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Uno
degli argomenti che mi sta più a cuore come cittadino, avvocato e blogger è
certamente quello della disinformazione pilotata dalle grandi multinazionali.
Uno
dei casi più eclatanti del passato è stato quello dell’Amianto (tutti sapevano
ma nessuno ha fatto niente per un bel po’ di tempo e gli effetti si sono visti
dopo trent’anni).
Lo
stesso sta succedendo oggi con il mercato dei telefonini: tutti sappiamo che
fanno male, ma non essendoci niente di ufficiale, tutti continuiamo ad usarli e
a farli usare ai nostri figli.
(Fate
una prova: chiedete a dieci vostri amici a caso se loro pensano che il
cellulare faccia male, poi scrivete in commento al presente post le vostre
statistiche, rimarrete impressionati dalla loro omogeneità).
Cosa
fanno i media in proposito? Niente di niente! Le ragioni potete arrivarci da
soli a capirle.
Qual
è il ruolo di internet, e il mio come blogger? Smascherarli, o almeno
informarvi sulle ultime novità.
Mentre
per il caso del Gatto Tommasino (inventato dall’avv. Canzona) i telegiornali ci
hanno rotto le palle per giorni interi, della sentenza della Cassazione secondo
cui sarebbe stata raggiunta, in causa,
la ragionevole certezza che il cellulare sia cancerogeno,
nessuno ne ha parlato!
Secondo
la Suprema Corte, bisogna dare massimo valore a studi indipendenti che
dimostrerebbero come l’esposizione costante alle onde elettromagnetiche di
cordless e cellulari sia concausa di malattia tumorali.
Dette
ricerche sconfessano quindi quelle invece finanziate dall’industria del
“mobile”, di segno opposto.
Nel caso deciso dalla Corte di Cassazione è stata riconosciuta l’invalidità a un ex dirigente esposto, per causa del proprio lavoro, alle onde di cellulari e cordless e che, in forza di ciò, aveva riportato un tumore al nervo trigemino sinistro.
Nel caso deciso dalla Corte di Cassazione è stata riconosciuta l’invalidità a un ex dirigente esposto, per causa del proprio lavoro, alle onde di cellulari e cordless e che, in forza di ciò, aveva riportato un tumore al nervo trigemino sinistro.
Di
seguito il testo della sentenza, che vi consiglio di leggere:
Con
sentenza del 10 - 22.12.2009 la Corte d'appello di Brescia, in riforma della
pronuncia di prime cure, condannò l'Inail a corrispondere a M. In. la rendita
per malattia professionale prevista per l'invalidità all'80%.
Il
Tizio M. aveva agito in giudizio deducendo che, in conseguenza dell'uso
lavorativo protratto, per dodici anni e per 5 - 6 ore al giorno, di telefoni
cordless e cellulari all'orecchio sinistro aveva contratto una grave patologia
tumorale; le prove acquisite e le indagini medico legali avevano permesso di
accertare, nel corso del giudizio, la sussistenza dei presupposti fattuali dedotti,
in ordine sia all'uso nei termini indicati dei telefoni nel corso dell'attività
lavorativa, sia all'effettiva insorgenza di un "neurinoma del Ganglio di
Gasset'' (tumore che colpisce i nervi cranici, in particolare il nervo acustico
e, più raramente, come nel caso di specie, il nervo cranico trigemino),con
esiti assolutamente severi nonostante le terapie, anche di natura chirurgica,
praticate; sulla ricorrenza di tali elementi fattuali, come evidenziato nella
sentenza impugnata, non erano state svolte contestazioni in sede di appello,
incentrandosi la questione devoluta al Giudice del gravame sul nesso causale
tra l'uso dei telefoni e l'insorgenza della patologia.
