giovedì 30 dicembre 2010

La nozione di possesso nel reato di furto.

Cassazione penale, sez. IV, 16 novembre 2010, n. 41592.

La questione giuridica affrontata nella sentenza in commento è quella di stabilire se la nozione di possesso in campo penale vada ricondotta a quella ristretta di cui all’art. 1140 c.c. ovvero se debba intendersi comprensiva anche della mera detenzione, con la conseguente possibilità per il responsabile di un esercizio commerciale di sporgere querela per un furto subito.
Il caso è quello di Tizia che era stata condannata ai sensi dell’art. 624 c.p. per essersi impossessata di cosmetici ed integratori alimentari sottraendoli ad un supermercato che li deteneva.
Avverso la sentenza di merito veniva proposto ricorso in cassazione per aver disatteso una preliminare eccezione di improcedibilità del reato per mancanza di querela. Questa era stata proposta da Caio, nella sua qualità di "responsabile esercizio commerciale"; ma dall'atto non emergeva "una formale enunciazione del potere di rappresentazione del querelante" e l'indicazione della predetta qualifica era "di per sè equivoca e non idonea a far ritenere il querelante titolare ex lege di poteri di rappresentazione".
La Suprema Corte, rigettando il suddetto motivo, procede ad una attenta disamina della nozione di possesso al fine di stabilire se il responsabile dell’esercizio commerciale possa considerarsi soggetto passivo dal reato e perciò titolare del diritto di querela.
Nella sentenza si afferma che con l'incriminazione del reato di furto si tutela il possesso di cose mobili, tali qualificandosi anche le energie aventi valore economico, ai sensi del secondo comma della norma incriminatrice. Il possesso, a tali fini, non va inteso negli stretti termini di cui all'art. 1140 c.c., ma è sufficiente anche una detenzione che non presenti tutti i requisiti indicati da tale norma civilistica. In tal senso, specificamente, una, ancorchè risalente ma mai successivamente contestata, pronuncia di questa Suprema Corte, Sez. 2, 8 febbraio 1965, n. 181:
"nell'ambito del diritto penale, il concetto di possesso non deve essere assunto secondo la nozione civilistica, che esige il concorso dell'elemento materiale (corpus, cioè disponibilità e potere fisico sulla cosa) e dell'elemento spirituale (animus, cioè proposito di comportarsi come titolare del diritto di proprietà o altro diritto reale), ma in un senso più ampio e comprensivo della detenzione a qualsiasi titolo, esplicantesi al di fuori della diretta vigilanza del possessore (in senso civilistico) e di altri che abbia sulla cosa un potere giuridico maggiore".
Per mutuare l'espressione di autorevole dottrina, "con l'incriminazione del furto si protegge la detenzione delle cose mobili come mera relazione di fatto, qualunque sia la sua origine, costituisca o meno possesso nel senso del diritto civile"; e s'è altra volta chiarito che, proprio perchè il concetto di detenzione richiamato dall'art. 624 c.p. non coincide con i concetti civilistici di detenzione o di possesso, dovendosi ritenere compresa nella sua più ampia portata qualunque relazione di mero fatto, quindi anche quella costituitasi senza un titolo legittimo o in modo clandestino, persino "il ladro può divenire soggetto passivo del reato del delitto di furto, quando altri si impossessi della cosa da lui precedentemente sottratta" (Sez. 2, 9 febbraio 1966, n. 2).
Se, dunque, oggetto specifico della tutela penale nel furto è il possesso, nei termini testè indicati, ancora con autorevole dottrina deve ritenersi che "è il possessore colui che immediatamente subisce il reato", e, quindi, che "soggetto passivo del delitto (persona offesa dal reato, secondo la terminologia del codice) deve ritenersi il possessore della cosa mobile. A costui, quindi, spetta il diritto di querela nei casi in cui il furto... non è perseguibile di ufficio". Ha al riguardo chiarito questa Suprema Corte che "la nozione di persona offesa, ossia di soggetto passivo del reato, e di danneggiato non coincidono: l'una è propria del diritto penale in quanto attiene ad un elemento strutturale del reato, l'altra concerne il riflesso privatistico dell'illecito penale. Persona offesa del delitto di furto è chi sia stato spossessato della cosa, ossia il detentore; il proprietario è soggetto passivo del reato in quanto sia anche detentore, diversamente è soltanto un danneggiato dal reato" (Sez. 2, 17 maggio 1967, n. 930).
Nella specie, come ricorda la ricorrente, la querela venne presentata da soggetto indicato come "responsabile esercizio commerciale" in cui venne consumato il fatto, ed il giudice del merito, nella ordinanza impugnata unitamente alla sentenza, ha rilevato che, per questa sua qualità, tale soggetto "deve considerarsi detentore della merce avendo sulla stessa il dovere di custodia" (in tal senso, di recente, Sez. 5, 18 marzo 2009, n. 26220). La ricorrente non sembra specificamente contestare tale circostanza, ma lamenta, come si è sopra ricordato, "l'assenza di una formale enunciazione della fonte del potere di rappresentazione del querelante" e ritiene la suddetta qualifica "di per sè equivoca e non idonea a far ritenere il querelante titolare ex lege di poteri di rappresentazione".
Epperò, in tal guisa, si prospetta come necessario che il detentore debba avere anche poteri di rappresentanza del proprietario della cosa, quasi che il diritto di querela debba in ogni caso spettare solo al proprietario o a soggetto che di questo abbia poteri di rappresentanza. Ma così non è, per quanto sopra si è detto, persona offesa del reato essendo il detentore e non il proprietario non detentore, danneggiato dallo stesso. Una volta che non si contesti specificamente la qualità di "responsabile dell'esercizio commerciale", comportante l'obbligo di custodia delle cose ivi contenute e la conseguente detenzione delle stesse, appare del tutto ultroneo il riferimento a "poteri di rappresentanza" del proprietario delle cose medesime (per ricordare l'ipotesi del furto commesso in danno del ladro, di cui sopra si diceva, ognun vede che sarebbe kafkaniamente assurdo pretendere che il ladro, soggetto passivo del reato, debba avere poteri di rappresentanza del proprietario della res furtiva sottrattagli).

3 commenti:

  1. non riesco a trovare la sentenza integrale di cui parla l'articolo (Cassazione penale, sez. IV, 16 novembre 2010, n. 41592), è possibile avere un link?

    grazie e complimenti per il sito!

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  2. dovresti vedere sul forum di "saranno magistrati" se noon mi sbaglio la redazione ha pubblicato tutta la sentenza, comunque nella seconda parte del post è riportata integralmente la motivazione.
    Grazie a te, fammi sapere se la trovi.

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  3. Trovata!
    grazie mille per la disponibilità!

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