lunedì 30 luglio 2012

Tecniche redazione atti e pareri esame avvocato 2012/2013


per info scrivi a forleogi@msn.com

Come si scrive è importante
 quanto (e forse più) di ciò che si scrive.

Gli Esami scritti di solito risultano più difficili (soprattutto per i laureati in giurisprudenza, poco abituati a scrivere durante il percorso universitario) perché all'ordinaria ma controllabile difficoltà di trovare adeguate soluzioni alle questioni giuridiche poste dalla traccia, si aggiunge l'ulteriore difficoltà di esporre tali soluzioni per iscritto in modo chiaro, logico, coerente e comprensibile.
Lo studio indirizzato alla preparazione dell'esame di avvocato deve allora essere rivolto non solo all'approfondimento degli istituti giuridici e alla loro applicazione giurisprudenziale, ma anche all'acquisizione di tecniche specifiche per la redazione efficace di scritti giuridici, da sperimentare ampiamente prima dell'esame.
L’aspirante avvocato, dunque, che voglia affrontare con sicurezza la prova d'esame deve impegnarsi in tre basilari attività:
a) migliorare le proprie attitudini alle prove scritte;
b) rispolverare la conoscenza generale degli istituti e della casistica più attuale;
c) imparare a gestire l'ansia da esame.
Obiettivo di questo corso gratuito è quello di fornire ai candidati, spesso concentrati solo sulla ricerca delle sentenze “papabili” in vista dell’esame, gli strumenti per affinare tecniche utili per la redazione di atti e pareri in situazioni di difficoltà ambientale (chi ha già fatto in esame potrà testimoniare l'estrema difficoltà di concentrazione durante le prove scritte).
D'altronde lo stesso legislatore nel disciplinare gli esami di abilitazione alla professione forense (art. 1 bis, comma 9, L. 180/2003) ha indicato i seguenti criteri di valutazione a cui le commissioni esaminatrici devono attenersi:
a) chiarezza, logicità è rigore metodologico dell'esposizione;
b) dimostrazione della concreta capacità di soluzione di specifici problemi giuridici;
c) dimostrazione della conoscenza dei fondamenti teorici e gli istituti giuridici trattati,
d) dimostrazione del la capacità di cogliere eventuali profili di interdisciplinarietà;
e) relativamente all'atto giudiziario, dimostrazione della padronanza delle tecniche di persuasione.
Com'è possibile vedere dai sopra elencati criteri la capacità di “saper scrivere” è addirittura anteposta a quella di risoluzione di specifici problemi giuridici.
Sarà nostra premura, dunque, aiutarvi a elevare in tempi brevi la qualità dei vostri scritti giuridici attraverso la c.d. “tecnica dei 5 punti”:
1)      Superare la paura del foglio bianco;
2)       Lettura della traccia e progettazione del parere ( o atto);
3)      Corretto utilizzo dei codici;
4)      Stesura del parere o atto (formule standard per introdurre le tre parti del parere: introduzione, narrazione, conclusione)
5)      Revisione dello scritto.
Grazie a queste cinque fasi sarete in grado al termine del corso di redigere un parere su qualsiasi argomento (anche su quello che non avete studiato) con il semplice ausilio dei vostri codici commentati.
I cinque punti saranno trattati separatamente in cinque dispense che potrete ottenere, dopo aver fatto una donazione libera sul blog ildirittopenale.blogspot.com, scrivendo all’indirizzo email forleogi@msn.com.
Si provvederà, inoltre, a fornire delle risposte a domande ricorrenti quali: “quanto deve essere lungo il parere?”; “devo indicare solo la tesi che ho abbracciato o anche quella contraria?”; quali sono i segni di riconoscimento?”; ecc.
Prima di passare all’esame dei singoli punti bisogna però chiarire in cosa consista la redazione di un parere motivato o di un atto giudiziario.
Quanto al parere, se vi è capitato nel corso della pratica forense di redigerne qualcuno, resettate i vostri ricordi e partite comunque da zero (molto spesso gli avvocati si limitano nei pareri ad indicare la soluzione della questione prospettata senza approfondire le questioni di diritto affrontate).
Il parere motivato è sostanzialmente una risposta che l’avvocato-candidato dà alla domanda prospettata da un ipotetico cliente, il quale espone una serie di fatti potenzialmente idonei ad incidere positivamente o negativamente sulla propria sfera giuridica.
Trattandosi di un parere “motivato”, il candidato, oltre ad indicare le conseguenze giuridiche dei fatti rappresentati nella traccia, deve altresì specificare il percorso logico e le motivazioni che lo hanno portato ad una determinata conclusione.
Il lavoro da svolgere, dunque, è quello di individuare le questioni giuridiche (di solito controverse) poste dalla traccia, le relative norme applicabili al caso concreto e la giurisprudenza formatasi sul punto.
Il successo di un parere all’esame di stato sta proprio nella capacità del candidato di fondere l’analisi fattuale del caso concreto con le appropriate e ben argomentate motivazioni giuridiche.
Vengono valutati in maniera negativa tanto gli elaborati che si dilungano in inutili dissertazioni dottrinali e giurisprudenziali tanto quelli che si limitano al “copia e incolla” delle massime giurisprudenziali che si trovano sui codici commentati.(non dimenticate che alla fine di ogni giornata d’esame tutti avranno trovato le stesse sentenze e tutti avranno dato la stessa soluzione al parere, quindi non sono questi gli elementi che vi permetteranno o meno di passare gli scritti).
Si approfondirà comunque l’argomento  quando si analizzeranno le tecniche di redazione dei pareri.
Quanto all’atto giudiziario, si tratta dello scritto difensivo con cui l’avvocato-candidato, una volta analizzata la fattispecie fattuale raccontata dal cliente, introduce un procedimento o difende il cliente in un procedimento instaurato da altri, nel rispetto delle indicazioni formali dettate dal codice di rito.
L’aspetto formale costituisce un punto fondamentale della redazione dell’atto, che non potrà usufruire di eventuali sanatorie processuali: dovrà essere l’atto perfetto!!
Per non fare totalmente affidamento sulla propria memoria vi indicheremo alcune tecniche per sfruttare a pieno le indicazioni formali contenute nei codici di procedura.
Sebbene anche nell’atto, come nel parere, il candidato dovrà andare alla ricerca delle questioni giuridiche controverse deducibili dai fatti oggetto della traccia, l’atto consiste, più che in una risposta alle domande del cliente, in una domanda indirizzata al giudice.
Da ultimo non bisogna dimenticare che l’esistenza di un processo può far sorgere una serie di questioni processuali il cui esito può incidere sulla decisione del giudice.
Come visto anche nei criteri di valutazione degli elaborati indicati dal legislatore, nella redazione dell’atto dovranno spiccare maggiormente le “capacità di persuasione” del candidato che dovrà convincere il giudice ad adottare una decisione favorevole al proprio cliente.
Altri aspetti che saranno curati durante il corso sono: la capacità di gestire il fattore tempo e il controllo della grafia.
Per informazioni ulteriori scrivere a forleogi@msn.com.
A presto
avv. Giulio Forleo

