giovedì 15 settembre 2011

Le cause di esclusione della pena

Appunti di diritto penale
Il codice penale non menziona espressamente le scriminanti, ma fa riferimento alle “cause di esclusione della pena”.
La nozione racchiude in sé situazione eterogenee, non riconducibili a un principio ispiratore unitario, accomunate dal solo fatto che la loro sussistenza esclude la punibilità.
Tre categorie dogmatiche:
1. le scriminanti (rendono lecito un fatto contemplato da una norma incriminatrice);
2. le cause di esclusione della colpevolezza (rendono non colpevole un fatto tipico, antigiuridico);
3. le cause di non punibilità in senso stretto (rendono non punibile un fatto tipico (antigiuridico) e colpevole).
Scriminanti
Il fondamento delle cause di giustificazione, risiede nel bilanciamento degli interessi in  conflitto.
L’interesse protetto dalla norma incriminatrice soccombe dinanzi all’interesse tutelato dalla norma legittimante.
Il fatto  non assume alcuna connotazione negativa per l’ordinamento, il quale lo consente, o addirittura lo impone.
L’assenza di antigiuridicità rende ininfluente che l’agente sia a conoscenza della concreta presenza dei presupposti della scusante.
Cause di esclusione della colpevolezza
L’attenzione viene rivolta al soggetto agente e riguarda l’elemento soggettivo del reato.
Esse sono previste sul presupposto che in determinate situazioni anomale la persona è sottoposta ad una particolare pressione psichica che influisce sul processo motivazionale alla base della condotta tipica.
In questi casi rimane ferma la tipicità e antigiuridicità del fatto, ma l’ordinamento tiene conto dei riflessi psicologici derivanti dalla circostanza anomala e ritiene di non dover intervenire con la sanzione penale.
E’ necessario che l’agente sia a conoscenza della concreta sussistenza dei presupposti della scusante.
Cause di non punibilità in senso stretto
Si collocano, a differenza di scriminanti e scusanti, all’esterno della struttura del reato e non incidono sull’esistenza dello stesso, limitandosi  solamente a inibire l’applicazione della pena.
Permangono antigiuridicità e colpevolezza, ma ragioni di pratica convenienza politico criminale conducono ad escludere l’applicazione della sanzione penale, per l’esigenza di salvaguardare contro interessi che risulterebbero altrimenti lesi da un’applicazione della pena nel caso concreto.
Esempio classico è quello del figlio che commette un furto ai danni di un genitore. In questo caso il soggetto attivo del reato va esente da pena ai sensi dell’art. 649 c.p., il cui fondamento è da ravvisarsi nella salvaguardia delle relazioni familiari, che altrimenti potrebbero subire un grave turbamento.
Formula assolutoria in queste ipotesi non sarà “perché il fatto non costituisce reato ma “perché l’autore non è punibile.
Cause di estinzione
Le scriminanti, infine, non vanno  confuse con le cause di estinzione del reato (morte del reo, aministia, prescrizione, ecc.), le quali rappresentano fatti giuridici posteriori alla perfezione del reato in tutti in suoi elementi, il cui verificarsi risolve ex tunc gli effetti del reato come tale. Ai sensi dell’art. 182 c.p. le cause di estinzione del reato hanno effetto solamente nei confronti di coloro ai quali si riferiscono, salvo che la legge disponga altrimenti.

LE CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE DELREATO
DEFINIZIONE: Le cause di giustificazione del reato, dette anche scriminanti o cause di liceità, vengono definite come quelle particolari situazioni in presenza delle quali un fatto che altrimenti costituirebbe reato, non acquista tale carattere perché è la legge che lo impone o lo consente.
Il fondamento politico sostanziale delle cause di giustificazione è individuato alla dottrina maggioritaria nel modello esplicativo di tipo pluralistico che richiama i principi di interesse prevalente e dell’interesse mancante o equivalente.
INTERESSE PREVALENTE: Esercizio del diritto
                                                   Adempimento del dovere
                                                   Legittima difesa
                                                   Uso legittimo delle armi
                                                   Stato di necessità
Si risolve in una valutazione comparativa degli interessi in conflitto : 1. quello tutelato dalla norma
                                                                                2. quello posto a fondamento della causa di liceità

