lunedì 21 novembre 2011

La responsabilità amministrativa da reato della Holding per attività di una società controllata.


Cassazione penale, sez.  V, 20 giugno 2011, n. 24583.

Nella sentenza in commento la Suprema corte affronta per la prima volta il tema della responsabilità della società capogruppo, ai sensi del D.L.vo 231/2001, per reati commessi nell’ambito dell’attività di altra società controllata.
Per risolvere la questione i giudici di legittimità fanno riferimento ai tre requisiti generali previsti dal D.L.vo n. 231 del 2001 ai fini della configurabilità della responsabilità amministrativa da reato dell’Ente.
Innanzitutto è necessario accertare che il reato commesso rientri nell’elenco dei reati-presupposto contenuto nel D.L.vo 231 del 2001. Nel caso di specie, essendo stato contestato il reato di corruzione, tale condizione era stata soddisfatta.
In secondo luogo si deve verificare che il reato presupposto sia stato commesso da una persona fisica che abbia con l'Ente rapporti di tipo organizzativo funzionale; insomma è necessario che l'agente rivesta una posizione qualificata all'interno dell'Ente.
In particolare anche la holding e altre società del gruppo, al quale appartiene la società di cui è amministratore l’imputato-persona fisica, possono rispondere ai sensi del D.L.vo 231 del 2001, ma è necessario che il soggetto che agisce per conto delle stesse concorra con il soggetto che commette il reato.
Insomma non è sufficiente un generico riferimento al gruppo per affermare la responsabilità della società capogruppo ai sensi della 231.
Il terzo elemento richiesto è che il reato presupposto sia stato commesso nell'interesse o a vantaggio
dell'Ente, interesse e vantaggio che debbono essere verificati in concreto, nel senso che la società deve ricevere una potenziale o effettiva utilità, ancorché non necessariamente di carattere patrimoniale, derivante dalla commissione del reato presupposto.

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