domenica 5 giugno 2011

Legalizzare o non legalizzare: questo è il dilemma.


di Filippo Lombardi

Vorrei proporre a tutti voi lettori questo problema, in questi giorni tirato in ballo “sottovoce” dai media, che concerne la legalizzazione  o meno delle droghe.
Non è mio obiettivo occuparmi di presentare integralmente la disciplina attuale prevista dall’ordinamento, quanto di riflettere su una norma prevista dal testo unico sulla droga, a mio parere curiosa, e dalla quale ci si può muovere per un discorso sulla legalizzazione. Si tratta dell’articolo 73 del T.U. sulla droga che, al di là della miriade di parole che ne compongono il tenore letterale, sanziona i comportamenti della figura dello spacciatore e della figura del acquirente/consumatore. Il comma 1 del suddetto articolo punisce lo spacciatore con reclusione da 6 a 20 anni, e cumulativamente con una multa da 26.000 a 260.000 euro. Ma è il secondo comma il più curioso a mio parere, in quanto prevede la medesima pena per il consumatore che non rispetti il limite della dose per uso personale. Questi due commi puniscono quindi due soggetti in maniera uguale per comportamenti diversi. Perché diversi? Perché sono teleologicamente diversi, cioè orientati a finalità diverse. Lo spacciatore ha come fine il lucro derivante da un’attività illecita che può produrre conseguenze dannose su altri, mentre il consumatore ha il solo scopo di “godere” dell’uso della merce, tendenzialmente senza il fine di pregiudicare il prossimo (salvo i casi di actio libera in causa), né di avere un profitto di alcun tipo. L’analisi della colpevolezza come rimproverabilità del soggetto, già in partenza rivela due situazioni diverse, trattate con lo stesso atteggiamento dal legislatore.
Viene quindi spontaneo interrogarsi sul perché il legislatore abbia previsto questo tipo di pena anche per il consumatore. E’ evidentemente una pena che è già in astratto superiore alla colpevolezza, e quando ciò accade si è in presenza della c.d. pena abnorme, cioè una pena dettata da finalità di prevenzione generale. In poche parole il legislatore tiene un atteggiamento fermo, severo, poco attento alle dovute differenziazioni, perché vuole evitare un fenomeno, che è quello dello spaccio. Vuol dire che per prevenire lo spaccio, si punisce una persona che non lo spaccio non c’entra. Ergo, mancato rispetto dell’articolo 27 Cost, che vede la pena come orientata alla prevenzione speciale (fine rieducativo) e non alla prevenzione generale.
Ma voglio fare di più. Voglio capire perché il legislatore ha deciso di essere così severo nel caso in cui l’acquirente detenga una quantità  superiore alla dose personale. Gli unici motivi che riesco ad intravedere sono i seguenti, tutti paradossali e infondati:
1) il legislatore è attento alla salute di tutti. E’ come un bonus pater familias attento alla salute dei propri figli-cittadini. Vuole evitare l’esagerazione per limitare i rischi di danni alla salute. E perché? La dose personale non fa male alla salute? Con la dose personale la persona non può morire? Molte morti per assunzione di droga avvengono dopo l’uso di dosi “normali”. Il motivo non sta in piedi.
2) la dose, se è in quantità rientrante nei limiti concessi, previene la possibilità di reati – colposi o dolosi – compiuti dal consumatore subito dopo il consumo. Anche questo motivo è evidentemente infondato. La soggettività degli effetti di una dose di droga, seppure per uso personale, rende i comportamenti di ciascuno di noi imprevedibili dalla scienza.
3) chi detiene una quantità superiore ai limiti è presumibilmente uno spacciatore. A questa affermazione, che è forse la più sensata, si può obbiettare in due modi:
- chi detiene una quantità per uso personale, è escluso che sia uno spacciatore? Posso tranquillamente acquistare una dose ad uso personale, e immediatamente recarmi fuori ad una scuola per rivenderla.
- la Suprema Corte di Cassazione ha radicalmente escluso il nesso eziologico tra la quantità di droga eccedenti i limiti prescritti e lo scopo di spaccio, con sentenza 17899/2008. Ciò significa che il nesso eziologico dovrà essere provato dalla pubblica accusa, e non sarà presunto nel processo.