mercoledì 25 luglio 2012

Imputabilità e fictio iuris ex art. 92 cod.pen.


Appunti di diritto penale

di Filippo Lombardi

1. IMPUTABILITA’ COME PRESUPPOSTO DELLA RIMPROVERABILITA’ DEL REO
L’imputabilità, disciplinata dagli articoli 85 e seguenti del codice penale, si traduce nella capacità di intendere e di volere della persona. Trattasi di due distinte capacità che devono sussistere nello stesso tempo, in quanto la capacità di intendere consta del fatto che la persona ha coscienza dei significati delle proprie azioni, degli impulsi provenienti dalla realtà circostante, e del loro modo di relazionarsi: in particolare, la persona comprende gli effetti delle proprie azioni sulla realtà naturalistica e nei confronti degli altri consociati. La capacità di volere è, invece, capacità di autodeterminarsi attraverso l’utilizzo della forza psichica per scegliere tra motivi antagonisti e portare avanti l’azione prescelta. Quando tali capacità mancano, totalmente o parzialmente, il soggetto agente è, rispettivamente, non imputabile totale o parziale. Nel caso di parziale imputabilità, si applicherà la pena prevista per il reato compiuto, diminuita fino ad un terzo, alla quale andrà ad aggiungersi, se il reo è pericoloso socialmente in base al controllo ex art. 133 comma II (capacità a delinquere proiettata nel futuro), una misura di sicurezza. Nel caso di totale assenza di imputabilità, la pena non è irrogabile, e l’unica reazione dell’ordinamento potrà constare della sola misura di sicurezza, secondo i parametri prima indicati. In dottrina si sosteneva che l’imputabilità non fosse presupposto della colpevolezza, poiché anche il non imputabile agisce con colpa o dolo (Antolisei). In realtà, tale concezione è stata largamente superata in quanto gli elementi soggettivi suindicati, qualora reggano l’azione del non imputabile, diventano in realtà dolo e colpa atipici o, come dir si voglia, pseudo-dolo e pseudo-colpa. Essi infatti si atteggiano, rispettivamente, come cieco finalismo e come imprudenza in senso lato.

