9-ter. Non risponde delle violazioni amministrative di cui al
presente articolo chi, entro trenta giorni dalla commissione del
fatto, adempie agli obblighi previsti dalla normativa relativa al
sistema informatico di controllo di cui al comma 1. Nel termine di
sessanta giorni dalla contestazione immediata o dalla notificazione
della violazione, il trasgressore puo' definire la controversia,
previo adempimento degli obblighi di cui sopra, con il pagamento di
un quarto della sanzione prevista. La definizione agevolata impedisce
l'irrogazione delle sanzioni accessorie.».
3. Al comma 1 dell'articolo 260-ter del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152, dopo le parole: «All'accertamento delle
violazioni di cui ai commi» le parole: «8 e 9» sono sostituite dalle
seguenti: «7 e 8».

Note all'art. 3:
- Il testo dell'articolo 6 del decreto legislativo 3
aprile 2006, n 152, (Norme in materia ambientale),
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 14 aprile 2006, n. 88,
come modificato dal presente decreto cosi' recita:
«Art. 6. (Oggetto della disciplina). - 1. La
valutazione ambientale strategica riguarda i piani e i
programmi che possono avere impatti significativi
sull'ambiente e sul patrimonio culturale.
2. Fatto salvo quanto disposto al comma 3, viene
effettuata una valutazione per tutti i piani e i programmi:
a) che sono elaborati per la valutazione e gestione
della qualita' dell'aria ambiente, per i settori agricolo,
forestale, della pesca, energetico, industriale, dei
trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle
telecomunicazioni, turistico, della pianificazione
territoriale o della destinazione dei suoli, e che
definiscono il quadro di riferimento per l'approvazione,
l'autorizzazione, l'area di localizzazione o comunque la
realizzazione dei progetti elencati negli allegati II, III
e IV del presente decreto;
b) per i quali, in considerazione dei possibili
impatti sulle finalita' di conservazione dei siti designati
come zone di protezione speciale per la conservazione degli
uccelli selvatici e quelli classificati come siti di
importanza comunitaria per la protezione degli habitat
naturali e della flora e della fauna selvatica, si ritiene
necessaria una valutazione d'incidenza ai sensi
dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica
8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni.
3. Per i piani e i programmi di cui al comma 2 che
determinano l'uso di piccole aree a livello locale e per le
modifiche minori dei piani e dei programmi di cui al comma
2, la valutazione ambientale e' necessaria qualora
l'autorita' competente valuti che producano impatti
significativi sull'ambiente, secondo le disposizioni di cui
all'articolo 12 e tenuto conto del diverso livello di
sensibilita' ambientale dell'area oggetto di intervento
(48).
3-bis. L'autorita' competente valuta, secondo le
disposizioni di cui all'articolo 12, se i piani e i
programmi, diversi da quelli di cui al comma 2, che
definiscono il quadro di riferimento per l'autorizzazione
dei progetti, producano impatti significativi
sull'ambiente.
3-ter. Per progetti di opere e interventi da
realizzarsi nell'ambito del Piano regolatore portuale, gia'
sottoposti ad una valutazione ambientale strategica, e che
rientrano tra le categorie per le quali e' prevista la
Valutazione di impatto ambientale, costituiscono dati
acquisiti tutti gli elementi valutati in sede di VAS o
comunque desumibili dal Piano regolatore portuale. Qualora
il Piano regolatore Portuale ovvero le rispettive varianti
abbiano contenuti tali da essere sottoposti a valutazione
di impatto ambientale nella loro interezza secondo le norme
comunitarie, tale valutazione e' effettuata secondo le
modalita' e le competenze previste dalla Parte Seconda del
presente decreto ed e' integrata dalla valutazione
ambientale strategica per gli eventuali contenuti di
pianificazione del Piano e si conclude con un unico
provvedimento.
4. Sono comunque esclusi dal campo di applicazione del
presente decreto:
a) i piani e i programmi destinati esclusivamente a
scopi di difesa nazionale caratterizzati da somma urgenza o
ricadenti nella disciplina di cui all'articolo 17 del
decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive
modificazioni;
b) i piani e i programmi finanziari o di bilancio;
c) i piani di protezione civile in caso di pericolo
per l'incolumita' pubblica;
c-bis) i piani di gestione forestale o strumenti
equivalenti, riferiti ad un ambito aziendale o
sovraziendale di livello locale, redatti secondo i criteri
della gestione forestale sostenibile e approvati dalle
regioni o dagli organismi dalle stesse individuati .
5. La valutazione d'impatto ambientale, riguarda i
progetti che possono avere impatti significativi e negativi
sull'ambiente e sul patrimonio culturale.
6. Fatto salvo quanto disposto al comma 7, viene
effettuata altresi' una valutazione per:
a) i progetti di cui agli allegati II e III al
presente decreto;
b) i progetti di cui all'allegato IV al presente
decreto, relativi ad opere o interventi di nuova
realizzazione, che ricadono, anche parzialmente,
all'interno di aree naturali protette come definite dalla
legge 6 dicembre 1991, n. 394.
7. La valutazione e' inoltre necessaria, qualora, in
base alle disposizioni di cui al successivo articolo 20, si
ritenga che possano produrre impatti significativi e
negativi sull'ambiente, per:
a) i progetti elencati nell'allegato II che servono
esclusivamente o essenzialmente per lo sviluppo ed il
collaudo di nuovi metodi o prodotti e non sono utilizzati
per piu' di due anni;
b) le modifiche o estensioni dei progetti elencati
nell'allegato II che possono avere impatti significativi e
negativi sull'ambiente;
c) i progetti elencati nell'allegato IV.
8. Per i progetti di cui agli allegati III e IV,
ricadenti all'interno di aree naturali protette, le soglie
dimensionali, ove previste, sono ridotte del cinquanta per
cento.
9. Le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano possono definire, per determinate tipologie
progettuali o aree predeterminate, sulla base degli
elementi indicati nell'allegato V, un incremento nella
misura massima del trenta per cento o decremento delle
soglie di cui all'allegato IV. Con riferimento ai progetti
di cui all'allegato IV, qualora non ricadenti neppure
parzialmente in aree naturali protette, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano possono
determinare, per specifiche categorie progettuali o in
particolari situazioni ambientali e territoriali, sulla
base degli elementi di cui all'allegato V, criteri o
condizioni di esclusione dalla verifica di
assoggettabilita'.
10. L'autorita' competente in sede statale valuta caso
per caso i progetti relativi ad opere ed interventi
destinati esclusivamente a scopo di difesa nazionale non
aventi i requisiti di cui al comma 4, lettera a). La
esclusione di tali progetti dal campo di applicazione del
decreto, se cio' possa pregiudicare gli scopi della difesa
nazionale, e' determinata con decreto interministeriale del
Ministro della difesa e del Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare .
