CASSAZIONE PENALE – Sez. V – 8 Gennaio 2013 n. 760 –
Pres. Zecca – Rel. Vessichelli (Annulla senza rinvio Tribunale Lanciano, 3 marzo
2011, n. 5/2010).
Reato di minacce – Prevenzione altrui azione illecita
– Prospettazione legittima reazione
- Inconfigurabilità reato.
Non integra comunque il delitto di minaccia la condotta di colui che
tenga un comportamento pure apparentemente integrante la fattispecie in esame,
non già al fine di restringere la libertà psichica del minacciato, bensì al
fine di prevenirne un'azione illecita (nel caso di specie: molestie),
rappresentandogli tempestivamente la legittima reazione che il suo
comportamento avrebbe determinato. (Nel caso di specie l’imputato aveva detto al proprietario dell’appartamento
sottostante al suo che gli zingari ai quali aveva intenzione di vendere il
proprio appartamento avrebbero reagito con atti di violenza se avesse
continuato a bussare con la scopa per i rumori di cui si lamentava).
Commento dell'avv. Mirella Pocino
Nel caso in oggetto
l’imputato veniva condannato in primo grado ed in appello per il reato di
minaccia. Ciò in quanto egli , al termine di una turbolenta riunione
condominiale, aveva esternato al proprio vicino la volontà di vendere
l’appartamento di sua proprietà a degli zingari.
La norma sanzionatoria di
cui all’art. 612 c.p., rubricata “Minaccia” persegue,“chiunque minaccia ad altri un ingiusto danno” con la multa fino a
euro 51, su querela della persona offesa. Il secondo comma dell’
articolo de quo prevede che“se la
minaccia è grave , o è fatta in uno dei modi indicati nell’articolo 339, la
pena è della reclusione fino a un anno e si procede d’ufficio”.
La condotta minatoria,
pertanto, può essere posta in essere da “chiunque”.
Tale affermazione del Legislatore fa assurgere la fattispecie in esame nella
categoria dei reati comuni, realizzabili da qualsiasi individuo.
Alla luce di quanto previsto
dalla norma incriminatrice de qua, il
reato di minaccia appartiene alla tipologia
dei reati formali di pericolo per la cui integrazione non è necessario
che il bene giuridico tutelato sia leso minacciando la vittima, essendo
sufficiente che il male prospettato possa incutere timore nel soggetto passivo
menomandone la libertà morale. Inoltre la gravità della minaccia prospettata
dal soggetto agente va parametrata alla entità del turbamento alla libertà
psichica ingenerato nel soggetto passivo
e alla stregua di tutte le circostanze del fatto concreto. Difatti, la
valutazione della idoneità della condotta minatoria orientata a realizzare tale
finalità intimidatoria va fatta avendo di mira un criterio di materialità che
rispecchi le reazioni dell’uomo comune (Corte
di Cassazione, 23 Luglio 1992, n. 8264).
L’elemento soggettivo di
tale fattispecie di reato è il dolo generico. Esso si sostanzia nella
rappresentazione della coscienza e della volontà di comprimere la libertà individuale del
soggetto passivo della condotta.
La consumazione della
fattispecie de qua è da ravvisarsi
nel momento in cui la libertà individuale del soggetto passivo subisce una
compressione per effetto delle minacce. Trattasi, inoltre, di reato di evento a
forma libera per cui la condotta incriminata può essere posta in essere nelle
più svariate modalità (anche facendo ricorso ai moderni mezzi di
comunicazione.)
La Corte di Cassazione,
investita della questione, ha annullato la sentenza di Appello (confermativa di
quella di primo grado) ed ha ribadito il proprio e consolidato orientamento
alla stregua del quale, al fine della configurazione del reato di cui all’art.
612 c.p., è necessario che il danno minacciato sia realizzabile e verosimile,
ravvisandosi, in caso contrario, una minima potenzialità lesiva della minaccia
in questione con conseguente non integrazione della fattispecie di reato de qua.
Nello specifico, non è
sufficiente ad integrare il reato di minaccia una generica prospettazione di un
danno futuro ed ingiusto quale la vendita dell’immobile a soggetti
particolarmente violenti, espressa al termine di una riunione condominiale
particolarmente vivace e nel contesto di pessimi e molesti rapporti di
vicinato.
La Corte di Cassazione
sostiene che nel caso di specie ben può osservarsi come il comportamento
dell’imputato sia volto alla prospettazione non di un male ingiusto ma di un
evento paradossale e meramente provocatorio, quale la futura ed eventuale
vendita dell’immobile a zingari al fine di sottrarsi ai comportamenti molesti
del vicino.
La Suprema Corte fa propria
la tesi in virtù della quale tale condotta non può integrare il reato di
minaccia in quanto, ai fini della configurabilità di tale reato, la concreta
attuazione del male prospettato deve dipendere dalla sfera di signoria del
soggetto agente, non ravvisando tale ipotesi nel caso di specie, trattandosi di
una condotta di mera protesta in risposta alla condotta molesta del vicino.
Inoltre, il danno ingiusto prospettato
dall’agente (vendita dell’immobile) alla persona offesa spiegherebbe i propri
effetti negativi in primis nella
propria sfera giuridica soggettiva poiché lo costringerebbe a compiere un atto
dispositivo del proprio patrimonio per privarsi di un bene immobile al solo
scopo di sottrarsi ai cattivi rapporti di vicinato. Da ultimo, la realizzazione
del danno ingiusto rappresentato dall’agente alla persona offesa dipenderebbe
non dallo stesso ma dalla condotta futura ed ipotetica di soggetti terzi (i
nuovi eventuali acquirenti), divenuti proprietari dell’immobile in seguito ad
una vendita futura ed anche’essa incerta e meramente prospettata da parte dell’imputato.
Nessun commento:
Posta un commento