domenica 17 marzo 2013

Il reato di minaccia "apparente".


CASSAZIONE PENALE – Sez. V – 8 Gennaio 2013 n. 760 – Pres. Zecca – Rel. Vessichelli (Annulla senza rinvio Tribunale Lanciano, 3 marzo 2011, n. 5/2010).
Reato di minacce – Prevenzione altrui azione illecita – Prospettazione legittima  reazione -  Inconfigurabilità reato.

Non integra comunque il delitto di minaccia la condotta di colui che tenga un comportamento pure apparentemente integrante la fattispecie in esame, non già al fine di restringere la libertà psichica del minacciato, bensì al fine di prevenirne un'azione illecita (nel caso di specie: molestie), rappresentandogli tempestivamente la legittima reazione che il suo comportamento avrebbe determinato. (Nel caso di specie l’imputato aveva detto al proprietario dell’appartamento sottostante al suo che gli zingari ai quali aveva intenzione di vendere il proprio appartamento avrebbero reagito con atti di violenza se avesse continuato a bussare con la scopa per i rumori di cui si lamentava).

Commento dell'avv. Mirella Pocino

Nel caso in oggetto l’imputato veniva condannato in primo grado ed in appello per il reato di minaccia. Ciò in quanto egli , al termine di una turbolenta riunione condominiale, aveva esternato al proprio vicino la volontà di vendere l’appartamento di sua proprietà a degli zingari.
La norma sanzionatoria di cui all’art. 612 c.p., rubricata “Minaccia” persegue,“chiunque minaccia ad altri un ingiusto danno” con la multa fino a euro 51, su querela della persona offesa. Il secondo comma dell’ articolo de quo prevede che“se la minaccia è grave , o è fatta in uno dei modi indicati nell’articolo 339, la pena è della reclusione fino a un anno e si procede d’ufficio”.
La condotta minatoria, pertanto, può essere posta in essere da “chiunque”. Tale affermazione del Legislatore fa assurgere la fattispecie in esame nella categoria dei reati comuni, realizzabili da qualsiasi individuo.
Alla luce di quanto previsto dalla norma incriminatrice de qua, il reato di minaccia appartiene alla tipologia  dei reati formali di pericolo per la cui integrazione non è necessario che il bene giuridico tutelato sia leso minacciando la vittima, essendo sufficiente che il male prospettato possa incutere timore nel soggetto passivo menomandone la libertà morale. Inoltre la gravità della minaccia prospettata dal soggetto agente va parametrata alla entità del turbamento alla libertà psichica  ingenerato nel soggetto passivo e alla stregua di tutte le circostanze del fatto concreto. Difatti, la valutazione della idoneità della condotta minatoria orientata a realizzare tale finalità intimidatoria va fatta avendo di mira un criterio di materialità che rispecchi le reazioni dell’uomo comune (Corte di Cassazione, 23 Luglio 1992, n. 8264).
L’elemento soggettivo di tale fattispecie di reato è il dolo generico. Esso si sostanzia nella rappresentazione della coscienza e della volontà di  comprimere la libertà individuale del soggetto passivo della condotta.
La consumazione della fattispecie de qua è da ravvisarsi nel momento in cui la libertà individuale del soggetto passivo subisce una compressione per effetto delle minacce. Trattasi, inoltre, di reato di evento a forma libera per cui la condotta incriminata può essere posta in essere nelle più svariate modalità (anche facendo ricorso ai moderni mezzi di comunicazione.)
La Corte di Cassazione, investita della questione, ha annullato la sentenza di Appello (confermativa di quella di primo grado) ed ha ribadito il proprio e consolidato orientamento alla stregua del quale, al fine della configurazione del reato di cui all’art. 612 c.p., è necessario che il danno minacciato sia realizzabile e verosimile, ravvisandosi, in caso contrario, una minima potenzialità lesiva della minaccia in questione con conseguente non integrazione della fattispecie di reato de qua.
Nello specifico, non è sufficiente ad integrare il reato di minaccia una generica prospettazione di un danno futuro ed ingiusto quale la vendita dell’immobile a soggetti particolarmente violenti, espressa al termine di una riunione condominiale particolarmente vivace e nel contesto di pessimi e molesti rapporti di vicinato.
La Corte di Cassazione sostiene che nel caso di specie ben può osservarsi come il comportamento dell’imputato sia volto alla prospettazione non di un male ingiusto ma di un evento paradossale e meramente provocatorio, quale la futura ed eventuale vendita dell’immobile a zingari al fine di sottrarsi ai comportamenti molesti del vicino.
La Suprema Corte fa propria la tesi in virtù della quale tale condotta non può integrare il reato di minaccia in quanto, ai fini della configurabilità di tale reato, la concreta attuazione del male prospettato deve dipendere dalla sfera di signoria del soggetto agente, non ravvisando tale ipotesi nel caso di specie, trattandosi di una condotta di mera protesta in risposta alla condotta molesta del vicino. Inoltre, il danno  ingiusto prospettato dall’agente (vendita dell’immobile) alla persona offesa spiegherebbe i propri effetti negativi in primis nella propria sfera giuridica soggettiva poiché lo costringerebbe a compiere un atto dispositivo del proprio patrimonio per privarsi di un bene immobile al solo scopo di sottrarsi ai cattivi rapporti di vicinato. Da ultimo, la realizzazione del danno ingiusto rappresentato dall’agente alla persona offesa dipenderebbe non dallo stesso ma dalla condotta futura ed ipotetica di soggetti terzi (i nuovi eventuali acquirenti), divenuti proprietari dell’immobile in seguito ad una vendita futura ed anche’essa incerta e meramente prospettata da parte dell’imputato.

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