11. Sono esclusi in tutto in parte dal campo di
applicazione del presente decreto, quando non sia possibile
in alcun modo svolgere la valutazione di impatto
ambientale, singoli interventi disposti in via d'urgenza,
ai sensi dell'articolo 5, commi 2 e 5 della legge 24
febbraio 1992, n. 225, al solo scopo di salvaguardare
l'incolumita' delle persone e di mettere in sicurezza gli
immobili da un pericolo imminente o a seguito di calamita'.
In tale caso l'autorita' competente, sulla base della
documentazione immediatamente trasmessa dalle autorita' che
dispongono tali interventi:
a) esamina se sia opportuna un'altra forma di
valutazione;
b) mette a disposizione del pubblico coinvolto le
informazioni raccolte con le altre forme di valutazione di
cui alla lettera a), le informazioni relative alla
decisione di esenzione e le ragioni per cui e' stata
concessa;
c) informa la Commissione europea, tramite il
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare nel caso di interventi di competenza regionale, prima
di consentire il rilascio dell'autorizzazione, delle
motivazioni dell'esclusione accludendo le informazioni
messe a disposizione del pubblico.
12. Per le modifiche dei piani e dei programmi
elaborati per la pianificazione territoriale o della
destinazione dei suoli conseguenti a provvedimenti di
autorizzazione di opere singole che hanno per legge
l'effetto di variante ai suddetti piani e programmi, ferma
restando l'applicazione della disciplina in materia di VIA,
la valutazione ambientale strategica non e' necessaria per
la localizzazione delle singole opere.
13. L'autorizzazione integrata ambientale e' necessaria
per:
a) i progetti di cui all'allegato VIII del presente
decreto;
b) le modifiche sostanziali degli impianti di cui
alla lettera a) del presente comma.
14. Per gli impianti ove e' svolta una attivita' di cui
all'allegato VIII del presente decreto, nonche' per le loro
modifiche sostanziali l'autorizzazione integrata ambientale
e' rilasciata nel rispetto di quanto previsto dall'articolo
208, commi 6 e 7, del presente decreto.
15. Per gli impianti di cui alla lettera a) del comma
12 del presente articolo, nonche' per le loro modifiche
sostanziali, l'autorizzazione integrata ambientale e'
rilasciata nel rispetto della disciplina di cui al presente
decreto e dei termini di cui all'articolo 29-quater, comma
10.
16. L'autorita' competente, nel determinare le
condizioni per l'autorizzazione integrata ambientale, fermo
restando il rispetto delle norme di qualita' ambientale,
tiene conto dei seguenti principi generali:
a) devono essere prese le opportune misure di
prevenzione dell'inquinamento, applicando in particolare le
migliori tecniche disponibili;9
b) non si devono verificare fenomeni di inquinamento
significativi;
c) deve essere evitata la produzione di rifiuti, a
norma della quarta parte del presente decreto; in caso
contrario i rifiuti sono recuperati o, ove cio' sia
tecnicamente ed economicamente impossibile, sono eliminati
evitandone e riducendone l'impatto sull'ambiente, secondo
le disposizioni della medesima quarta parte del presente
decreto;
d) l'energia deve essere utilizzata in modo efficace
ed efficiente;
e) devono essere prese le misure necessarie per
prevenire gli incidenti e limitarne le conseguenze;
f) deve essere evitato qualsiasi rischio di
inquinamento al momento della cessazione definitiva delle
attivita' e il sito stesso deve essere ripristinato ai
sensi della normativa vigente in materia di bonifiche e
ripristino ambientale.
17. Ai fini di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema,
all'interno del perimetro delle aree marine e costiere a
qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale,
in virtu' di leggi nazionali, regionali o in attuazione di
atti e convenzioni internazionali sono vietate le attivita'
di ricerca, di prospezione nonche' di coltivazione di
idrocarburi liquidi e gassosi in mare, di cui agli articoli
4, 6 e 9 della legge 9 gennaio 1991, n. 9. Il divieto e'
altresi' stabilito nelle zone di mare poste entro dodici
miglia marine dal perimetro esterno delle suddette aree
marine e costiere protette, oltre che per i soli
idrocarburi liquidi nella fascia marina compresa entro
cinque miglia dalle linee di base delle acque territoriali
lungo l'intero perimetro costiero nazionale. Per la baia
storica del Golfo di Taranto di cui all'articolo 1 del
decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1977, n.
816, il divieto relativo agli idrocarburi liquidi e'
stabilito entro le cinque miglia dalla linea di costa. Al
di fuori delle medesime aree, le predette attivita' sono
autorizzate previa sottoposizione alla procedura di
valutazione di impatto ambientale di cui agli articoli 21 e
seguenti del presente decreto, sentito il parere degli enti
locali posti in un raggio di dodici miglia dalle aree
marine e costiere interessate dalle attivita' di cui al
primo periodo. Le disposizioni di cui al presente comma si
applicano ai procedimenti autorizzatori in corso alla data
di entrata in vigore del presente comma. Resta ferma
l'efficacia dei titoli abilitativi gia' rilasciati alla
stessa data. Dall'entrata in vigore delle disposizioni di
cui al presente comma e' abrogato il comma 81 dell'articolo
1 della legge 23 agosto 2004, n. 239.».
Il testo dell'articolo 260-bis del citato decreto
legislativo n 152 del 2006, come modificato dal presente
decreto cosi' recita:
«260-bis. Sistema informatico di controllo della
tracciabilita' dei rifiuti
1. I soggetti obbligati che omettono l'iscrizione al
sistema di controllo della tracciabilita' dei rifiuti
(SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lett. a),
nei termini previsti, sono puniti con una sanzione
amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a
quindicimilacinquecento euro. In caso di rifiuti
pericolosi, si applica una sanzione amministrativa
pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a novantatremila
euro.
2. I soggetti obbligati che omettono, nei termini
previsti, il pagamento del contributo per l'iscrizione al
sistema di controllo della tracciabilita' dei rifiuti
(SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lett. a),
sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da
duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro. In
caso di rifiuti pericolosi, si applica una sanzione
amministrativa pecuniaria da quindicimilacinquecento euro a
novantatremila euro. All'accertamento dell'omissione del
pagamento consegue obbligatoriamente, la sospensione
immediata dal servizio fornito dal predetto sistema di
controllo della tracciabilita' nei confronti del
trasgressore. In sede di rideterminazione del contributo
annuale di iscrizione al predetto sistema di tracciabilita'
occorre tenere conto dei casi di mancato pagamento
disciplinati dal presente comma.
3. Chiunque omette di compilare il registro cronologico
o la scheda SISTRI - AREA MOVIMENTAZIONE, secondo i tempi,
le procedure e le modalita' stabilite dal sistema
informatico di controllo di cui al comma 1, ovvero fornisce
al suddetto sistema informazioni incomplete, o inesatte,