domenica 22 luglio 2012

Corso gratuito esame avvocato 2012/2013!!


Ragazzi/e,
come promesso da oggi è disponibile la prima dispensa di preparazione all'esame d'avvocato 2012/2013!!!!
Il progetto di realizzare un corso gratuito di preparazione all'esame di avvocato per i followers del blog inizia così a compiere i primi passi, ma la strada è ancora lunga ...
Come ho evidenziato sopra, il corso è gratuito ma  vi chiedo di fare una prima donazione libera al blog che permetterà ai miei collaboratori di svolgere in maniera più agevole le proprie ricerche!
Una volta effettuata la donazione (tramite il tasto in alto a destra) inviatemi una mail di conferma all'indirizzo forleogi@msn.com e io vi invierò la dispensa.
Alla prima dispensa ne seguiranno altre 24, organizzate in 10 moduli complessivi (5 civile e 5 penale).
Vi sarà richiesto di contribuire al progetto con donazioni libere da effettuarsi all'inizio di ogni modulo.
Le iscrizioni sono aperte fino al 30 settembre 2012!!!!!!
In questa prima raccolta di diritto penale vengono riportate alcune sentenze della cassazione a Sezioni Unite che affrontano argomenti "papabili" per l'esame di dicembre.
Ogni sentenza è preceduta da una traccia sulla quale potete esercitarvi e poi confrontare la vostra soluzione con quanto detto dalla suprema corte.
In ogni dispensa vengono poi assegnate delle tracce da svolgere autonomamente che potete inviarmi ed io provvederò alla correzione. Nella dispensa successiva verrà comunque pubblicata la sentenza di riferimento.
Alla fine della dispensa sono riportate numerose massime della cassazione 2012 che ritengo possano interessare l'esame d'avvocato.
la prossima raccolta sarà di diritto civile!
A presto e buono studio!
avv. Giulio Forleo

 PROGRAMMA E REGOLAMENTO CORSO

ELENCO DISPENSE INVIATE (tutti i nuovi iscritti le riceveranno insieme):

MODULO CIVILE E PENALE (a cura dell'avv. Forleo)
Lezioni di diritto penale 1
Tecniche di redazione di atti e pareri
Dispensa manuale penale
Lezioni di diritto civile 1

MODULO AMMINISTRATIVO (a cura dell'avv. Frasca)
Programma modulo amministrativo - settembre
Prima dispensa amministrativo
Seconda dispensa amministrativo



giovedì 19 luglio 2012

Tempo e tempistica dell'illecito penale

Appunti di diritto penale

di Filippo Lombardi

Per rimanere aggiornati  sulle novità de "il diritto penale" e i corsi di preparazione all'esame di avvocato cliccate sul tasto MI PIACE qui al lato o scrivete a forleogi@msn.com.



