sabato 30 giugno 2012

Niente accompagnamento coattivo per effettuare l'ALCOLTEST: vince il principio di legalità!!!


Cassazione penale, sez. IV, 31 maggio 2012, n. 21192


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“Nel nostro ordinamento vige il "principio di legalità" secondo il quale l'esercizio del potere pubblico deve essere fondato sulla legge. Tale principio mira a preservare i cittadini dal pericolo di arbitri.
Con particolare riferimento alle modalità di espletamento degli accertamenti di cui al terzo comma dell'art. 186, la disposizione non prevede la possibilità di accompagnamento coattivo del conducente.
Né può dirsi che tale potere sia implicito nella disposizione in quanto, costituendo l'accompagnamento una limitazione della libertà personale, esso deve essere esplicitamente previsto dalla legge.
La fondatezza di tale assunto è rinvenibile nelle norme del codice di procedura penale che, nel prevedere ipotesi di accompagnamento coattivo, non solo le tipizzano, ma ne prevedono specifici presupposti e modalità di attuazione: art. 132 (accompagnamento coattivo dell'imputato); art. 133 (accompagnamento coattivo di altre persone); art. 349, c. 4, (accompagnamento per identificazione); art. 376 (accompagnamento coattivo per procedere ad interrogatorio o confronto); art. 399 (accompagnamento coattivo in sede di incidente probatorio); art. 490 (accompagnamento coattivo dell'imputato in dibattimento)”.


Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione, sez. IV, ha stabilito che per ritenere integrata la contravvenzione  è necessario che il conducente rifiuti l’accertamento così come tassativamente previsto dai commi richiamati dalla norma che descrive la condotta tipica (186 cds).
Nel caso di specie, il sig. B.L., fermato con la propria auto dai Carabinieri, rifiutava di sottoporsi all’accertamento dell’alcoltest in quanto avrebbe dovuto spostarsi dal luogo del fatto e raggiungere la stazione del comando di Polizia, sito a circa 30 km, in quanto le Forze dell’Ordine erano sprovviste di etilometro.
L’atteggiamento assunto dal B.L. non è sanzionabile in quanto lo spostamento presso il Comando dei Carabinieri avrebbe comportato uno sforzo ulteriore non previsto dalla Legge ed in ossequio al principio di legalità, la richiesta si presentava illegittima.
Difatti, si sarebbe verificata una compressione della libertà al di fuori delle previsioni legislative, dal momento che, l’autista sarebbe stato costretto a spostarsi per una distanza notevale per sottomettersi ad un controllo a cui le Forze dell’Ordine avrebbero potuto adempiere attrezzandosi di un alcoltest mobile.
Con sentenza del 18/l/2011 il G.I.P. dei Tribunale di Belluno assolveva B.L., perché il fatto non sussisteva, dalla contravvenzione di cui al settimo comma dell'art. 186 C.d.S.
L'accertamento richiesto, non era riconducibile al 5 comma dell'art. 186, perché non si era verificato alcun incidente stradale; non al 3 comma, perché i Carabinieri non avevano al seguito l'etilometro; non al 4 comma, in quanto tale disposizione consente di accompagnare la persona da sottoporre ad esame "presso il più vicino ufficio o comando", circostanza non ricorrente nel caso di specie, in quanto Tesarne doveva essere svolto presso altro corpo di polizia, ad una distanza di circa 30 km. dal luogo dei fatti, in tal modo comprimendo la libertà individuale al di fuori della previsione normativa.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Belluno, lamentando la erronea applicazione della legge. Infatti, premessa la correttezza del ragionamento del giudice di merito in relazione alla non ricorrenza delle ipotesi previste dai commi 4 e 5 dell'art. 186, non era condivisibile l'esclusione della ricorrenza dell'ipotesi prevista dal 3 comma, in quanto la norma non prevede necessariamente che l'etilometro sia nella disponibilità della polizia operante "hinc et nunc". Pertanto, l'accompagnamento presso un posto di polizia sito a pochi chilometri di distanza non costituiva una violazione di legge, né determinava una illegittima compressione della libertà individuale.

Il ricorso  veniva rigettato perché infondato per i seguenti motivi che si riportano:


1. Il settimo comma dell'art. 186 C.d.S. punisce con le pene previste dal secondo comma, lettera e), il rifiuto del conducente dell'accertamento di cui ai commi 3, 4 o 5.
Trattandosi di materia penale, perché possa dirsi integrata la contravvenzione contestata, è necessario che il conducente rifiuti l'accertamento così come tassativamente previsto dai commi richiamati nella norma che descrive la condotta tipica.
Nello stesso ricorso correttamente il P.M. ha ritenuto non essere stato rifiutato l'accertamento ai sensi del quarto comma, in quanto i Carabinieri non avevano "invitato" il conducente "presso il più vicino ufficio o comando" e, soprattutto, difettando il presupposto del preventivo accertamento qualitativo di cui al terzo comma (esame con etilometro).
Né il rifiuto era stato opposto ai sensi del quinto comma, difettando il presupposto di operatività della norma e cioè l'accadimento di un incidente stradale.
Il P.M. ricorrente ha valutato sussistere la tipicità del fatto del rifiuto, ai sensi del terzo comma, laddove è previsto che ".... gli organi di Polizia stradale...., nel rispetto della riservatezza personale e senza pregiudizio per l'integrità fisica, possono sottoporre i conducenti ad accertamenti qualitativi non invasivi o a prove, anche attraverso apparecchi portatili".
Nel caso di specie i Carabinieri, non avendo al seguito l'etilometro, avevano deciso di accompagnare il B. presso un comando della Polizia Stradale, sito a circa 30 km. dal luogo del fatto. Il B. aveva rifiutato l'accompagnamento, così vedendosi denunciato ai sensi del citato settimo comma dell'art. 186.
2. Ciò detto va ricordato che nel nostro ordinamento vige il "principio di legalità" secondo il quale l'esercizio del potere pubblico deve essere fondato sulla legge. Tale principio mira a preservare i cittadini dal pericolo di arbitri.
Con particolare riferimento alle modalità di espletamento degli accertamenti di cui al terzo comma dell'art. 186, la disposizione non prevede la possibilità di accompagnamento coattivo del conducente.
Né può dirsi che tale potere sia implicito nella disposizione in quanto, costituendo l'accompagnamento una limitazione della libertà personale, esso deve essere esplicitamente previsto dalla legge.
La fondatezza di tale assunto è rinvenibile nelle norme del codice di procedura penale che, nel prevedere ipotesi di accompagnamento coattivo, non solo le tipizzano, ma ne prevedono specifici presupposti e modalità di attuazione: art. 132 (accompagnamento coattivo dell'imputato); art. 133 (accompagnamento coattivo di altre persone); art. 349, c. 4, (accompagnamento per identificazione); art. 376 (accompagnamento coattivo per procedere ad interrogatorio o confronto); art. 399 (accompagnamento coattivo in sede di incidente probatorio); art. 490 (accompagnamento coattivo dell'imputato in dibattimento).
3. Ne consegue da quanto detto, che essendo stato intimato al B. , da parte dei Carabinieri, un accompagnamento presso un distaccamento della Polizia Stradale sito ad una rilevante distanza del luogo del fatto, con conseguente sensibile limitazione della libertà del predetto B. ; il suo rifiuto all'adempimento di un obbligo non dettato dall'invocato combinato disposto dei commi settimo e terzo dell'art. 186, non integra la contravvenzione prevista da dette disposizioni. Si impone pertanto il rigetto del ricorso.

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