altera fraudolentemente uno qualunque dei dispositivi
tecnologici accessori al predetto sistema informatico di
controllo, o comunque ne impedisce in qualsiasi modo il
corretto funzionamento, e' punito con la sanzione
amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a
quindicimilacinquecento euro. Nel caso di imprese che
occupino un numero di unita' lavorative inferiore a
quindici dipendenti, si applica la sanzione amministrativa
pecuniaria da millequaranta euro a seimiladuecento. Il
numero di unita' lavorative e' calcolato con riferimento al
numero di dipendenti occupati mediamente a tempo pieno
durante un anno, mentre i lavoratori a tempo parziale e
quelli stagionali rappresentano frazioni di unita'
lavorative annue; ai predetti fini l'anno da prendere in
considerazione e' quello dell'ultimo esercizio contabile
approvato, precedente il momento di accertamento
dell'infrazione. Se le indicazioni riportate pur incomplete
o inesatte non pregiudicano la tracciabilita' dei rifiuti,
si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro
duecentosessanta ad euro millecinquecentocinquanta.
4. Qualora le condotte di cui al comma 3 siano
riferibili a rifiuti pericolosi si applica la sanzione
amministrativa pecuniaria da euro quindicimilacinquecento
ad euro novantatremila, nonche' la sanzione amministrativa
accessoria della sospensione da un mese a un anno dalla
carica rivestita dal soggetto cui l'infrazione e'
imputabile ivi compresa la sospensione dalla carica di
amministratore. Nel caso di imprese che occupino un numero
di unita' lavorative inferiore a quindici dipendenti, le
misure minime e massime di cui al periodo precedente sono
ridotte rispettivamente da duemilasettanta euro a
dodicimilaquattrocento euro per i rifiuti pericolosi. Le
modalita' di calcolo dei numeri di dipendenti avviene nelle
modalita' di cui al comma 3. Se le indicazioni riportate
pur incomplete o inesatte non pregiudicano la
tracciabilita' dei rifiuti, si applica la sanzione
amministrativa pecuniaria da euro cinquecentoventi ad euro
tremilacento.
5. Al di fuori di quanto previsto nei commi da 1 a 4, i
soggetti che si rendono inadempienti agli ulteriori
obblighi su di loro incombenti ai sensi del predetto
sistema di controllo della tracciabilita' dei rifiuti
(SISTRI) sono puniti, per ciascuna delle suddette
violazioni, con la sanzione amministrativa pecuniaria da
euro duemilaseicento ad euro quindicimilacinquecento. In
caso di rifiuti pericolosi si applica la sanzione
amministrativa pecuniaria da euro quindicimilacinquecento
ad euro novantatremila.
6. Si applica la pena di cui all'articolo 483 c.p. a
colui che, nella predisposizione di un certificato di
analisi di rifiuti, utilizzato nell'ambito del sistema di
controllo della tracciabilita' dei rifiuti fornisce false
indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle
caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi
inserisce un certificato falso nei dati da fornire ai fini
della tracciabilita' dei rifiuti.
7. Il trasportatore che omette di accompagnare il
trasporto dei rifiuti con la copia cartacea della scheda
SISTRI - AREA MOVIMENTAZIONE e, ove necessario sulla base
della normativa vigente, con la copia del certificato
analitico che identifica le caratteristiche dei rifiuti e'
punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.600
euro a 9.300 euro. Si applica la pena di cui all'art. 483
del codice penale in caso di trasporto di rifiuti
pericolosi. Tale ultima pena si applica anche a colui che,
durante il trasporto fa uso di un certificato di analisi di
rifiuti contenente false indicazioni sulla natura, sulla
composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei
rifiuti trasportati.
8. Il trasportatore che accompagna il trasporto di
rifiuti con una copia cartacea della scheda SISTRI - AREA
Movimentazione fraudolentemente alterata e' punito con la
pena prevista dal combinato disposto degli articoli 477 e
482 del codice penale. La pena e' aumentata fino ad un
terzo nel caso di rifiuti pericolosi.
9. Se le condotte di cui al comma 7 non pregiudicano la
tracciabilita' dei rifiuti, si applica la sanzione
amministrativa pecuniaria da euro duecentosessanta ad euro
millecinquecentocinquanta
«9-bis. Chi con un'azione od omissione viola diverse
disposizioni di cui al presente articolo ovvero commette
piu' violazioni della stessa disposizione soggiace alla
sanzione amministrativa prevista per la violazione piu'
grave, aumentata sino al doppio. La stessa sanzione si
applica a chi con piu' azioni od omissioni, esecutive di un
medesimo disegno, commette anche in tempi diversi piu'
violazioni della stessa o di diverse disposizioni di cui al
presente articolo.
9-ter. Non risponde delle violazioni amministrative di
cui al presente articolo chi, entro trenta giorni dalla
commissione del fatto, adempie agli obblighi previsti dalla
normativa relativa al sistema informatico di controllo di
cui al comma 1. Nel termine di sessanta giorni dalla
contestazione immediata o dalla notificazione della
violazione, il trasgressore puo' definire la controversia,
previo adempimento degli obblighi di cui sopra, con il
pagamento di un quarto della sanzione prevista. La
definizione agevolata impedisce l'irrogazione delle
sanzioni accessorie.».
Il testo dell'articolo 260-ter del decreto legislativo
3 aprile 2006, n 152, citato nelle note all'articolo 3 ,
cosi' come modificato dal presente decreto cosi' recita:
«Art. 260-ter.(Sanzioni amministrative accessorie.
Confisca). - 1. All'accertamento delle violazioni di cui ai
commi 7 e 8 dell'articolo 260-bis, consegue
obbligatoriamente la sanzione accessoria del fermo
amministrativo del veicolo utilizzato per l'attivita' di
trasporto dei rifiuti di mesi 12, nel caso in cui il
responsabile si trovi nelle situazioni di cui all'art. 99
c.p. o all'articolo 8-bis della legge 24 novembre 1981, n.
689, o abbia commesso in precedenza illeciti amministrativi
con violazioni della stessa indole o comunque abbia violato
norme in materia di rifiuti.
2. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni
di cui agli articoli 213, 214, 214 bis e 224-ter del
decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e relative
norme di attuazione.
3. All'accertamento delle violazioni di cui al comma 1
dell'articolo 260-bis, consegue la sanzione accessoria del
fermo amministrativo di mesi 12 del veicolo utilizzato dal
trasportatore. In ogni caso restituzione del veicolo
sottoposto al fermo amministrativo non puo' essere disposta
in mancanza dell'iscrizione e del correlativo versamento
del contributo.
4. In caso di trasporto non autorizzato di rifiuti
pericolosi, e' sempre disposta la confisca del veicolo e di
qualunque altro mezzo utilizzato per il trasporto del
rifiuto, ai sensi dell'articolo 240, secondo comma, del
codice penale, salvo che gli stessi che appartengano, non
fittiziamente a persona estranea al reato.
5. Il fermo di cui al comma 1 e la confisca di cui al
comma 4 conseguono obbligatoriamente anche all'accertamento
delle violazioni di cui al comma 1 dell'articolo 256 .».
Art. 4
Modifiche al decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205

