mercoledì 23 marzo 2011

La Cassazione sulla diffamazione on line.

di Tiziana Andriulo

Cassazione Penale, sez. V, 7 marzo 2011, n. 8824 

Nella sentenza in commento, la Suprema Corte affronta il tema della diffamazione on line e, in particolare, quello della certa riconducibilità al partecipante di un forum, attraverso il suo indirizzo I.P,  di affermazioni diffamatorie rivolte ad altro utente.
Il caso è quello di Tizio che con la sua utenza telefonica, installata presso la propria abitazione e utilizzando la user-name (a lui intestata) si collegava con il sito SNAP WEB, inserendo stabilmente, nel forum intitolato "Il diritto penale", frasi offensive dell'onore e del decoro di Caia e della sua famiglia.
Egli veniva ritenuto colpevole del reato di diffamazione ex art. 595 c.p..
Il difensore di Tizio ricorreva in Cassazione affermando l’impossibilità di attribuire in maniera certa quelle affermazioni al proprio assistito sulla base del solo indirizzo I.P., con il quale avrebbe potuto accedere illegalmente qualche altro utente.
La Corte di Cassazione, respingeva il ricorso affermando che: “ I giudici di merito, con valutazioni pienamente fedeli alle risultanze processuali e improntate a evidente razionalità, sono giunti all'incontestabile dimostrazione che per l'invio del messaggio attribuito a Tizio è stato utilizzato il codice numerico IP, fornito da Snap Web, gestore del Forum, accessibile in internet.  Questo indirizzo IP è stato associato, attraverso il gestore del servizio telefonico, Wind Autostrada, alla linea telefonica di casa di Tizio; il nick name utilizzato è intestato all'imputato. Lo stesso Tizio ha poi riconosciuto di utilizzare il sito Snapweb, con uno specifico username, ottenuto in abbonamento, servendosi di uno pseudonimo.
 La corte, con adeguata e articolata argomentazione tecnica ha dimostrato il carattere irreale e irrazionale dell'assunto difensivo secondo cui un inverosimile personaggio si sia impegnato a trasformare un lecito messaggio di Tizio in uno strumento aggressivo e lesivo della reputazione delle parti civili.
L'accertamento tecnico - a cui la corte ha attribuito forza persuasiva con una articolata valutazione assolutamente incensurabile in questa sede - ha posto in luce che:
a) il numero identificativo sulla rete internet mondiale è assegnato in via esclusiva ad un determinato computer connesso;
b) un altro utente delle rete, per realizzare l'intromissione modificativa, dovrebbe esattamente conoscere dettagliati particolari di tempi e modalità della connessione in cui intromettersi;
c) questo scorretto utente avrebbe dovuto compiere una complessa e difficile serie di interventi finalizzati all'eliminazione di tracce dell'irregolare intervento invasivo. La corte ha ritenuto contrario al senso comune che tanto impiego di tempo e tanto impegno tecnico siano stati profusi da questo sconosciuto per offendere Caia e la sua famiglia.
La corte ha poi messo in luce - ai fini dell'identificazione del responsabile - che nella famiglia dell'imputato, il solo figlio era capace di utilizzare internet, ma non conosceva l'esistenza del "Forum", nè l'username per accedervi.
L'identificazione nel Tizio dell'autore del messaggio offensivo è stata confermata dall'accertato movente costituito dal dissidio esistente tra questi e la famiglia di Caia”.
Da ultimo i giudici di legittimità affrontano le problematiche sollevate in tema di diritto di critica
( 595 3° comma c.p.) e di elemento soggettivo nel reato di diffamazione.
In proposito precisano che:” Non sussiste quindi l'esimente dell'esercizio del diritto di critica politica qualora l'espressione consista non già in un dissenso motivato, espresso in termini misurati e necessari, bensì in un attacco personale, lesivo della dignità morale ed intellettuale dell'avversario e del contraddittore. Quanto all'elemento psicologico del reato di diffamazione, secondo un consolidato e condivisibile orientamento interpretativo, non è necessaria l'intenzione di offendere l'altrui reputazione (animus diffamandi), essendo sufficiente la volontà dell'agente di usare parole lesive del bene giuridico, con la consapevolezza di offendere la dignità personale del destinatario delle espressioni. Nel caso in esame è del tutto evidente l'immediata e inequivoca consapevolezza, da parte del M., di ferire profondamente il credito sociale dei due cittadini contro i quali ha lanciato le dure e smodate invettive riportate nel capo di imputazione”.
    


3 commenti:

  1. Grande, un tema che mi sta a cuore, molti stanno sul web in maniera leggera e spesso mi son trovato a fare richiami "da profano" ma, a quanto leggo, in piena linea con la normativa!
    Grande Giulio

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  2. molti credono che celandosi dietro un nickname possono dire e fare quello che vogliono...un po di informazione non farebbe male

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  3. tolkki scrive:
    articolo interessantissimo!!!fare chiarezza su un argomento cosi delicato è piu che utile...
    c'è chi,trincerandosi dietro un falso nome,butta fango sulle persone.
    saluti

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