INTERESSE MANCANTE O EQUIVALENTE: Consenso dell’avente diritto
Viene meno l’interesse da tutelare per effetto della rinuncia del titolare alla conservazione del proprio bene.
Dal punto di vista logico giuridico le scriminanti obbediscono al principio di non contraddizione:
uno stesso ordinamento non può nella sua unitarietà imporre o consentire e , ad un tempo, vietare il medesimo fatto senza rinnegare se stesso e la sua pratica possibilità di attuazione”. (Mantovani)
Inquadramento dogmatico
La collocazione dogmatica delle cause di giustificazione muta profondamente a seconda che si aderisca ad una visione analitica del reato ispirata al modello della bipartizione oppure a quello della tripartizione.
BIPARTIZIONE: scompone il reato in illecito oggettivo e colpevolezza
Le scriminanti vengono concepite come “elementi negativi” del fatto, vale a dire “come elementi che devono essere assenti perché esista un reato”.
TRIPARTIZIONE: scompone il reato in fatto, antigiuridicità e colpevolezza.
Colloca le cause di giustificazione all’interno dell’elemento intermedio denominato “antigiuridicità obiettiva”.
Tre i momenti logici dell’accertamento degli elementi dell’illiceità penale:
1. corrispondenza del fatto storico al modello legale di reato;
2. presenza, o meno, di cause di liceità;
3. sussistenza o meno del nesso psichico tra l’agente e il fatto.
L’antigiuridicità descrive il rapporto di contraddizione tra il fatto e l’intero ordinamento giuridico. Questa viene meno allorchè una norma, diversa da quella incriminatrice e collocata in qualunque parte dell’ordinamento, facoltizzi o renda doverosa la realizzazione del fatto tipico.
Responsabilità dei concorrenti:
Va esclusa la responsabilità in capo al soggetto che dia un apporto causale rilevante alla realizzazione plurisoggettiva di un fatto scriminato.
L’attitudine della scriminante ad incidere sulla tipicità ed antigiuridicità escludendole, induce a ritenere che nessuno possa essere penalmente perseguito per quel fatto.
Diverso è il discorso per la cause di esclusione della pena in senso stretto.
Rilevanza del putativo e dell’errore
Rilevante è l’errore circa la loro esistenza, come attestato dalla disciplina della scriminante putativa dettata dall’art. 59 c.p. ultimo comma.
Art. 59 comma 4 c.p. “se l’agente ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione della pena queste sono sempre valutate a favore di lui”.
Se l’errore dipende da colpa la punibilità non è esclusa quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo.
Esse hanno rilevanza oggettiva e si applicano all’agente per la sola circostanza di essere obiettivamente presenti, a prescindere dalla conoscenza o meno da parte di quest’ultimo.
Tale disciplina è simmetrica a quanto previsto dall’art. 47 c.p. in tema di errore di fatto.
Eccesso colposo nelle cause di giustificazione
La prospettiva del bilanciamento di interessi impone l’individuazione dei limiti entro i quali può reputarsi socialmente non dannoso il sacrificio di un interesse in ragione di un interesse contrapposto.
Ciò significa che quando si eccedono i limiti descritti dalla norma permissiva il fatto diviene obiettivamente antigiuridico; la valutazione dell’ordinamento si sposta, quindi verso la colpevolezza, dovendosi accertare la rimproverabilità o meno all’agente del superamento dei limiti scriminanti.
L’eccesso nelle cause di giustificazione è contemplato dall’art. 55 c.p. a tenore del quale “quando nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 51, 52, 53, 54 si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall’ordine dell’Autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo”.
Il richiamo alla non volontarietà del superamento del limite scriminante è di fondamentale importanza, in quanto l’ambito di applicazione dell’art. 55 c.p. è limitato alle ipotesi di responsabilità colposa. (art. 43 comma 1 c.p.)
Nell’eccesso colposo, la non volontarietà non riguarda l’evento ma interessa il travalica mento dei confini dell’esimente.
Dall’eccesso colposo si distingue l’eccesso doloso, consapevole e volontario, nelle scriminanti ravvisabile allorquando il soggetto, consapevole della situazione scriminante, sceglie di porre in essere una condotta reattiva che va al di là dei limiti consentiti. Questa situazione da luogo a punibilità a titolo di dolo.
L’eccesso colposo si distingue in: 1. eccesso nel fine (errore-motivo l’agente si rappresenta erroneamente i limiti della causa di liceità);
                                                              2. eccesso nei mezzi (errore-inabilità  l’agente valuta esattamente i confini della situazione legittimante, ma per inabilità, concitazione o altra causa riguardante l’esecuzione del fatto, non riesce a contenere la propria condotta all’interno dei limiti scriminanti.

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