1. All'articolo 190 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,
come modificato dall'articolo16, comma 1, lettera d), del decreto
legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) al comma 1 prima delle parole: «I soggetti di cui all'articolo
188-ter» sono anteposte le seguenti: «Fatto salvo quanto stabilito al
comma 1-bis,»;
b) dopo il comma 1 e' inserito il seguente: «1-bis. Sono esclusi
dall'obbligo di tenuta di un registro di carico e scarico gli
imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile che
raccolgono e trasportano i propri rifiuti speciali non pericolosi di
cui all'art. 212, comma 8, nonche' le imprese e gli enti che, ai
sensi dell'art. 212, comma 8, raccolgono e trasportano i propri
rifiuti speciali non pericolosi di cui all'articolo 184, comma 3,
lettera b).».
2. All'articolo 39 del decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205,
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 2 e' sostituito dal seguente:
«2. Al fine di graduare la responsabilita' nel primo periodo di
applicazione del sistema di controllo della tracciabilita' dei
rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lettera a),
del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 205, e successive
modificazioni, i soggetti obbligati all'iscrizione al predetto
sistema che omettono l'iscrizione o il relativo versamento nei
termini previsti, fermo restando l'obbligo di adempiere
all'iscrizione al predetto sistema con pagamento del relativo
contributo, sono puniti, per ciascun mese o frazione di mese di
ritardo:
a) con una sanzione pari al cinque per cento dell'importo
annuale dovuto per l'iscrizione se l'inadempimento si verifica nei
primi otto mesi successivi alla decorrenza degli obblighi di
operativita' per ciascuna categoria di operatori, enti o imprese,
come individuata dall'articolo 12, comma 2, del decreto del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17
dicembre 2009, e successive modificazioni, pubblicato nel supplemento
ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 9 del 13 gennaio 2010;
b) con una sanzione pari al cinquanta per cento dell'importo
annuale dovuto per l'iscrizione se l'inadempimento si verifica o
comunque si protrae per i quattro mesi successivi al periodo
individuato alla lettera a) del presente comma.»;
b) dopo il comma 2, sono inseriti i seguenti:
«2-bis. Anche in attuazione di quanto disposto al comma 1, i
soggetti di cui all'articolo 188-ter, commi 1, 2, 4 e 5, del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, che
fino alla decorrenza degli obblighi di operativita' del sistema di
controllo della tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI) di cui
all'articolo 188-bis, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, non adempiono alle
prescrizioni di cui all'articolo 28, comma 2, del decreto del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 18
febbraio 2011, n. 52, sono soggetti alle relative sanzioni previste
dall'articolo 258 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,
nella formulazione precedente all'entrata in vigore del presente
decreto.
2-ter. Anche in attuazione di quanto disposto al comma 1, le
sanzioni previste dall'articolo 258 del decreto legislativo 3 aprile
2006, n. 152, nella formulazione previgente a quella di cui al
decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, per la presentazione del
modello unico di dichiarazione ambientale si applicano ai soggetti
tenuti alla comunicazione di cui all'articolo 28, comma 1, del citato
decreto ministeriale 18 febbraio 2011, n. 52, e successive
modificazioni, secondo i termini e le modalita' ivi indicati.
2-quater. Le sanzioni amministrative di cui all'articolo
260-bis, commi 3, 4, 5, 7 e 9, del decreto legislativo 3 aprile 2006,
n. 152, e successive modificazioni, sono ridotte, ad eccezione dei
casi di comportamenti fraudolenti di cui al predetto comma 3, a un
decimo per le violazioni compiute negli otto mesi successivi alla
decorrenza degli obblighi di operativita' per ciascuna categoria di
operatori, enti o imprese, come individuata dall'articolo 1 del
decreto ministeriale 26 maggio 2011, e successive modificazioni, e a
un quinto per le violazioni compiute dalla scadenza dell'ottavo mese
e per i successivi quattro mesi.».

