lunedì 14 maggio 2012

Il caso dell'avv. Canzona e le "decisioni" dell'Ordine di Roma.


di Rodolfo Murra

Ora che il clamore su Giacinto Canzona si è calmato, soprattutto da parte di “Striscia la Notizia” (programma che si è giustamente stupito del fatto che la categoria forense annoveri un tipo del genere, ma che poi ha esagerato nel mestare nel torbido, frantumando le parti intime degli italiani maschi proponendo per dieci giorni di seguito ed in tutte le salse interviste al “giovanotto inventore di bufale”) si può raccontare una storia passata.
Canzona (assurto alle cronache giornalistiche già ai tempi del conseguimento della propria laurea) fu destinatario di un esposto disciplinare, diretto all’Ordine di Roma, firmato da un giornalista, il quale aveva potuto appurare, di persona, che uno degli episodi per i quali l’avvocato romano era diventato “celebre” (quello della suora che spingeva la propria autovettura ad un’andatura indecente su un’autostrada valdostana per andare ad incontrare il Papa), non poteva oggettivamente essere mai accaduto.
Apertasi l’istruttoria, affidata a me, ho effettuato una serie di verifiche all’esito delle quali ho proposto al Consiglio l’apertura di un procedimento disciplinare redigendo ben quattro capi di incolpazione. Il Consiglio approvava senza batter ciglio e deliberava l’apertura ed il giudizio veniva fissato per il giorno 22 luglio 2010.
A dir la verità l’apertura veniva disposta non solo contro il Canzona, ma anche contro la collega che fu inquadrata in più d’una occasione nelle interviste andate in onda su “Striscia la Notizia” (una prima volta definita la “compagna” del giovanotto, un’altra volta no, quella seguente si e poi ancora no). Ebbene il Canzona all’apertura del dibattimento (difendendosi da solo) ha avuto il garbo di scagionare egli stesso la collega, attribuendosi di fatto la responsabilità esclusiva delle vicende contestategli: il COA ha così preso atto che le colpe delle bufale non potevano essere della giovane (e spaesata, in quella sede) avvocatessa mora, e ne ha stralciato la posizione.
Il giudizio si è regolarmente celebrato quel 22 luglio 2010 con la sua contestuale definizione: all’esito della camera di consiglio il Presidente ha letto all’incolpato il “verdetto”.
Com’è noto, non è sufficiente che sia data lettura del dispositivo della decisione, perché questa sia pubblica, in quanto occorre anche il deposito della motivazione.
Nel giudizio disciplinare dinanzi al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati la stesura della sentenza compete al Consigliere “relatore”, ma la sottoscrizione l’appongono solo il Presidente ed il Segretario dell’Ordine.
Bene. Il relatore, che ovviamente è soggetto diverso dall’istruttore, non potevo essere io (essendo stato, appunto, l’istruttore). Costui, avendo moltissimo arretrato da evadere, si guardava bene dal dare la precedenza a questa stesura, e perdeva tempo. Fece male, perché il caso Canzona non era come tanti altri e sullo stesso si sarebbero potuti accendere i riflettori. Nel frattempo Canzona chiese di potersi trasferire all’Ordine di Tivoli: il trasferimento gli fu negato, perché è impedito cancellarsi o trasferirsi durante la pendenza di un procedimento disciplinare. Ovviamente non fu Canzona a sollecitarne la definizione. Dopo qualche mese, tuttavia, il solerte relatore si decise a sottoporre alle due cariche competenti la sua bozza di sentenza. Quella sì che si sarebbe dovuta portare a “Striscia la Notizia” (ma non avrebbe avuto, ovviamente, l’eco riservato alle interviste a Canzona). Io ed il Presidente, nel leggercela, abbiamo iniziato a ridere, essendo infarcita di refusi, errori lessicali, imprecisioni, ed essendo caratterizzata poi (nella comunque scarna parte motiva) da un copia-incolla di massimette di casi precedenti (certamente non analoghi a quello deciso, in quanto più unico che raro), accozzate insieme senza alcun nesso logico, tanto per riempire qualche riga. Una cosa indecente.
Il Presidente restituiva così all’Ufficio disciplina la bozza, vergando con un pennarello verde la prima pagina, barrata con una grossa X che univa gli angoli opposti del foglio, con la scritta: “NON VA BENE”.
Il redattore, solo dopo qualche settimana (non essendo proprio solito verificare “immediatamente” l’esito riservato ai propri “lavori”), mi ha candidamente chiesto cosa ci fosse che non andasse in quello che aveva scritto. “Hai riletto? – gli ho risposto – Abbiamo evidenziato gli errori, i refusi, le inesattezze, anche di ordine lessicale e grammaticale! Non hai che l’imbarazzo della scelta”.
Il Consigliere promise che avrebbe accertato e, anzi, mi chiese disponibilità di tempo (che io detti, ovviamente) per poter passare in rassegna insieme le cose che non andavano e per emendare adeguatamente il documento. Tuttavia trascorse, inutilmente, molto tempo, senza alcun riscontro.
Poco prima di metà dicembre (2011), mentre mi trovavo sul lago di Como, lessi un quotidiano (locale!!) che parlava dell’ennesima trovata di Canzona: una vecchina aveva lasciato una grande eredità (10 milioni di Euro) al suo gatto (l’erede “Tommasino”), e la notizia l’aveva fornita ovviamente l’ineffabile giovanotto (debitamente menzionato nell’articolo).
Misi mano al cellulare ed inviai un messaggio di testo al Consigliere, che era caduto nel soporifero letargo, allo scopo di risvegliarne l’esigenza di depositare prima possibile la sentenza che riguardava l’incolpato Canzona. Manco per idea. Passarono i giorni e nulla accadeva.
A questo punto il Presidente, verificato l’enorme ritardo che il collega aveva accumulato per scrivere la decisione, gli intimò per iscritto la redazione, assegnandogli un termine perentorio per espletare l’incombente, avvisandolo che in difetto si sarebbe avocato il fascicolo e che avrebbe poi scritto lui personalmente la sentenza. Io, al suo posto, mi sarei mortificato. Ma il termine perentorio passò senza colpo ferire.
Il Presidente, allora, si assegnò il fascicolo, lo estrasse dall’armadio dell’Ufficio disciplina, ed in un battibaleno scrisse la sentenza (nove pagine). La prima, probabilmente, nella storia del Consiglio, in cui, nell’epigrafe, l’estensore risulta essere persona “diversa” dal relatore.
Canzona la sentenza non l’ha impugnata. Il relatore non ha avvertito il minimo disagio per questa inedita vicenda. Nessuno ha sospettato che la volontà di non redigere la decisione dipendesse dal desiderio di “proteggere” il professionista giudicato in sede disciplinare, ma che – invece – il ritardo (diciassette mesi) fosse dovuto a semplice sciatteria, ignavia, indolenza.
Canzona, ottenuto poi il trasferimento (formale) presso il foro tiburtino, ha continuato a farne una dietro l’altra e di lui – a causa della balla della ragazza incinta imbarcata sulla Costa “Concordia” – ha iniziato ad interessarsi (stavolta non come in passato, ma in senso critico e severo) la stampa (e la magistratura). Fortunatamente l’Ordine di Roma, a quel punto, si è trovato “a posto”. Ma non certo grazie a chi avrebbe dovuto svolgere, per tempo, il proprio dovere.
Agli avvocati questa storia interessa poco, lo so (essendo molto più occupati, ad esempio, a combattere la mediazione): ma forse è questo il motivo per il quale tra la categoria ed il Paese “reale” si è creato tutto questo abisso.

