lunedì 19 settembre 2011

Esercizio del diritto (Art. 51 c.p.)


Appunti di diritto penale

Art. 51 c.p.: “L’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica Autorità esclude la punibilità
Comunemente ritenuta espressione del principio di non contraddizione, la scriminante dell’esercizio del diritto di cui all’art. 51 c.p. impedisce l’applicazione della sanzione penale in danno di chi abbia realizzato una condotta astrattamente sussumibile in una fattispecie di reato, esercitando tuttavia una facoltà riconosciutagli dall’ordinamento.
Una azione non può essere contemporaneamente consentita e vietata dall’ordinamento.
Qui iure suo utitur naeminem laedit: la persona che nello sporgere querela riferisce dei fatti che offendono l’onore o il decoro del querelato, non risponde del reato di diffamazione (art. 595 c.p.), come non ne risponde l’avvocato che in scritti presentati all’autorità giudiziaria offende l’avversario del proprio cliente, se l’offesa concerne l’oggetto della controversia.
Vista la natura di norma penale in bianco dell’art. 51 che rimanda alle disposizioni attributive di diritti o facoltà bisogna in ogni caso verificare che la norma attributiva del diritto prevalga o soccomba nel confronto con la previsione incriminatrice.
Bisognerà sempre tenere conto del principio di bilanciamento di interessi.
Diritto scriminante
Quanto alla nozione di diritto scriminante, essa sembra comprendere insieme ai diritti soggettivi propriamente detti, le facoltà, le potestà, i diritti potestativi e comunque ogni attività giuridicamente autorizzata.
Quanto alle fonti esse sono comunemente identificate nella legge, anche extrapenale, nel regolamento, nella consuetudine, nonché in tutti gli atti pubblici o di autonomia privata ai quali la legge riconosce l’effetto di produrre situazioni giuridiche soggettive attive (provvedimenti giurisdizionali, atti amministrativi e contratti di diritto privato).
Discutendo dell’ampiezza del diritto scriminante è doveroso accennare al problema dei c.d. delitti culturalmente orientati.
Il problema è quello della punibilità di condotte che, tenute in Italia da soggetti appartenenti a culture diverse, perché di etnie diverse, integrano reato per il nostro ordinamento penale (ad es. maltrattamenti in famiglia), nonostante siano facoltizzate, imposte, approvate e condivise dalla cultura e dalle leggi di provenienza.
Sul punto i giudici italiani tendono ad escludere che il riconoscimento di un rilievo penale alla diversità culturale possa spingersi fino ad ammettere una sorta di esimente o scusante in presenza di condotte che, per quanto approvate dalla cultura di provenienza, sono lesive di beni fondamentali, dal nostro ordinamento sul piano costituzionale.
I limiti del diritto scriminante
Il diritto è una situazione giuridica soggettiva che pone il titolare nelle condizioni di esercitare una serie di poteri, strumentali al soddisfacimento dell’interesse tutelato, con le modalità ed entro i confini delimitati, anche implicitamente, dalla legge che lo riconosce.
Chi travalica tali limiti interni abusa del diritto e pertanto non può beneficiare della scriminante di cui all’art. 51 c.p..
Un limite interno comune a tutti i diritti è quello desumibile dagli artt. 392 e 393 c.p. che puniscono chi vuol far valere le proprie, anche legittime, pretese con l’uso della violenza su cose o persone.
In secondo luogo bisogna valutare la presenza di limiti esterni, derivanti cioè dalle altre norme di pari dignità che riconoscono alteri interessi rispetto ai quali va dunque valutata la prevalenza o meno del diritto esercitato.
La questione è particolarmente complessa laddove si ha a che fare con diritti di livello costituzionale.
Diritto di cronaca e diritto di critica come scriminanti del reato di diffamazione
Il diritto di cronaca garantito dall’art. 21 Cost. presenta due profili contenutistici:
- quello individualistico, della garanzia al singolo come tale della possibilità di  manifestare il proprio pensiero;
- quello funzionalistico, sulla base del quale tale diritto si propone  come strumento di partecipazione del singolo alla vita democratica della comunità.
Al secondo profilo si è fatto più volte riferimento  per definire i limiti interni alla manifestazione del pensiero.
Il diritto contrapposto è quello all’onore che è considerato primario al pari della libertà di stampa.
Il loro conflitto richiede la possibilità di reciproche compressioni in presenza di determinate condizioni.
La Cassazione ha costantemente ribadito le 3 condizioni sulla base delle quali l’esercizio del diritto di cronaca può avere efficacia scriminante rispetto al reato di diffamazione:
1. Verità: un fatto che, se conosciuto, determina una lesione dell’altrui reputazione merita la divulgazione solo quando concorra l’esigenza della comunità di essere informata.
Sul concetto di verità si discute se ci si riferisca alla verità in senso oggettivo o soggettivo (con riferimento alla percezione del giornalista.
Sul punto orientamenti della Cassazione più rigorosi richiedono una attenta verifica da parte del giornalista delle notizie divulgata, al punto che alcuni parlano di fatti constatati direttamente dal giornalista.
2. Pertinenza: impone che i fatti narrati rivestano interesse per l’opinione pubblica.
Rimangono escluse le attività di divulgazione di notizie offensive di un soggetto e relative alla sua vita privata (qui entrano in gioco anche gli artt. 14 e 15 Cost.)
Tuttavia essi devono cedere quando la particolare notorietà del personaggio o la rilevanza delle funzioni pubbliche svolte suscitino interesse anche per il suo comportamento nella vita privata.
3. Continenza: richiede la correttezza nell’esposizione dei fatti, in  modo che siano evitate aggressioni gratuite all’altrui reputazione.
La giurisprudenza richiede un esame approfondito dell’intero contenuto dell’articolo diffamatorio.

Diritto di critica
La giurisprudenza ne ha affermato la sua autonomia rispetto al diritto di cronaca.
I limiti costituiti dall’art. 21 cost. sono essenzialmente quelli della rilevanza sociale dell’argomento e della correttezza delle espressioni adoperate.
Detto limite risulta travalicato quando l’agente trascenda in attacchi personali volti a colpire sul piano individuale il bersaglio della critica, senza alcuna finalità di pubblico interesse ma all’unico scopo di aggredire l’altrui sfera morale.

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