Note all'art. 4:
- Il testo dell'articolo 190 del citato decreto
legislativo n 152 del 2006, come modificato dall' articolo
16, comma 1 lettera d) del decreto legislativo 3 dicembre
2010, n. 205 (Disposizioni di attuazione della direttiva
2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19
novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune
direttive), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 10 dicembre
2010, n. 288, S.O., come ulteriormente modificato dal
presente decreto cosi' recita:
«Art. 190. (Registri di carico e scarico). - 1. Fatto
salvo quanto stabilito al comma 1-bis, i soggetti di cui
all'articolo 188-ter, comma 2, lett. a) e b), che non hanno
aderito su base volontaria al sistema di tracciabilita' dei
rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2,
lett. a), hanno l'obbligo di tenere un registro di carico e
scarico su cui devono annotare le informazioni sulle
caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti. Le
annotazioni devono essere effettuate almeno entro dieci
giorni lavorativi dalla produzione del rifiuto e dallo
scarico del medesimo.
1-bis. Sono esclusi dall'obbligo di tenuta di un
registro di carico e scarico gli imprenditori agricoli di
cui all'articolo 2135 del codice civile che raccolgono e
trasportano i propri rifiuti speciali non pericolosi di cui
all'articolo 212, comma 8, nonche' le imprese e gli enti
che, ai sensi dell'articolo 212, comma 8, raccolgono e
trasportano i propri rifiuti speciali non pericolosi di cui
all'articolo 184, comma 3, lettera b).
2. I registri di carico e scarico sono tenuti presso
ogni impianto di produzione o, nel caso in cui cio' risulti
eccessivamente oneroso, nel sito di produzione, e integrati
con i formulari di identificazione di cui all'articolo 193,
comma 1, relativi al trasporto dei rifiuti, o con la copia
della scheda del sistema di controllo della tracciabilita'
dei rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2,
lett. a), trasmessa dall'impianto di destinazione dei
rifiuti stessi, sono conservati per cinque anni dalla data
dell'ultima registrazione.
3. I soggetti di cui al comma 1, la cui produzione
annua di rifiuti non eccede le dieci tonnellate di rifiuti
non pericolosi, possono adempiere all'obbligo della tenuta
dei registri di carico e scarico dei rifiuti anche tramite
le associazioni imprenditoriali interessate o societa' di
servizi di diretta emanazione delle stesse, che provvedono
ad annotare i dati previsti con cadenza mensile, mantenendo
presso la sede dell'impresa copia dei dati trasmessi.
4. Le informazioni contenute nel registro di carico e
scarico sono rese disponibili in qualunque momento
all'autorita' di controllo qualora ne faccia richiesta.
5. I registri di carico e scarico sono numerati,
vidimati e gestiti con le procedure e le modalita' fissate
dalla normativa sui registri IVA. Gli obblighi connessi
alla tenuta dei registri di carico e scarico si intendono
correttamente adempiuti anche qualora sia utilizzata carta
formato A4, regolarmente numerata. I registri sono numerati
e vidimati dalle Camere di commercio territorialmente
competenti.
6. La disciplina di carattere nazionale relativa ai
registri di carico e scarico e' quella di cui al decreto
del Ministro dell'ambiente 1° aprile 1998, n. 148, come
modificato dal comma 7.
7. Nell'Allegato C1, sezione III, lettera c), del
decreto del Ministro dell'ambiente 1° aprile 1998, n. 148,
dopo le parole: «in litri» la congiunzione: «e» e'
sostituita dalla disgiunzione: «o».
8. I produttori di rifiuti pericolosi che non sono
inquadrati in un'organizzazione di ente o impresa, sono
soggetti all'obbligo della tenuta del registro di carico e
scarico e vi adempiono attraverso la conservazione, in
ordine cronologico, delle copie delle schede del sistema di
controllo della tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI) di cui
all'articolo 188-bis, comma 2, lett. a), relative ai
rifiuti prodotti, rilasciate dal trasportatore dei rifiuti
stessi.
9. Le operazioni di gestione dei centri di raccolta di
cui all'articolo 183, comma 1, lettera mm), sono escluse
dagli obblighi del presente articolo limitatamente ai
rifiuti non pericolosi. Per i rifiuti pericolosi la
registrazione del carico e dello scarico puo' essere
effettuata contestualmente al momento dell'uscita dei
rifiuti stessi dal centro di raccolta e in maniera
cumulativa per ciascun codice dell'elenco dei rifiuti.».
Il testo dell'articolo 39 del citato decreto
legislativo n. 205 del 2010, come modificato dal presente
decreto cosi' recita:
«Art. 39. (Disposizioni transitorie e finali). - 1. Le
sanzioni del presente decreto relative al sistema di
controllo della tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI) di cui
all'art. 188-bis, comma 2, lett. a), si applicano a partire
dal giorno successivo alla scadenza del termine di cui all'
articolo 12, comma 2, del decreto del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in
data 17 dicembre 2009 e successive modificazioni.
2. Al fine di graduare la responsabilita' nel primo
periodo di applicazione del sistema di controllo della
tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo
188-bis, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 205, e successive modificazioni, i soggetti
obbligati all'iscrizione al predetto sistema che omettono
l'iscrizione o il relativo versamento nei termini previsti,
fermo restando l'obbligo di adempiere all'iscrizione al
predetto sistema con pagamento del relativo contributo,
sono puniti, per ciascun mese o frazione di mese di
ritardo:
a) con una sanzione pari al cinque per cento
dell'importo annuale dovuto per l'iscrizione se
l'inadempimento si verifica nei primi otto mesi successivi
alla decorrenza degli obblighi di operativita' per ciascuna
categoria di operatori, enti o imprese, come individuata
dall'articolo 12, comma 2, del decreto del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in
data 17 dicembre 2009, e successive modificazioni,
pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta
Ufficiale n. 9 del 13 gennaio 2010;
b) con una sanzione pari al cinquanta per cento
dell'importo annuale dovuto per l'iscrizione se
l'inadempimento si verifica o comunque si protrae per i
quattro mesi successivi al periodo individuato alla lettera
a) del presente comma.;
2-bis. Anche in attuazione di quanto disposto al comma
1, i soggetti di cui all'articolo 188-ter, commi 1, 2, 4 e
5, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e
successive modificazioni, che fino alla decorrenza degli
obblighi di operativita' del sistema di controllo della
tracciabilita' dei rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo
188-bis, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, non
adempiono alle prescrizioni di cui all'articolo 28, comma
2, del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare 18 febbraio 2011, n. 52, sono
soggetti alle relative sanzioni previste dall'articolo 258
del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nella
formulazione precedente all'entrata in vigore del presente
decreto.
2-ter. Anche in attuazione di quanto disposto al comma
1, le sanzioni previste dall'articolo 258 del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nella formulazione
previgente a quella di cui al decreto legislativo 3
dicembre 2010, n. 205, per la presentazione del modello
unico di dichiarazione ambientale si applicano ai soggetti
tenuti alla comunicazione di cui all'articolo 28, comma 1,
del citato decreto ministeriale 18 febbraio 2011, n. 52, e
successive modificazioni, secondo i termini e le modalita'
ivi indicati.
2-quater. Le sanzioni amministrative di cui
all'articolo 260-bis, commi 3, 4, 5, 7 e 9, del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive
modificazioni, sono ridotte, ad eccezione dei casi di
comportamenti fraudolenti di cui al predetto comma 3, a un
decimo per le violazioni compiute negli otto mesi
successivi alla decorrenza degli obblighi di operativita'
per ciascuna categoria di operatori, enti o imprese, come
individuata dall'articolo 1 del decreto ministeriale 26
maggio 2011, e successive modificazioni, e a un quinto per
le violazioni compiute dalla scadenza dell'ottavo mese e
per i successivi quattro mesi.
3. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto
sono abrogati gli articoli 181-bis, 210 e 229 del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nonche' l' articolo 3
del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173.
4. Dalla data di entrata in vigore del decreto
ministeriale di cui all'articolo 184-bis, comma 2, e'
abrogato l'articolo 186.
5. Gli allegati B, C, D ed I alla Parte IV del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 sono sostituiti dai
corrispondenti allegati al presente decreto.
6. Gli allegati A, G ed H alla Parte IV del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 sono abrogati.
7. Dopo l'allegato I alla parte IV del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e' aggiunto l'allegato L
riportato in allegato al presente decreto.
8. Rimangono in vigore fino alla loro scadenza
naturale, tutte le autorizzazioni in essere all'esercizio
degli impianti di trattamento rifiuti che prevedono la
produzione o l'utilizzo di CDR e CDR-Q, cosi' come gia'
definiti dall' articolo 183, comma 1, lett. r) e s), del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, precedentemente
alle modifiche apportate dal presente decreto legislativo,
ivi incluse le comunicazioni per il recupero semplificato
del CDR di cui alle procedure del DM 5 febbraio 1998 art.
3, Allegato 1, Suballegato 1, voce 14 e art. 4, Allegato 2,
Suballegato 1, voce 1, salvo modifiche sostanziali che
richiedano una revisione delle stesse.
9. Fino al 31 dicembre 2011 sono esclusi dall'obbligo
di iscrizione al sistema di controllo della tracciabilita'
dei rifiuti (SISTRI), di cui all'articolo 188-bis, comma 2,
lett. a), gli imprenditori agricoli che producono e
trasportano ad una piattaforma di conferimento, oppure
conferiscono ad un circuito organizzato di raccolta, i
propri rifiuti pericolosi in modo occasionale e saltuario.
Sono considerati occasionali e saltuari:
a) i trasporti di rifiuti pericolosi ad una
piattaforma di conferimento, effettuati complessivamente
per non piu' di quattro volte l'anno per quantitativi non
eccedenti i trenta chilogrammi o trenta litri al giorno e,
comunque, i cento chilogrammi o cento litri l'anno;
b) i conferimenti, anche in un'unica soluzione, di
rifiuti ad un circuito organizzato di raccolta per
quantitativi non eccedenti i cento chilogrammi o cento
litri all'anno.
10. Gli imprenditori agricoli di cui al comma 9
conservano in azienda per cinque anni la copia della
convenzione o del contratto di servizio stipulati con il
gestore della piattaforma di conferimento o del circuito
organizzato di raccolta come anche le schede SISTRI - Area
Movimentazione, sottoscritte e trasmesse dal gestore della
piattaforma di conferimento o dal circuito organizzato di
raccolta.
11. Fatta salva la disciplina in materia di protezione
dell'ambiente marino e le disposizioni in tema di
sottoprodotto, laddove sussistano univoci elementi che
facciano ritenere la loro presenza sulla battigia
direttamente dipendente da mareggiate o altre cause
comunque naturali, e' consentito l'interramento in sito
della posidonia e delle meduse spiaggiate, purche' cio'
avvenga senza trasporto ne' trattamento.
12. La raccolta degli elenchi telefonici e dei beni e
prodotti che, dati in comodato d'uso e presentando rischi
inferiori per l'ambiente, siano restituiti dal consumatore
o utente, dopo l'utilizzo, al comodante, non rientra tra le
operazioni di raccolta di rifiuti come definita dall'art.
183, comma 1, lett. o).
13. Le norme di cui all'articolo 184-bis si applicano
anche al materiale che viene rimosso, per esclusive ragioni
di sicurezza idraulica, dagli alvei di fiumi, laghi e
torrenti.
14. Entro 90 giorni dall'entrata in vigore del presente
decreto, con decreto del Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare, adottato ai sensi dell'
articolo 184-bis, comma 2, del decreto legislativo n. 152
del 2006 come introdotto dal presente decreto, sono
definite le condizioni alle quali sia da qualificarsi come
sottoprodotto il materiale derivante dalle attivita' di
estrazione e lavorazione di marmi e lapidei.
15. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare possono essere
individuate, in base al criterio della rappresentativita'
sul piano nazionale, organizzazioni alle quali e' possibile
delegare i compiti previsti dalla disciplina del Sistri ai
sensi dell' articolo 7, comma 1, del decreto del Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in
data 17 dicembre 2009, come modificato dall' articolo 9,
comma 1, del decreto del Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare in data 9 luglio 2010,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 161 del 13 luglio
2010.
16. I decreti ministeriali di attuazione delle
disposizioni del presente decreto sono adottati, salvo che
non sia diversamente ed espressamente previsto, entro due
anni dalla data di entrata in vigore delle relative
disposizioni.».
Art. 5
Clausola di invarianza

