lunedì 11 ottobre 2010

L'errore medico interrompe il nesso di causalità?

Cassazione penale,  sez. IV, 18 febbraio 2010,  n. 11212.

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Cassazione affronta nuovamente il problema della configurabilità dell’errore medico come “concausa sopravvenuta” idonea, ai sensi del 2° comma dell’art. 41 c.p. ad interrompere il nesso di causalità.
La vicenda è quella di Tizio che dopo aver accusato malore per diversi giorni, veniva ricoverato presso l'ospedale di (OMISSIS) ove decedeva alcuni giorni dopo. La morte veniva attribuita a tossinfezione da botulismo, a seguito dell'assunzione di funghi sott'olio contaminati con i quali gli era stato confezionato un panino in un esercizio del luogo, gestito da Mevia. Costei avrebbe venduto il prodotto sebbene fosse risultato deteriorato al momento dell'apertura della confezione.
 Durante il ricovero in ospedale i medici avevano omesso di compiere le indagini diagnostiche a fronte dell'anamnesi e della sintomatologia che deponevano per una tossinfezione da botulino e non avevano praticato terapie che con altissima probabilità avrebbero evitato la morte.
Il difensore di Mevia rilevava che il riconosciuto errore diagnostico e terapeutico dei sanitari avrebbe dovuto indurre a ritenere l'interruzione del nesso causale, con conseguente assoluzione della sua assistita.
La Corte di Cassazione, al contrario, ha stabilito che “l'ipotizzato errore terapeutico con tutta evidenza non può svolgere l'invocato effetto interruttivo del nesso causale. La costante, condivisa giurisprudenza di questa Corte è nel senso che l'errore medico non è normalmente estraneo all'area di rischio innescata dall'originaria condotta lesiva. Nel caso di specie tale congruenza di rischio si mostra in modo chiaro, posto che l'errore riguarderebbe, comunque, proprio la diagnosi della patologia innescata dalla condotta colposa”.
La Cassazione, in altre parole, ha ribadito e precisato che l’errore del medico, anche se grave, non può costituire causa autonoma e indipendente rispetto al comportamento dell’agente che, provocando il fatto lesivo, ha reso necessario l’intervento dei sanitari.
Quanto detto vale ancor di più nei casi, come quello di specie, di errore per omissione che, per sua natura, non prescinde mai dall’evento che ha fatto sorgere l’obbligo delle prestazioni sanitarie.



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