1. I MOMENTI SIGNIFICATIVI DELL’ILLECITO PENALE.
Un reato, in quanto fatto umano che si distribuisce nel tempo, presenta alcune significative fasi costitutive: l’ideazione, la rappresentazione, la programmazione, l’esecuzione, il perfezionamento e la consumazione. Con la fase dell’ideazione, l’autore forma nella propria mente il concetto di reato specifico; nella fase della rappresentazione crea il collegamento tra se stesso e l’azione criminosa da compiere, cioè “familiarizza” con l’immagine di se stesso che compie il reato; con la programmazione egli pianifica il compimento del reato, e tale fase può aversi solo nei reati con dolo di proposito ( o peggio, commessi con premeditazione). Se si tratta di mero dolo di proposito, vuol dire che l’unico carattere esistente è la distanza temporale tra la fase rappresentativa-ideativa durante la quale il soggetto mantiene il proposito criminoso, e quella esecutiva. Se oltre a tale carattere vi è la predisposizione di mezzi finalizzati all’attuazione, si parla di preordinazione (sintomo ma non presupposto automatico della premeditazione). Se, oltre alla preordinazione, si riscontra la progettazione di modalità e circostanze di luogo e di tempo, si parlerà di premeditazione.  Si comprende bene che quando il reato è compiuto con dolo d’impeto, il passaggio dalla fase ideativa a quella esecutiva è talmente rapido da “scavalcare” il momento della programmazione. Successiva a tale ultima fase citata è quella dell’ esecuzione, in cui il pensiero avente ad oggetto il reato nelle sue componenti trascende il suo contenimento nella psiche del soggetto e si estrinseca nella realtà materiale. E’ da rimarcare a tal proposito che, se parlassimo di esecuzione in senso lato, potrebbero essere compresi in tale alveo anche gli atti che mirano a concretizzare il reato ma non integrano ancora il tenore letterale della norma incriminatrice avente ad oggetto quel fatto illecito specifico, poiché tratteremmo l’esecuzione come momento inerente semplicisticamente alla materializzazione del pensiero criminoso. Mentre, laddove si parlasse di esecuzione strictu sensu, si farebbe riferimento solo agli atti penalmente rilevanti, cioè quelli integrativi della norma penale. L’esecuzione ha un principio e una fine, la quale coincide col cosiddetto perfezionamento del reato. Il reato è perfetto nel momento in cui risulta integrata la fattispecie penale di riferimento, cioè l’istante in cui si può asserire che tutto ciò che è presente nella norma astratta e generale ha trovato il proprio “referente” materiale nella realtà esteriore e concreta. Il perfezionamento, secondo alcuni, integra già la consumazione del reato, mentre per altri quest’ultima potrebbe anche collocarsi ad un livello temporale successivo, rimanendo ciò una fase eventuale, come del resto la programmazione. La consumazione, cioè, si avrebbe nel momento in cui l’offesa al bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice raggiunge la sua estensione massima. Per esemplificare, si immagini il bene giuridico integrità fisica, offeso dalla lesione. Il reato corrispondente si verificherà nel momento del primo atto idoneo ( si immagini il primo colpo di coltello), e potrà dirsi perfezionato. Se l’atto è unico, il reato è perfezionato e consumato, mentre se seguono altri colpi, l’offesa al bene giuridico cresce attraverso un’ escalation, e la fase della consumazione si avrà quando verrà sferrato l’ultimo colpo. Distinguere il momento del perfezionamento da quello della consumazione è molto utile in tema di reato permanente, di cui si parlerà a breve.
La ricostruzione ora fornita, inerente alla distribuzione del reato nel tempo, necessita di integrazioni e correzioni in tema di reato colposo, per ovvi motivi. I momenti della rappresentazione e dell’ideazione coinvolgono l’aspetto intellettivo dell’illecito colposo, che è un aspetto eventuale, potendo essere la colpa anche incosciente, e cioè sfornita proprio dell’elemento della previsione. Il soggetto agente, nel reato colposo con coscienza, può quindi prefigurarsi che vi potrebbe essere la verificazione di un evento reputato illecito dalla legge penale, che consegua ad una propria condotta, ma ovviamente non programmerà tale evento, poiché la programmazione sottintende il finalismo e quindi il dolo. L’esecuzione si ha con il compimento di un’attività omissiva o commissiva irrispettosa di una regola precauzionale fornita da fonti scritte o di derivazione sociale, e si giungerà così al perfezionamento. O meglio, il perfezionamento nel reato colposo coincide proprio col momento in cui il soggetto prende le distanze dalla condotta prescritta con finalità cautelare, causando un danno. La consumazione si avrà invece nel momento in cui sarà stato raggiunto il massimo grado di offesa al bene giuridico tutelando, al pari di quanto detto per il reato doloso.

