CASSAZIONE PENALE – Sez. II
– 9 gennaio 2013 n. 843 – Pres. Petti – Rel. Gallo – (Annulla senza rinvio sentenza Corte d’appello di
L’Aquila sezione penale, 4 aprile 2012).
Ricettazione – Commercio di
sostanze dopanti attraverso canali diversi da farmacie e dispensari autorizzati
– Profitto – Utilità negativa.
Il reato di ricettazione ex
art. 648 c.p. e quello di commercio di sostanze dopanti attraverso canali
diversi da farmacie e dispensari autorizzati ex art. 9 co. 7 L. n. 376 del
2000, possono concorrere per tre
semplici presupposti: il primo è dato dalla differenza strutturale in capo ai
due reati ed in considerazione del fatto che, il commercio di sostanze dopanti
può essere integrato con condotte acquisitive diverse e non ricollegabili ad un
delitto; il secondo è dato dalla differente tutela che si intende perseguire;
da un lato la tutela del patrimonio dall’altro la tutela della salute; il terzo
deriva dalla sussistenza del concorso apparente di norme con l’art. 648 c.p.,
per la sola fattispecie di cui al primo
comma del citato art. 9, nel quale la
condotta incriminata, procura, somministra, assume o favorisce comunque l’uso
di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive, al fine di alterare le
prestazioni agonistiche degli atleti, ovvero di modificare i risultati derivati
dai controlli sull’uso di farmaci o sostanze dopanti; quanto poi alla nozione
di profitto contenuta nell’art. 648 c.p., questa deve essere intesa come
qualsiasi utilità anche non patrimoniale, ivi compresa un’utilità morale, che
l’agente si propone di perseguire con la condotta delittuosa posta in essere,
arrecando un danno ad altri; pertanto, la nozione di profitto non può
comprendere la mera utilità negativa, sia pure immaginaria o fantastica,
sussistente nella lesione della propria sfera soggettiva senza recare danno
ad altri.
Commento della dott.ssa Serena Sammarco.
Nel
caso di specie il Gup del Tribunale di Pescara e la Corte d’Appello di L’Aquila
– quest’ultima in parziale riforma della
sentenza di primo grado, rideterminando le pene inflitte agli appellanti –
avevano ritenuto gli imputati colpevoli per il reato di ricettazione di farmaci
dopanti, ritenuta l’ipotesi lieve. I procuratori degli imputati eccepivano
l’erronea interpretazione dell’art. 648 c.p. sia per assenza del fine di lucro
che per assenza del delitto presupposto, la mancata consapevolezza della
provenienza illecita dei medicinali dopanti e l’assenza di profitto
nell’acquisto di sostanze dopanti per mero piacere narcisistico. Eccepivano, altresì, la sussistenza di un
rapporto di specialità tra l’art. 9 L. 376/2000 e l’art. 648 c.p. con
l’applicazione al caso concreto della legge speciale. La Suprema Corte di
Cassazione, ritenendo in parte fondate le eccezioni sollevate dai ricorrenti,
assolveva gli imputati per insussistenza del fatto. Il fine perseguito dai
ricorrenti era quello di modificare il proprio aspetto fisico con l’uso di
sostanze dopanti senza perseguire alcun profitto di natura sportiva mediante la
partecipazione a competizioni o manifestazioni di vario genere. Ne derivava
un’utilità meramente negativa, ledendo esclusivamente la propria sfera
soggettiva e conseguentemente l’assenza di un profitto.
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