La
Corte territoriale, rinnovata la consulenza medico legale, ritenne di dover
seguire le conclusioni a cui era pervenuto il CTU nominato in grado d'appello,
osservando in particolare quanto segue:
-
i telefoni mobili (cordless) e i telefoni cellulari funzionano attraverso onde
elettromagnetiche e, secondo il CTU, "In letteratura gli studi
sui tumori cerebrali per quanto riguarda il neurinoma considerano il
tumore con localizzazione al nervo acustico che è il più
frequente. Trattandosi del medesimo istotipo è del tutto logico assimilare
i dati al neurinoma del trigemino"; in particolare era stato osservato
che i due neurinomi appartengono al medesimo distretto corporeo, in quanto
entrambi i nervi interessati si trovano nell'angolo ponto-cerebellare, che è
una porzione ben definita e ristretta dello spazio endocranico, certamente
compresa nel campo magnetico che si genera dall'utilizzo dei telefoni cellulari
e cordless;
-
nella CTU erano stati riassunti con una tabella alcuni studi effettuati dal
2005 al 2009 ed in tre, effettuati dall'Hardell group, era stato evidenziato un
aumento significativo del rischio relativo di neurinoma (intendendosi per
rischio relativo la misura di associazione fra l'esposizione ad un particolare
fattore di rischio e l'insorgenza di una definita malattia, calcolata come il
rapporto fra i tassi di incidenza negli esposti [numeratore] e nei non esposti [denominatore]);
-
un lavoro del 2009 dei medesimo gruppo aveva considerato anche altri elementi
quali età dell'esposizione, l'ipsilateralità e il tempo di esposizione,
indicando, per quanto riguarda il neurinoma dell'acustico, un Odd ratio per
l'uso del cordless di 1,5 e per il telefono cellulare di 1,7; considerando
l'uso maggiore di 10 anni, gli Odd ratio erano rispettivamente di 1,3 e di 1,9,
intendendosi per Odd radio il rapporto tra la frequenza con la quale un evento
si verifica in un gruppo di pazienti e la frequenza con la quale lo stesso
evento si verifica in un gruppo di pazienti di controllo, onde se il valore dell'Odd
ratio è superiore a 1 significa che la probabilità che si verifichi l'evento
considerato (per esempio una malattia) in un gruppo (per esempio tra gli
esposti) è superiore rispetto a quella di un altro gruppo (per esempio tra i
non esposti), mentre significato opposto ha un valore inferiore a 1;
-
una recente review della The International Commission on Nonlonizing Radiation
Protection aveva evidenziato i limiti degli studi epidemiologici fino ad allora
attuati, concludendo che, allo stato attuale, non vi era una convincente
evidenza del ruolo delle radiofrequenze nella genesi dei tumori, ma aggiungendo
che gli studi non ne avevano escluso l'associazione;
-
un'ulteriore autorevole review (Kundi nel 2009) aveva confermato i dubbi che
gli studi epidemiologici inducono per quanto riguarda il tempo di esposizione e
concluso per un rischio individuale basso, ma presente; l'esposizione poteva
incidere sulla storia naturale della neoplasia in vari modi: interagendo nella
fase iniziale di induzione, intervenendo sul tempo di sviluppo dei tumori a
lenta crescita, come i neurinomi, accelerandola ed evitando la possibile
naturale involuzione;
-
l'analisi della letteratura non portava quindi ad un giudizio esaustivo, ma,
con tutti i limiti insiti nella tipologia degli studi, un rischio aggiuntivo
per i tumori cerebrali, ed in particolare per il neurinoma, era documentato
dopo un'esposizione per più di 10 anni a radiofrequenze emesse da telefoni
portatili e cellulari;
-
tale tempo di esposizione era un elemento valutativo molto rilevante, poiché,
nello studio del 2006, l'esposizione per più di 10 anni comportava un rischio
relativo calcolato di 2,9 sicuramente
significativo;
-
si trattava quindi di una situazione "individuale" che gli
esperti riconducevano al "modello probabilistico-induttivo" ed
alla "causalità debole", avente comunque valenza in
sede previdenziale;
-
doveva dunque riconoscersi, secondo il CTU, un ruolo almeno concausale delle radiofrequenze
nella genesi della neoplasia subita dall'assicurato, configurante probabilità
qualificata;
-
la censura dell'Inail relativa agli studi utilizzati dal CTU non coglieva nel
segno, poiché lo studio del 2000 dell'OMS, che aveva escluso effetti negativi
per la salute, si era basato su dati ancor più risalenti, non tenendo quindi
conto dell'uso più recente, ben più massiccio e diffuso, di tali apparecchi e
del fatto che si tratta di tumori a lenta insorgenza, risultando quindi più attendibili
gli studi svolti nel 2009;
-
inoltre, come osservato dal CT di parte M., gli studi del 2009 non erano stati
condotti su un basso numero di casi, ma, al contrario, sul numero totale dei
casi (679) che si erano verificati in un anno in Italia; inoltre, a differenza
dello studio della IARC, cofinanziato dalla ditte produttrici di telefoni
cellulari, gli studi citati dal CTU erano indipendenti;
-
ancora, secondo quanto osservato dal CT di parte M., confrontando il dato di
rischio individuale calcolato dal CTU (2,9) con quello rilevato per il fattore
di rischio, universalmente riconosciuto, dell'esposizione alle radiazioni
ionizzanti, doveva considerarsi come per i sopravvissuti alle esplosioni
atomiche giapponesi di Hiroshima e Nagasaki fosse stato accertato un rischio
relativo di tipo oncologico di 1,39 per "tutti i tumori" con un
minimo di 1,22 per i tumori di "utero e cervice" ed un massimo di
4,92 per la "leucemia", il che stava a significare che il rischio
oncogeno medio delle radiazioni ionizzanti era inferiore a quello che si aveva
per l'esposizione alle radio frequenze in riferimento ai neurinomi endocranici,
ciò che rendeva ancora più evidente la reale portata di quanto affermato dal
CTU; secondo l'insegnamento della giurisprudenza di legittimità, nel caso di
malattia professionale non tabellata, come anche in quello di malattia ad
eziologia multifattoriale, la prova della causa di lavoro, che grava sul
lavoratore, deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, nel senso che,
esclusa la rilevanza della mera possibilità dell'origine professionale, questa
può essere invece ravvisata in presenza di un rilevante grado di probabilità;
e, a tale riguardo, il giudice deve non solo consentire all'assicurato di
esperire i mezzi di prova ammissibili e ritualmente dedotti, ma deve altresì valutare
le conclusioni probabilistiche del consulente tecnico in tema di nesso causale,
considerando che la natura professionale della malattia può essere desunta con
elevato grado di probabilità dalla tipologia delle lavorazioni svolte, dalla
natura dei macchinari presenti nell'ambiente di lavoro, dalla durata della
prestazione lavorativa e dall'assenza di altri fattori extralavorativi,
alternativi o concorrenti, che possano costituire causa della malattia;
-
doveva quindi ritenersi la sussistenza del requisito di elevata probabilità che
integra il nesso causale richiesto dalla normativa. Avverso la suddetta
sentenza della Corte territoriale l'Inail ha proposto ricorso fondato su due
motivi e illustrato con memoria.