2. IL TEMPUS COMMISSI DELICTI.
Brevemente si segnalano quindi i momenti, nell’ambito di ciascuna tipologia di reato, allo scattare dei quali si possa dire che il reato è stato commesso.

giovedì 12 luglio 2012

I delitti di omicidio.

 Appunti di diritto penale

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I delitti di omicidio sono disciplinati dagli articoli 575 e seguenti del codice penale e proteggono il bene vita del singolo individuo, bene giuridico considerato indisponibile e irrinunciabile. L’articolo 575 disciplina il c.d. omicidio semplice, che si fonda sulla produzione dell’evento morte di un altro uomo. La condotta può provenire da un uomo come derivare da un animale o da una cosa su cui egli ha un dovere di controllo per evitare danni a terzi. Il soggetto passivo del reato è l’individuo nato, cioè il soggetto che, da feto, è diventato persona attraverso il distacco totale dall’utero materno. Se l’uccisione avviene per particolari motivi durante il parto o subito dopo di esso, troverà applicazione l’infanticidio di cui all’art. 578 cod. pen. (si veda, infra), mentre se avviene nei confronti del concepito nascituro, troveranno applicazione le norme sull’interruzione volontaria di gravidanza ( L. 194/1978). Soggetto passivo può essere anche l’umano c.d. mostruoso, cioè con malformazioni tali da conferire sembianze distanti dal concetto di uomo secondo il sentire comune, e secondo Mantovani anche l’umanoide, persona nata dalla bioingegneria. Alcuni Autori sono invece contrari, poiché si verificherebbe l’applicazione analogica della legge penale in peius, in spregio del principio di tipicità. Tornando alla fattispecie base di omicidio ( 575 c.p.), si deve rilevare come essa costituisca l’esempio tipico del reato a forma libera, in cui è irrilevante il modo con cui l’evento è cagionato, essendo sufficiente che l’agente, con una propria condotta cosciente e volontaria ( nel senso palesato dall’art. 42 comma I ) lo produca. Irrilevante, quindi, l’errore sul nesso di causalità, il quale, secondo autorevole dottrina (Mantovani) verrebbe in rilievo solo nei casi di reati a forma vincolata. V’è da dire però che l’errore sul nesso di causalità viene in rilievo anche nei reati a forma libera, nel caso di dolo colpito a mezza via dall’errore. E’ il caso di chi reputa di aver ucciso una persona e ne occulta il cadavere per liberarsi della prova principale dell’uccisione, ma in realtà la vittima era viva e muore per soffocamento derivante dalla sepoltura nella terra. In questo caso, lungi dal reputare meritevole di considerazione la teoria del dolus generalis (dolo complessivo che parte dall’ideazione e arriva all’evento), che consentirebbe di applicare l’art. 575 c.p. sic et simpliciter in quanto “Tizio voleva uccidere, e alla fine ha ucciso”, la Giurisprudenza di Legittimità applica il concorso materiale tra tentativo di omicidio e omicidio colposo. Chi scrive, poi, ritiene che questo sia l’unico caso in cui è possibile applicare la continuazione tra reato doloso e reato colposo, perché solo il regime sanzionatorio del cumulo giuridico causerebbe il raggiungimento di una pena equa. Al contrario, applicando il regime tot crimina tot poenae, si raggiungerebbe paradossalmente una pena più bassa di quella prevista per l’omicidio.  

lunedì 9 luglio 2012

Il delitto preterintenzionale.



  Appunti di Diritto penale

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1. CRITERIO DI IMPUTAZIONE DELL’EVENTO PIU’ GRAVE. PROPOSTE DE IURE CONDENDO.
La preterintenzione fa parte degli elementi psicologici del reato, ed è disciplinata, così come il dolo e la colpa, dall’articolo 43 del codice penale. Esso recita che il delitto è preterintenzionale o oltre l’intenzione quando il danno ( o il pericolo) che si realizza è più grave rispetto a quello voluto dall’agente come conseguenza della propria condotta. Nel nostro ordinamento esistono due figure di delitto preterintenzionale: l’omicidio preterintenzionale e l’aborto preterintenzionale. Ma vedremo come, seguendo spunti offerti dalla dottrina, potrebbero aggiungersi fino a due casi ulteriori. Innanzitutto è bene chiarire cosa si intenda per “evento più grave”. Due tesi si contendono il campo, una di tipo formale e una di tipo sostanziale. Dal punto di vista formale si può considerare evento più grave quello punito in maniera più severa dal legislatore. Dal punto di vista sostanziale, alcuni ritengono che l’evento più grave debba essere il risultato di un’ escalation di offensività tra beni omogenei. La Giurisprudenza pare orientata per l’applicazione della prima concezione illustrata.