5 commenti:

  1. Mi permetto di dissentire. Agli avvocati, invece, questa storia interessa, e molto, dato che a causa dell'avidità e grossolanità di individui come l'esimio Avv. Canzona, pagano ogni giorno lo scotto di vedere frustrata e denigrata la nobiltà della propria professione, la quale, il più delle volte, è stata conseguita con notevole sacrificio e senso di devozione.

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  2. Grazie, Collega, per aver pubblicato questi fatti. E' importante sapere che ci sia stata una reazione "dall'interno" della categoria.

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  3. Mi sia consentito di non condividere, almeno in parte, quanto ritenuto dai Colleghi. Le notizie fornite dal Canzona sono quasi sempre dei falsi grossolani, pertanto innocui, pur avendo trovato, talvolta, gran cassa di risonanza in certo tipo di giornalismo sempre pronto a propalare qualsiasi amenità purché si faccia notizia.
    Si aggiunga che il Nostro è pure caduto nella rete della disciplinare, ma quanti eccellentissimi colleghi hanno vituperato il (buon?) nome della classe forense, in modo anche peggiore, riuscendo sempre a farla franca?
    Andiamo, siamo Avv.ti, ne abbiamo viste di cotte e di crude e niente ci può più stupire...
    Saluti da Lecce

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  4. Davvero si può affermare che il "suindicato Canzona" ha canzonato tutti, fin da quanto fece tanto scalpore per i tempi abbreviati nel raggiungimento della sua laurea......allora scomodò il Ministero della Giustizia per ottenere soddisfazione sul titolo preso in tempi rapidi.
    Si ma se tanto mi dà tanto con simili epiloghi che buffonata pazzesca!!!...

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