sabato 19 febbraio 2011

Le società d’ambito per la gestione dei rifiuti sono soggette al D.L.vo 231/2001.

Cassazione penale, sez. II, 10 gennaio 2011 n. 234.

La questione giuridica affrontata dalla Cassazione nella sentenza in esame è quella di stabilire se le A.T.O. costituite nella forma delle società per azioni per svolgere, secondo criteri di economicità, le funzioni in materia di raccolta e smaltimento dei rifiuti trasferite alla stessa da Enti pubblici territoriali, siano soggette, o meno, alla normativa in materia di responsabilità amministrativa da reato.
Alla base della questione vi è la controversa interpretazione dell’art. 1, comma 3 del D.L.vo n. 231 del 2001 che esclude l’applicabilità del decreto “allo Stato agli enti pubblici territoriali, agli altri Enti pubblici non economici nonché agli Enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale”.
In merito bisogna precisare che la formulazione utilizzata dal decreto è parzialmente diversa da quella della legge delega che all’art. 11 comma 2 precisava che per persone giuridiche destinatarie del decreto “si intendevano gli enti forniti di personalità giuridica eccettuati lo Stato e gli altri enti pubblici che esercitano pubblici poteri”.
Quindi, per la legge delega, l’esclusione della responsabilità avrebbe dovuto essere prevista soltanto per gli Enti che esercitano pubblici poteri.
Nella Relazione al decreto legislativo il problema della divergenza, sul punto, rispetto alla legge delega viene esplicitamente affrontato. Si pone, infatti, in evidenza che dalla locuzione “enti pubblici che esercitano pubblici poteri” esulano numerosi enti pubblici fra i quali la categoria più significativa concerne gli enti pubblici che erogano un servizio.
Il legislatore delegato ha negato di avere operato una vera divergenza dalla legge delega affermando che il complesso delle indicazioni contenute nella legge lascerebbe intendere che il legislatore delegante abbia avuto di mira la repressione di comportamenti illeciti nello svolgimento di attività assistite “da fini di profitto”.
Proprio sulla base di questa interpretazione, vista l’attività economica svolta dalle autorità d’ambito, la Cassazione dichiara per esse l’applicabilità della responsabilità amministrativa da reato.
Di seguito si riporta la motivazione sul punto della Suprema corte:
“In base al dato normativo una corretta lettura della disciplina concernente la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica porta a ritenere che possano essere esonerati dall'applicazione del d. lgs. N. 231/2001 soltanto lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale e gli altri enti pubblici non economici (art. 1, u.c. d.lgs. 231/2001).
Appare dunque evidente che la natura pubblicistica di un ente è condizione necessaria ma non sufficiente per l'esonero dalla disciplina in questione; deve necessariamente essere presente anche la condizione dell'assenza di svolgimento di attività economica da parte dell'ente medesimo. Nel caso in questione appare pacifico lo svolgimento dell'attività economica da parte della soc. E. s.p.a.,che, anzi, proprio in ragione della sua struttura societaria evidenzia la presenza di una tale caratteristica. Tale conclusione peraltro è condivisa dallo stesso Tribunale del riesame, che sottolinea come la soc. E. s.p.a. deve informare, tra l'altro, la propria attività a criteri di economicità consentendo la totale copertura dei costi della gestione integrata e integrale del ciclo dei rifiuti, con conseguente applicabilità, nei suoi confronti dell'art. 2201 del c.c. Ciò premesso però il Tribunale del riesame ha escluso l'applicabilità della disciplina di cui al d.lgs. n. 231/2001 sulla base dell'avvenuto trasferimento di funzioni dall'ente territoriale Comune alla società d'ambito costituita in forma di s.p.a., a seguito del commissariamento emergenziale della regione Sicilia in materia di rifiuti, come imposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della protezione civile. Proprio dal trasferimento delle funzioni dall'ente territoriale alla Società d'ambito deriverebbe l'impossibilità di applicare la disciplina del
d.lgs. n. 231/2001.
Una tale conclusione non può essere condivisa. La ratio dell'esenzione è infatti quella di escludere dall'applicazione delle misure cautelari e delle sanzioni previste dal d.lgs. n. 231/2001 enti non solo pubblici, ma che svolgano funzioni non economiche, istituzionalmente rilevanti, sotto il profilo dell'assetto costituzionale dello Stato amministrazione. In questo caso, infatti, verrebbero in considerazione ragioni dirimenti che traggono la loro origine dalla necessità di evitare la sospensione di funzioni essenziali nel quadro degli equilibri dell'organizzazione costituzionale del Paese. Nella fattispecie in esame tuttavia proprio la preminente, se non esclusiva, attività di impresa che deve essere riconosciuta alla Società ENNAEUNO s.p.a. non può essere messa in dubbio dallo svolgimento di una attività, che ha sicuramente ricadute indirette su beni costituzionalmente garantiti, quali ad esempio il diritto alla salute (art. 32 cost.), il diritto all'ambiente (art. 9 cost.), ma che innanzitutto si caratterizza per una attività e per un servizio che, per statuto, sono impostati su criteri di economicità, ravvisabili nella tendenziale equiparazione tra costi ed i ricavi, per consentire la totale copertura dei costi della gestione integrata ed integrale del ciclo dei rifiuti. Non si tratta dunque di avallare un criterio "formale" di applicazione della norma, ma di individuare attraverso una lettura strutturale della norma medesima, il suo corretto ambito applicativo, quale emerge anche dal dato letterale. L'attribuzione di funzioni di rilevanza costituzionale, quali sono riconosciute agli enti pubblici territoriali, come i comuni, non possono tralaticiamente essere riconosciute a soggetti che hanno la struttura di una società per azioni, in cui la funzione di realizzare un utile economico,è comunque un dato caratterizzante la loro costituzione. Una conclusione diversa porterebbe all'inaccettabile conclusione, sicuramente al di fuori sia della volontà del legislatore delegante che del legislatore delegato, di escludere dall'ambito di applicazione della disciplina in esame un numero pressoché illimitato di enti operanti non solo nel settore dello smaltimento dei rifiuti, e quindi con attività in cui viene in rilievo, come interesse diffuso, il diritto alla salute e all'ambiente, ma anche là dove viene in rilievo quello all'informazione, alla sicurezza antinfortunistica, all'igiene del lavoro, alla tutela del patrimonio storico e artistico, all'istruzione e alla ricerca scientifica, in sostanza in tutti i casi in cui vengono ad essere coinvolti, seppur indirettamente, dall'attività degli enti interessati, i valori costituzionali di cui alla parte prima della Costituzione (v. anche Cass., sez. II, 9 luglio 2010, n. 28699, C.E.D. cass.,n. 247669)”.




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