L’omicidio preterintenzionale è disciplinato dall’articolo 584 c.p. e punisce colui che, con atti diretti a ledere o percuotere, causa in realtà come conseguenza non voluta la morte del soggetto passivo. Si è indagato a lungo, e la questione è tuttora aperta, sul criterio di imputazione dell’evento. Anche in questo caso, la dottrina non ha esitato ha sfoderare varie teorie a riguardo:

1. DOLO MISTO A RESPONSABILITA’ OGGETTIVA. In questo senso, gli atti diretti a ledere o percuotere sarebbero animati dal dolo, mentre l’evento più grave sarebbe addossato all’autore solo sulla base del nesso causale. Sappiamo che nel nostro ordinamento, alla luce di un’interpretazione costituzionalmente orientata delle norme che propinano responsabilità oggettive, esse devono essere modificate, accettando il criterio dell’imputazione minima colposa.
2. DOLO MISTO A COLPA. Questa teoria, pur cercando di concretizzare il rispetto che si richiede dell’art. 27 Cost., ha comportato vari dubbi operativi. E’ evidente che la teoria concepisca gli atti diretti a ledere o percuotere come sorretti dal dolo di evento dei rispettivi reati base, mentre l’evento non voluto dovrebbe essere posto a carico dell’agente a titolo di colpa. La questione principale ruota intorno al tipo di colpa. Alcuni Autori hanno fatto riferimento alla colpa specifica, cioè al mancato rispetto di norme di diligenza che sono insite nelle norme che vietano i reati base. Autori più attenti (FIANDACA) hanno ribattuto notando il paradosso concettuale del “non commettere né lesioni né percosse, ma se vuoi farlo, fallo bene!”. Secondo questo Autore, sarebbe sconfessata la natura stessa di norma giuridica penale, in quanto essa non esprimerebbe più solamente un divieto, ma anche un consiglio a commettere il reato senza sfociare in altri delitti più offensivi. Certamente, quindi, la colpa non può essere vista come colpa specifica, bensì al massimo come colpa generica. In tal senso, infatti, si dovrebbe poter richiedere ad ogni consociato, pur versante in re illicita, di non causare reati più gravi di quello preventivato, adottando la diligenza che gli si può in concreto richiedere. Anche in questo caso è prospettabile l’esistenza del medesimo paradosso prima enunciato, ma allo stesso tempo non si può non ammettere che un ordinamento ragionevole possa al contempo vietare comportamenti di lieve intensità e vietare comportamenti maggiormente offensivi verso beni omogenei, senza che questo si traduca in un incentivo a commettere i reati meno gravi.
3. DOLO MISTO A PREVEDIBILITA’. Questa concezione è di quegli Autori che bandiscono sia la prima teoria illustrata, sia quella del dolo misto a colpa, sulla base dell’insanabilità del paradosso giuridico enunciato pocanzi. A ben vedere essi auspicano che l’autore venga punito poiché in concreto poteva prevedere gli esiti infausti di un comportamento già di per sé vietato. Questa teoria è in qualche modo superata dalla Corte di Cassazione, la quale ritiene che la prevedibilità di un evento nefasto sia già ab initio insito nella mente del soggetto che già agisce in una base di partenza illecita. La S.C. utilizza tale tesi poiché ritiene che essa sia in grado di superare la bipartizione del momento psichico, cioè questa esasperante ricerca del doppio elemento soggettivo, e fornire una chiave di lettura unitaria al fenomeno della preterintenzione. Per meglio dire: non esistono due atti e due legami psichici, bensì un’attività complessiva sia dal punto di vista materiale che psichico.