A conti fatti, la disciplina legislativa è insensata e irragionevole, a tratti incostituzionale. A ben vedere, quando la predisposizione di un limite ad un’attività (in questo caso, acquisto e detenzione di stupefacente) è insensato, il ragionamento conseguente è teso a spostare il limite, verso lo ZERO, o verso l’INFINITO. Ne conseguono due domande di senso:
1) Cosa succederebbe se il limite fosse spostato e coincidesse con lo zero, cioè col proibizionismo puro? La risposta è facile: assolutamente nulla. E perché assolutamente nulla? Perché per ammettere che succeda qualcosa, bisogna credere che la sanzione prevista (anche per la dose personale a quel punto) scoraggi l’utilizzatore;  cosa che è alquanto difficile credere, per due motivi: a) se lo spaccio è completamente illegale anche alla luce dell’attuale disciplina, e nonostante ciò esso continua a sussistere in virtù di uno scopo cosciente di lucro, riterreste che un soggetto in crisi di astinenza si priverebbe della dose per paura della sanzione? b) la paura della sanzione non esiste a priori, nemmeno nei soggetti coscienti e padroni delle proprie pulsioni: essa esiste solo nelle persone già culturalmente orientate al rispetto della legalità. In queste ultime persone la paura è paura della sanzione, paura di una reazione di quello stesso ordinamento nei confronti del quale ci si è fino a quel momento comportati in maniera impeccabile e nel quale si ripone fiducia e rispetto. Studi criminologici rivelano che nei criminali la paura è quella di essere scoperto ed essere considerato riprovevole dall’entourage sociale. E’ paura di essere isolato, non certo della sanzione.
2) Cosa succederebbe se il limite fosse spostato e coincidesse con l’infinito, cioè con la legalizzazione? La risposta è la stessa: assolutamente nulla. Riterreste, infatti, che chi ha una repulsione naturale per la droga si faccia prendere dallo “sfizio” di provarla? Ancora, riterreste che cambierebbe qualcosa per l’utilizzatore veterano? Nulla. Lui la droga la otteneva in qualsiasi momento, recandosi nella zona più nascosta del parco cittadino, incontrando il suo spacciatore di fiducia. Infine, ritenete esistente una percentuale di persone che finora non si sono drogate perché aspettavano la legalizzazione? Mi pare arduo pensarlo, e oltretutto se lo pensassi peccherei di superbia perché considererei me stesso intelligente e gli altri (questa schiera di curiosi) degli idioti che si sono privati di una “voglia” in attesa che l’oggetto di questa voglia fosse rinvenibile nelle farmacie a costi più modici.
Ma la legalizzazione, a ben vedere, avrebbe come effetto quello di “istituzionalizzare”, oltre alla possibilità di vendere stupefacenti, la lotta allo spaccio clandestino, che a quel punto sarebbe vero e proprio contrabbando. Sanzioni verrebbero previste, che però necessiterebbero sempre e comunque di una differenziazione tra spacciatore e utilizzatore finale.
Non ci si può nemmeno spaventare dell’ (nemmeno tanto sicuro) abbattimento dei costi degli stupefacenti. Questo fenomeno al massimo potrebbe causare un lieve aumento di utilizzo da parte dell’acquirente già dedito al consumo, che a parità di costo potrà acquistare più materiale.
La disciplina della repressione dei reati compiuti in stato di incapacità di intendere e di volere derivante dall’assunzione di alcol o sostanze stupefacenti, rimarrebbe la solita; lo Stato ne beneficerebbe in introiti sottratti alla malavita; le persone già dedite all’uso di droga continuerebbero ad usarla (perché , mettiamocelo in testa, il fenomeno dell’utilizzo di droga non può essere debellato); le persone che non l’hanno mai usata, continueranno a non usarla; e il tragico scenario di strade cittadine piene di zombies pronti a compiere illeciti è pura fantasia.
Non a caso, la Commissione Globale per la politica sulla droga ( un organismo internazionale del quale fanno parte l'ex segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, oltre agli ex presidenti di paesi particolarmente colpiti dal narcotraffico, come Brasile, Messico e Colombia) ha recentemente ricordato come la lotta globale alla droga e il proibizionismo abbiano fallito, e come siano urgenti riforme di regolamentazione legale e decriminalizzazione.                   