1. Dall'attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o
maggiori oneri per la finanza pubblica.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito
nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica
italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo
osservare.
Dato a Roma, addi' 7 luglio 2011

NAPOLITANO


Berlusconi, Presidente del Consiglio
dei Ministri

Prestigiacomo, Ministro dell'ambiente
e della tutela del territorio e del
mare

Alfano, Ministro della giustizia

Frattini, Ministro degli affari
esteri

Romani, Ministro dello sviluppo
economico

Romano, Ministro delle politiche
agricole alimentari e forestali

Matteoli, Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti

Tremonti, Ministro dell'economia e
delle finanze


Visto, il Guardasigilli: Alfano

mercoledì 23 novembre 2011

Lo stato di necessità (Art. 54 c.p.)

Appunti di diritto penale

Art. 54 c.p.: “non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo”.
Il nostro sistema ha prediletto la natura di causa di giustificazione dell’istituto in questione, dando così rilievo  alla sua funzione di comparazione oggettiva degli interessi in gioco e accantonando la differente natura di causa scusante incidente sul piano della colpevolezza e prediletta in altri ordinamenti penali.
Rispetto alla legittima difesa sul piano delle conseguenze lo stato di necessità si distingue perché determina un obbligo civile di equo indennizzo a carico dell’agente (2045 c.c.).

Struttura della fattispecie
Sotto il profilo strutturale vengono in rilievo:
1. Il pericolo di danno grave alla persona  (situazione necessitante)
2. Azione lesiva necessitata.

Situazione necessitante
A differenza della legittima difesa, qui vengono in rilievo solo i diritti personali (diritto alla vita, alla libertà sessuale, alla riservatezza, all’onore, ecc.), trattandosi di un limite che ben si spiega se si tiene in considerazione che con tale scriminante vengono giustificate condotte lesive rivolte ad un terzo estraneo e non ad un aggressore.
Il danno alla persona deve essere comunque grave: valutazione questa da effettuare sia in termini qualitativi, in base al rango del bene da tutelare, sia quantitativi, tenendo conto del grado di incidenza del pericolo.

Soccorso difensivo
Oltre che per un diritto proprio, l’agente può invocare la scriminante se agisce in soccorso di un terzo.
Tale figura presuppone l’assenza di un obbligo di soccorso di cui all’art. 593 c.p.
Secondo molti l’intervento soccorritore sarebbe giustificato in virtù di particolari relazioni familiari oppure in ipotesi in cui il bene da tutelare è di gran lunga più importante di quello da sacrificare.

I caratteri del pericolo
Indifferente è la provenienza del pericolo potendo esso derivare sia da forze naturali o animali, sia da una condotta umana (a condizione che in quest’ultimo caso si reagisca contro un terzo estraneo).
Deve essere attuale.
Non deve essere causato volontariamente dall’agente: non qualsiasi interferenza della volontà è in grado di determinare l’inoperatività della scriminante.
Es: non c’è la scriminante nel caso di reato commesso dal tossicodipendente che versi in stato di astinenza (trattandosi di una libera scelta dell’agente)
C’è la scriminante nel caso in cui l’agente abbia causato un mero antecedente di tale situazione.

L’azione lesiva necessitata.
Inevitabilità del pericolo: la scriminante è ammessa quando il soggetto non ha altre alternative se non quella della violazione di legge.
Si è negata la ricorrenza della scriminante nei casi in cui l’agente sia stato costretto ad un reato per sfuggire alle minacce di morte da parte della malavita, potendosi in tali casi sottrarre al pericolo facendo ricorso all’autorità.

Proporzione
L’ultimo requisito riguarda la proporzione tra il pericolo e il fatto lesivo.
Come detto, qui vengono in gioco solo i diritti personali e pertanto il giudizio di proporzione dovrà riguardare, in linea di massima il rapporto tra beni configgenti, dovendosi riconoscere la scriminante quando il ben minacciato è prevalente o al più equivalente con quello sacrificato.
Non sarà consentito uccidere per salvare l’onore.

lunedì 21 novembre 2011

La responsabilità amministrativa da reato della Holding per attività di una società controllata.


Cassazione penale, sez.  V, 20 giugno 2011, n. 24583.

Nella sentenza in commento la Suprema corte affronta per la prima volta il tema della responsabilità della società capogruppo, ai sensi del D.L.vo 231/2001, per reati commessi nell’ambito dell’attività di altra società controllata.
Per risolvere la questione i giudici di legittimità fanno riferimento ai tre requisiti generali previsti dal D.L.vo n. 231 del 2001 ai fini della configurabilità della responsabilità amministrativa da reato dell’Ente.
Innanzitutto è necessario accertare che il reato commesso rientri nell’elenco dei reati-presupposto contenuto nel D.L.vo 231 del 2001. Nel caso di specie, essendo stato contestato il reato di corruzione, tale condizione era stata soddisfatta.
In secondo luogo si deve verificare che il reato presupposto sia stato commesso da una persona fisica che abbia con l'Ente rapporti di tipo organizzativo funzionale; insomma è necessario che l'agente rivesta una posizione qualificata all'interno dell'Ente.
In particolare anche la holding e altre società del gruppo, al quale appartiene la società di cui è amministratore l’imputato-persona fisica, possono rispondere ai sensi del D.L.vo 231 del 2001, ma è necessario che il soggetto che agisce per conto delle stesse concorra con il soggetto che commette il reato.
Insomma non è sufficiente un generico riferimento al gruppo per affermare la responsabilità della società capogruppo ai sensi della 231.
Il terzo elemento richiesto è che il reato presupposto sia stato commesso nell'interesse o a vantaggio
dell'Ente, interesse e vantaggio che debbono essere verificati in concreto, nel senso che la società deve ricevere una potenziale o effettiva utilità, ancorché non necessariamente di carattere patrimoniale, derivante dalla commissione del reato presupposto.

giovedì 17 novembre 2011

Convegno 16 - 17 dicembre "La prova dichiarativa nel processo penale"

Si svolgerà a Roma presso la Residenza Farnese, nei giorni 16 e 17 dicembre 2011, il 1° Convegno di Studi organizzato da Osservatorio Penale, dal titolo "La prova dichiarativa nel processo penale. Modalità di accertamento e criteri di valutazione, tra principi astratti e prassi giudiziaria".
Il Convegno è aperto a tutti gli operatori del diritto che intendano approfondire l'analisi della metodologia di assunzione delle dichiarazioni verbali nel procedimento penale.
In ragione della sempre più crescente necessità di integrazione tra le cognizioni giuridiche e quelle di natura psicologica, sono stati invitati a relazionare sul tema docenti universitari, avvocati penalisti, magistrati ed esperti in psichiatria forense e psicologia clinica.
Il Convegno è accreditato dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Roma con riconoscimento di n. 11 crediti formativi.
Gli iscritti potranno partecipare, gratuitamente e con diritto di prelazione, al Convegno "La Deontologia dell'Avvocato Penalista" che si svolgerà il 21 dicembre 2011, presso la Residenza Farnese, in corso di organizzazione e accreditamento per n. 4 crediti formativi in materia di deontologia professionale.
La registrazione dei presenti, ai fini dell'attribuzione dei crediti formativi, verrà rilevata manualmente al momento di entrata e di uscita di ciascuna giornata.
Al Convegno saranno ammessi a partecipare i primi 120 iscritti che avranno fatto pervenire la richiesta di iscrizione, mediante l'invio del modulo scaricabile cliccando sulla scritta a pié di pagina "Modulo di iscrizione", unitamente alla copia del versamento della quota di iscrizione (euro 40,00 iva esclusa), al numero di fax indicato nel modulo o all'indirizzo di posta elettronica info@osservatoriopenale.it
Le iscrizioni incomplete non verranno considerate valide.
Le iscrizioni al Convegno si intenderanno perfezionate soltanto per coloro che riceveranno conferma a mezzo posta elettronica dalla Segreteria Organizzativa.
Esauriti i posti non sarà più possibile scaricare i moduli di iscrizione.
In caso di annullamento per qualsiasi motivo del Convegno o di superamento dei posti disponibili, la quota di iscrizione verrà integralmente restituita.
I partecipanti al Convegno non appartenenti al Foro di Roma che intendano pernottare presso l'Hotel Residenza Farnese, avranno diritto di accedere alla speciale convenzione-avvocati (da menzionare al momento della prenotazione).
Per l'iscrizione e per ulteriori informazioni si veda osservatoriopenale.it
 
 

lunedì 14 novembre 2011

ANALISI C(L)INICHE: Usare Facebook a lavoro: peculato e abuso d'uffici...

