mercoledì 27 aprile 2011

Cronaca giudiziaria: è diffamazione se il titolo non trova riscontro negli atti giudiziari.

Cassazione penale, sez. V, 8 febbraio 2011, n. 4558.

Nella sentenza in commento la Suprema Corte ha stabilito che, in tema di diffamazione a mezzo stampa, non sussiste l'esimente dell'esercizio del diritto di cronaca (nella specie giudiziaria) qualora il titolo dell'articolo attribuisca alla persona offesa - nei cui confronti penda un procedimento penale - una condotta sostanzialmente diversa da quella avente riscontro negli atti giudiziari e nell'oggetto dell'imputazione; né, a tal fine, rileva l'estraneità del titolo al resoconto giudiziario esposto nell'articolo, in quanto il titolo di un articolo di stampa può assumere carattere diffamatorio non solo per il suo contenuto intrinseco ma anche per la sua efficacia suggestiva rispetto al testo dell'articolo, in specie ove esso ne travisi e amplifichi il contenuto.
Nel caso di specie il testo dell'articolo riferiva di un procedimento penale relativo ad irregolarità verificatesi nella sperimentazione della terapia oncologica Di Bella, avente per oggetto l'ipotesi di reato di cui all'art. 443 cod. pen., per avere somministrato ai pazienti farmaci con composizione diversa da quella indicata nei protocolli della terapia Di Bella mentre il titolo era del seguente tenore."così hanno truffato Di Bella".
 La S. C. ha ritenuto che il termine “truffa” contenuto nel titolo non trovava alcuna corrispondenza nel procedimento penale di cui riferiva l'articolo in questione.
Il ricorrente sosteneva che il titolo costituiva in realtà una parafrasi dell'accusa di cui all'art. 443 c.p. ipotizzata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino nei confronti dei querelanti, esposta per esteso nell'articolo, del quale era stata riconosciuta la rispondenza ai criteri di una corretta cronaca giudiziaria con riguardo alla somministrazione ai pazienti di farmaci aventi composizione diversa da quella indicata nei protocolli della terapia del Di Bella, ed in questa prospettiva il termine "truffa" veniva utilizzato in senso atecnico quale rappresentazione sintetica dell'accusa meglio descritta nell'articolo, come del resto evidenziato dalle virgolette apposte in apertura e chiusura della frase, cogliendone l'aspetto essenziale dell'essere stato il Di Bella ingannato nella sperimentazione della terapia. Denunciava altresì violazione di legge laddove il riferimento della sentenza impugnata all'assenza di espressioni dubitative tradirebbe l'errata convinzione che la cronaca giudiziaria richieda la corrispondenza alla verità sostanziale e non al contenuto degli atti giudiziari.
Secondo la Corte l’articolo "riferiva puntualmente di un'indagine svolta nei confronti, fra gli altri, dei querelanti per un'ipotesi d'accusa individuata con riguardo alla fattispecie inerì mi natrice astratta della somministrazione di medicinali guasti o imperfetti di cui all'art. 443 c.p. ed alla fattispecie concreta della cura dei pazienti, nell'ambito della sperimentazione ufficiale della terapia del Di Bella, con farmaci taluni dei quali scaduti e talaltri insufficientemente dosati.
Evidente essendo la totale estraneità ad un siffatto contesto dell'ipotesi criminosa di cui all'art. 640 c.p., letteralmente evocata dal titolo dell'articolo, insostenibile appare anche la tesi difensiva per la quale il termine "truffa" utilizzato nel titolo, inteso tecnicamente, costituirebbe una mera sintesi giornalistica del contenuto dell'articolo. Tale ricostruzione presuppone dichiaratamente, invero, che il termine di cui sopra sia stato adoperato con l'intento di designare, in un linguaggio comune e non giuridico, l'intento di boicottare la sperimentazione della terapia del Di Bella, facendo artatamente figurare quest'ultima come inefficace. Orbene, la lettura del testo dell'articolo pone in rilievo come nell'indagine della quale si riferiva non fosse assolutamente considerata tale prospettiva finalistica ed intenzionale della condotta attribuita ai soggetti indagati; a volerne ammettere la ricorrenza, anche l'accezione del titolo proposta dal ricorrente è pertanto estranea al resoconto giudiziario esposto nell'articolo. E che si tratti nella specie non di una diversa qualificazione giuridica dello stesso fatto, ma dell'attribuzione di una condotta sostanzialmente diversa, risulta evidente solo che si consideri come, laddove l'articolo aveva ad oggetto un reato implicante pericolo per la salute dei pazienti, il titolo, nel significato ipotizzato dallo stesso ricorrente, indurrebbe a ritenere sussistente una condotta posta in essere nei confronti di un diverso soggetto passivo, ossia il Di Bella, caratterizzata da una differente direzione lesiva, orientata a screditare lo stesso Di Bella quale autore di una valida terapia antitumorale, e connotata di conseguenza dall'attribuzione ai querelanti, dirigenti dell'Istituto Superiore di Sanità, di un comportamento di grave violazione dei doveri di imparzialità e correttezza nello svolgimento delle loro funzioni. Il titolo incriminato, pertanto, si poneva comunque al di fuori dei limiti dell'esercizio del diritto di cronaca giudiziaria. E non può sostenersi che la lettura del testo dell'articolo, fornendo rappresentazione adeguata dell'oggetto dell'indagine, evitasse al titolo di svolgere la descritta efficacia lesiva dell'onore e della reputazione dei querelanti, mediante l'attribuzione agli stessi di condotte e finalità diverse da quelle per le quali l'indagine stessa era condotta. Come riconosciuto già in altra occasione da questa Corte (Sez. 5, n. 1298 del 12.1.1983, imp. Scalfari, Rv.lS7405), il titolo di un articolo di stampa può assumere carattere diffamatorio non solo per il suo contenuto intrinseco, autonomamente considerato, ma anche per la sua efficacia suggestiva rispetto al testo dell'articolo, in specie laddove il titolo travisi e amplifichi quanto in quest'ultimo riportato.
 Non può invero prescindersi, nell'esame di questa materia, dal particolare rilievo orientativo che i titoli giornalistici, soprattutto quando formulati in termini forti e lapidari come quello in discussione, assumono nei confronti dell'utente, frequentemente proclive ad una lettura sommaria del contenuto dell'articolo.
Nel caso di specie, il titolo era senza dubbio idoneo, tenuto conto della efficacia suggestiva appena indicata, ad indurre il lettore a ravvisare nella riportata cronaca dell'indagine l'ipotesi della realizzazione di una condotta volutamente diretta a danneggiare la sperimentazione della terapia del Di Bella, In tal modo venendo ad essere travisato. Il contenuto dell'informazione giornalistica e trascendendosi i limiti dell'esercizio del diritto di cronaca.
È appena il caso di aggiungere che tale conclusione, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, rispetta pienamente il principio che collega la ricorrenza della scriminante alla corrispondenza della cronaca al contenuto degli atti giudiziari; proprio tale contenuto, per quanto appena detto, non trovava alcuna corrispondenza nel titolo oggetto dell'imputazione.
La motivazione della sentenza impugnata era pertanto logica, coerente e conforme ai principi normativi nell'affermare l'estraneità della terminologia utilizzata nel titolo dell'articolo in esame all'esercizio del diritto di cronaca giudiziaria; il ricorso deve quindi essere rigettato anche per questo profilo".

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