2 commenti:

  1. Prima tutto scusi se non scrivo bene perche sono studente di giurisprudenza e anche di lingua italiana, studio a Venezuela all'Universitá Centrale di Venezuela. Mi pare molto interessante e attuale il tuo post, a Venezuela anche questo è un problema su cui si litiga, prima per la quantità di persone che sono dichiarate colpevole per possessione, anche qui la punibilità per questa condotta e la stessa per il traffico o distribuzione, mi pare conveniente citare a Jakobs in questo post perché siamo di fronte a un caso nel mio parere di Diritto Penale del Nemico, dove la pena é eccessiva con relazione alla condotta e si anticipa la pena senza nessuna giustificazione. Ma qui il problema è più forte perché la legge che punisce questa condotta è la Legge di Droghe, in questa legge si punisce la tentatavi di possessione, distribuzione, traffico,.. ma i giudici non abroga nemmeno per controllo della Costituzione la tentatavi prevista nel Codice Penale, con questo si può penare anche la tentatavi della tentatavi, vale dire, il pensamento si potrebbe penare come una condotta tipica previa al delitto. È chiaro che questa politica criminale non aiuta per ridurre l'indice di violenza che è il principale problema del mio Paese, perché i consumatori si punisce con reclusione tanto tempo e i grandi trafficante e distributori ci sono coperti sotto una corruzione incomparabile con altri Paese. la possibile soluzione di legalizzare le droghe per il consumatori rappresenta una possibilità di ridurre la violenza e anche il sovraffollamento di nostre centri di reclusione, perché i consumatori di droghe non sono come così tanto pericoloso come i'legislatore lo fa vedere.
    Scusi tanto per la mia ortografia e redazione, ma questo mi aiuterà moltissimo per imparare di più la lingua italiana. Saluti di Caracas, Venezuela.

    Emilio Bracho.
    e-mail:angel77_aeb@hotmail.com

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  2. Salve,

    ho letto con piacere e interesse il Suo commento. Condivido il Suo pensiero. L'attuale legislazione del nostro paese, come di altri paesi non considera gli effetti delle norme, ed è spesso preoccupata solo di "apparire" come severa, giusta ed efficace, senza interrogarsi effettivamente su se esistano metodi alternativi e più efficienti. La legalizzazione delle droghe è secondo me un passo importante che deve lasciare da parte i finti moralismi e approcciare delle domande di senso più profonde. La questione DROGA va affrontata in modo tale da lasciare libertà di scelta alle persone, combattendo il narcotraffico illecito, e punendo più severamente le condotte illecite tenute da soggetti in stato di incapacità di intendere e di volere a causa di stupefacenti. Non si può comandare alle persone di Non usare stupefacenti altrimenti si viene puniti. Si può dire: lascio a te cittadino la possibilità di scegliere; se ti droghi ti assumi tutte le responsabilità sia per quanto riguarda la tua salute, sia per quanto riguarda i possibili reati che commetti. E nel frattempo si combatte severamente il narcotraffico illecito.
    Non ho poi compreso pienamente se il concetto di "punizione del tentativo del tentativo" sia un concetto prospettato da Lei o usato dai giudici della Sua nazione. In quest'ultimo caso,mi sento di dissentire dal comportamento eccessivamente severo dei giudici. La punizione non è affatto giustificata, in quanto va a colpire un fatto troppo lontano dalla lesione del bene giuridico. Spero di aver compreso bene il Suo pensiero, altrimenti mi corregga.
    Cordiali saluti,

    Filippo Lombardi

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