ANALISI C(L)INICHE: Usare Facebook a lavoro: peculato e abuso d'uffici...: Cinque dipendenti comunali del Comune di Bertinoro, in Provincia di Forlì, si sono visti notificare degli avvisi di garanzia, contestualment...

Le conseguenze penali della diffusione su chat pubblica di dati sensibili altrui.

Cassazione penale, sez. III, 1 giugno 2011, n. 21839.

Nella sentenza in esame la Corte di Cassazione affronta la questione della applicabilità del reato di cui all’art. 167 D.L.vo 196/2003 (legge sulla privacy) anche a colui che, senza essere istituzionalmente depositario della tenuta di dati sensibili, ne faccia diffusione illecita.
Il caso è quello di Tizio il quale, nel corso di un colloquio virtuale su una chatline, utilizzando quale nickname la sigla “weboy 21”, si inseriva in un canale chat privato gestito da Caio intrattenendo con lo stesso una conversazione virtuale poi degenerata (seguita, in particolare, da una telefonata di insulti rivolti dal Tizio al Caio) e diffondendo sulla chat pubblica il numero dell’utenza cellulare del Caio, del quale era venuto a conoscenza durante quel colloquio.
La questione è quella di stabilire se nella definizione di “titolare di dati sensibili” di cui all’art. 4 della Legge 196/03, ai fini della applicazione del reato di “Trattamento illecito dei dati personali”, possa rientrare il privato cittadino che occasionalmente sia venuto in possesso di un dato c.d. “sensibile” appartenente ad altro soggetto, dandogli diffusione indebita.
Il richiamato art. 4, alla lett. f) indica tra il “titolare” deputato ad assumere decisioni in ordine alle finalità, modalità del trattamento dei dati e agli strumenti attuativi, espressamente “la persona fisica, la persona giuridica, la pubblica amministrazione e qualsiasi altro ente, associazione od organismo preposto” al detto compito.
La Cassazione, negando l’interpretazione restrittiva dell’art. 167 sostenuta dall’imputato ne rigetta il ricorso.
In particolare afferma che “Ad una semplice lettura della norma punitiva, l’incipit “chiunque” già esclude in radice una interpretazione in senso restrittivo riferita ai destinatari: ma anche a voler ricollegare - come mostra di fare la difesa del ricorrente - l’art. 167 all’art. 4 è evidente che laddove si parla di persona fisica, ci si intende riferire al soggetto privato in sé considerato, e non solo a quello che svolga un compito, per così dire, istituzionale, di depositario della tenuta di dati sensibili e delle loro modalità di utilizzazione all’esterno: una interpretazione siffatta finirebbe con l’esonerare in modo irragionevole dall’area penale tutti i soggetti privati, così permettendo quella massiccia diffusione di dati personali che il legislatore, invece, tende ad evitare.
Può quindi affermarsi senza tema di smentita che l’assoggettamento alla norma in tema di divieto di diffusione di dati sensibili riguardi tutti indistintamente i soggetti entrati in possesso di dati, i quali saranno tenuti a rispettare sacralmente la privacy di altri soggetti con i primi entrati in contatto, al fine di assicurare un corretto trattamento di quei dati senza arbitrii o pericolose intrusioni.
Né la punibilità - in caso di indebita diffusione dei dati - può dirsi esclusa se il soggetto detentore del dato abbia ciò acquisito in via casuale, in quanto la norma non punisce di certo il recepimento del dato, quanto la sua indebita diffusione.
Nel caso di specie è proprio questo che è accaduto: il Tizio, venuto in possesso, peraltro non casualmente come sostenuto dal suo difensore per come è dato leggere dalla sentenza impugnata, di un dato sensibile (numero di utenza cellulare) per essergli stato fornito dal suo interlocutore del momento (il Caio), si è determinato a diffonderlo su altri canali con ciò compromettendo la riservatezza del dato che la norma intende salvaguardare.
Correttamente la Corte ha individuato il Tizio quale destinatario della norma e soprattutto, ancor più correttamente, la Corte ha ritenuto che quella indebita diffusione del dato costituisca uno dei modi di intendere la nozione di trattamento codificata dalla norma incriminatrice: invero il concetto di trattamento va inteso in senso ampio per come di già lo afferma il legislatore laddove elenca tutta una serie di condotte sintomatiche, non circoscritto quindi ad una raccolta di dati, ma anche - e soprattutto - alla diffusione indebita senza il consenso dell’interessato, del dato acquisito, non importa se casualmente o meno (circostanza che, nel caso di specie, la Corte ha comunque escluso).
Quanto poi al concetto del danno del quale la condotta denunciata sarebbe - ad avviso del ricorrente - priva, si tratta di una opinione nient’affatto condivisibile e nemmeno giustificata dalla realtà dei fatti per come afferma la Corte territoriale, sia pure in modo implicito. Invero la diffusione in ambito generalizzato di un numero di utenza cellulare - per sua intrinseca natura, riservato, tanto è vero che solitamente negli elenchi telefonici pubblici distribuiti dalla TIM (ma anche in altri elenchi in possesso di soggetti che li tengono a disposizione dei terzi) figura solo il numero telefonico pubblicabile e mai quello di un’utenza cellulare a meno che il suo titolare non vi abbia consentito - è certamente produttiva di danno: elemento, quest’ultimo, preso in considerazione dal legislatore che lo ricollega all’elemento soggettivo del reato inteso quale dolo specifico (”al fine di recare ad altri un danno” recita la prima parte dell’art. 167 citato).
Danno che la Corte territoriale - diversamente da quanto opinato dalla difesa del ricorrente - ha individuata proprio nella diffusione non consentita, specie perché preceduta da un intento ritorsivo, in risposta ad una diffida rivolta dal Caio al Tizio affinché si astenesse da indebite intromissioni pubblicitarie: comportamento che colora ancor meglio sia l’elemento soggettivo che quello oggettivo del reato.
Quanto all’elemento danno, è del tutto evidente che non si versa in quella ipotesi di “minimo vulnus all’identità personale del soggetto passivo ed alla sua privacy” in presenza del quale la condotta materiale di tipo diffusivo sarebbe scriminata (in termini Cass. sez 3, 28.05.2004 n. 30134, Barone, Rv. 229472), in quanto una diffusione ad ampio raggio, indipendentemente dal tempo più o meno breve di stazionamento del messaggio sulla chat line (tempo nel caso in esame non quantificabile per come ricordato dalla Corte Territoriale) consente a chiunque di prendere cognizione di numeri telefonici riservati.
Ed anzi, l’esigenza che tale evenienza non accadesse traspare ancor più chiaramente riverberandosi quindi sulla esistenza del danno, nella misura in cui si legge che il B. si era recisamente lamentato di intrusioni pubblicitarie sulla sua chat line, segno evidente che detta persona tenesse ad una particolare riservatezza nelle comunicazioni con terzi e che, quindi, una una diffusione allargata avrebbe potuto generare altri contatti indesiderati e lesivi della privacy.
Le considerazioni di cui sopra appaiono sufficienti per giudicare infondata anche la doglianza - peraltro formulata in termini fin troppo generici e quasi ai limiti della inammissibilità rivolta verso l’assetto motivazionale della sentenza ritenuto inadeguato e carente rispetto alle doglianze difensive: la Corte territoriale, nel premettere quali fossero le doglianze contenute nell’atto di appello, le ha esaminate partitamene, dando risposta a ciascuno dei quesiti proposti in modo coerente e logico anche se sintetico”.

domenica 13 novembre 2011

Le Sezioni Unite sull’omesso versamento delle somme trattenute dal datore di lavoro

Cassazione penale, Sezioni Unite, 20 ottobre 2011, n. 37954.
Nella sentenza in commento le Sezioni Unite penali della Suprema corte affronta la questione giuridica della configurabilità, o meno, del reato di appropriazione indebita (art. 646 c.p.) nell’ipotesi in cui il datore di lavoro ometta di versare le somme trattenute sulla retribuzione del dipendente e destinate a terzi creditori di quest’ultimo.
Il caso è quello di Tizio, datore di lavoro, il quale aveva omesso di versare all’istituto finanziario cessionario di quota del credito da prestazioni lavorative della dipendente Caia, in forza di atto negoziale notificato e accettato dal debitore, le somme trattenute a tale titolo  dalle retribuzioni erogate alla dipendente.
Sulla riconducibilità di detta ipotesi fattuale alla fattispecie di appropriazione indebita era sorto contrato all’interno della seconda sezione penale della Suprema Corte. Da un lato Cass. Pen, sez. II, 4 marzo 2010, n. 15115 ne escludeva la configurabilità, dall’altro lato  Cass. Pen., sez. II, 18 marzo 2009, n. 19911 la ammetteva.
 Le Sezioni unite penali, componendo detto contrasto, hanno ribadito (sulla scia di Cass., sez. un., 27 ottobre 2004, n. 1327/05, Li Calzi) che "non integra il reato di appropriazione indebita, ma mero illecito civile, la condotta del datore di lavoro che ha omesso di versare al cessionario la quota di retribuzione dovuta al lavoratore e da questo ceduta al terzo". Si è, in particolare, osservato che "la regola della acquisizione per confusione del denaro e delle cose fungibili nel patrimonio di colui che le riceve non opera ai fini della nozione di altruità accolta nell'art. 646 cod. pen.", e che "può essere ritenuto responsabile di appropriazione indebita colui che, avendo ricevuto una somma di denaro o altro bene fungibile per eseguire o in esecuzione di un impiego vincolato, se l'appropri dandogli destinazione diversa e incompatibile con quella dovuta", laddove "non potrà invece ritenersi responsabile di appropriazione indebita colui che non adempia ad obbligazioni pecuniarie cui avrebbe dovuto far fronte con quote del proprio patrimonio non conferite e vincolate a tale scopo".  

mercoledì 9 novembre 2011

La Cassazione sul tentativo di concussione.

Cassazione penale, sez. VI, 13 luglio 2011, n. 27459.

Nella sentenza in commento la Suprema corte disamina in maniera analitica gli elementi del reato di tentata concussione, ai sensi degli artt. 56 e 317 c.p., in una ipotesi fattuale interessante.
Il caso è quello di Tizio, sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di________, il quale telefonava all'avv. Sempronio, nella convinzione che fosse il difensore di tale Caio, controparte in una controversia di lavoro con l'imprenditore Mevio, amico del magistrato, invitandolo a promettergli di transigere detta controversia, facendo conto che alla stessa fosse interessato direttamente lui anziché il Mevio.
L’imputato Tizio, essendo stato informato successivamente che Caio non era assistito dall’avv. Sempronio ma da altro professionista, aveva ricontattato il legale e lo aveva invitato a non tenere conto della precedente segnalazione.
Il GUP riteneva, al termine dell’udienza preliminare, che l’azione posta in essere dal Tizio, pur astrattamente inquadrabile nell’ipotizzabile tentativo di concussione, si era rivelata assolutamente inoffensiva, perché inidonea alla realizzazione del proposito criminoso.
I giudici di legittimità, chiamati a pronunciarsi sulla fattispecie dietro ricorso del P.G., rigettavano detto ricorso ritenendo che nel fatto contestato non fossero ravvisabili gli estremi dell'ipotizzato tentativo di concussione, il che impone, a norma dell'art. 129, comma 2, c.p.p., di superare ogni riferimento alla figura del reato impossibile e alla connessa causa di non punibilità ex art. 49, comma secondo, c.p., su cui fa leva la decisione in verifica.
 Sulla questione la Suprema Corte afferma che l'intervento del Tizio sull'amico avv. Sempronio, perché si attivasse nel transigere una controversia di lavoro tra Caio e l’imprenditore Mevio, pure amico del magistrato, a prescindere dall'erroneo convincimento dell'imputato che il detto legale fosse il difensore del Caio, può costituire - al limite - un illecito disciplinare, ma non integra gli elementi strutturali dell'ipotizzato reato.
 L'iniziativa del Tizio, per quello che si evince dalla sentenza impugnata, va inquadrata nell'ambito dei rapporti, di natura privata, che legavano il predetto, per un verso, all'avv. Sempronio e, per altro verso, all'imprenditore Mevio.
 Momento costitutivo della materialità del delitto di concussione è, innanzi tutto, l'abuso dei poteri o della qualità da parte del pubblico ufficiale, abuso finalizzato alla costrizione o all'induzione del soggetto passivo.
Non è individuabile concettualmente, nella condotta contestata all'imputato, l'abuso dei poteri, concretandosi questo nell'esercizio del potere secondo criteri volutamente diversi da quelli imposti dalla sua natura. Il Tizio, nel sollecitare la transazione della lite innanzi citata, non fece certamente leva sui poteri, abusandone, che gli derivavano dalla sua posizione istituzionale di sostituto Procuratore della Repubblica, considerato che non pose in essere alcuna estrinsecazione oggettiva della funzione della quale egli era investito, ma fece leva esclusivamente sui rapporti personali che lo legavano al Sempronio e al Mevio.
 Non è apprezzabile neppure, nella condotta dell'agente, l'abuso della qualità, inteso come uso indebito della posizione personale rivestita, indipendentemente e a prescindere dall’esercizio dei poteri a questa corrispondenti. L'abuso della qualità implica comunque una strumentalizzazione della posizione di preminenza rivestita dal pubblico ufficiale, il che significa che assume rilievo, ai fini che qui interessano, l'eventuale estrinsecazione dinamica di tale posizione soggettiva e non il mero aspetto statico della medesima. Nel caso in esame, nessun elemento di fatto, univocamente sintomatico del dinamismo prevaricatore, risulta essere stato accertato.
 Altro momento costitutivo della materialità del delitto di concussione è la dazione o la promessa dell'indebito.

Nella vicenda di cui si discute, l'indebito non è tale oggettivamente, perché la mera sollecitazione a definire una lite in corso con una transazione non significa necessariamente, come si ipotizza nel capo d'imputazione, penalizzare gli interessi di una parte a vantaggio dell'altra, ma implica una regolamentazione equilibrata dei contrapposti interessi, attraverso reciproche concessioni convenzionali tra le parti interessate, per porre fine ad una controversia in atto (art. 1965 c.c.). Nulla induce a ritenere, sulla base degli elementi acquisiti, che l'imputato si attivò per una transazione a vantaggio del proprio amico imprenditore. Né l'indebito può ravvisarsi, per le considerazioni innanzi svolte, nelle modalità della richiesta fatta dall'imputato all'avv. Sempronio, nell'ambito di un rapporto personale che legava i due.