L'intimato
Ma. In. ha resistito con controricorso, illustrato con memoria.
MOTIVI
DELLA DECISIONE
1.
Con
il primo motivo l'Istituto ricorrente denuncia violazione dell'art. 3 dpr n.
1124/65, rilevando che, secondo i principi di diritto elaborati in materia
dalla giurisprudenza di legittimità, la corretta applicazione della norma
suddetta richiede, in particolare, l'accertamento sulla base di dati
epidemiologici e di letteratura ritenuti affidabili dalla comunità scientifica,
che l'agente dedotto in giudizio sia dotato di efficienza patogenetica, quanto
meno probabile, per la specifica malattia allegata e diagnosticata; la suddetta
relazione causale non poteva dunque essere suffragata "dalla personale
valutazione dell'ausiliario del giudice, fondata sulla preferenza per
taluni dati epidemiologici rispetto ad altri, ma deve essere supportata
da un giudizio di affidabilità dei dati stessi espresso dalla comunità
scientifica"; nel caso di specie il CTU si era soffermato
esclusivamente sui risultati del gruppo Hardell, in contrasto con quelli della
comunità scientifica; inoltre il CTU aveva del tutto arbitrariamente utilizzato
la correlabilità tra esposizioni a radiofrequenze e neurinoma del nervo
acustico, ipotizzata dal gruppo Hardell, per affermare la relazione causale,
addirittura con giudizio di probabilità qualificata, tra tali radiofrequenze e
il neurinoma del trigemino; doveva al riguardo rilevarsi che la Commissione
scientifica per l'elaborazione e la revisione periodica delle malattie di cui è
obbligatoria la segnalazione ai sensi dell'ari. 139 dpr n. 1124/65, in
occasione dell'aggiornamento dell'elenco approvato con decreto ministeriale
11.12.2009, non aveva ritenuto di dover includere i tumori dei nervi cranici,
indotti da esposizione alle radiofrequenze, tra le malattie di possibile
origine professionale.
1.2Secondo
la giurisprudenza di questa Corte, nel caso di malattia professionale non
tabellata, come anche in quello di malattia ad eziologia multifattoriale, la
prova della causa di lavoro, che grava sul lavoratore, deve essere valutata in
termini di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera
possibilità dell'origine professionale, questa può essere invece ravvisata in
presenza di un rilevante grado di probabilità; a tale riguardo, il giudice deve
non solo consentire all'assicurato di esperire i mezzi di prova ammissibili e ritualmente
dedotti, ma deve altresì valutare le conclusioni probabilistiche del consulente
tecnico in tema di nesso causale, facendo ricorso ad ogni iniziativa ex
officio diretta ad acquisire ulteriori elementi in relazione all'entità ed
all'esposizione del lavoratore ai fattori di rischio ed anche considerando che
la natura professionale della malattia può essere desunta con elevato grado di probabilità
dalla tipologia delle lavorazioni svolte, dalla natura dei macchinari presenti
nell'ambiente di lavoro, dalla durata della prestazione lavorativa e
dall'assenza di altri fattori extralavorativi, alternativi o concorrenti, che
possano costituire causa della malattia (cfr, ex plurimis, Cass., nn.
6434/1994; 5352/2002; 11128/2004; 15080/2009).
La
sentenza impugnata ha fatto applicazione di tali principi, ravvisando, in base
alle considerazioni diffusamente esposte nello storico di lite, la sussistenza
del requisito di elevata probabilità che integra il nesso causale.
Non
è quindi ravvisabile il denunciato vizio di violazione di legge, che si fonda
infatti su una pretesa erronea valutazione (da parte del CTU e della Corte
territoriale) della affidabilità dei dati presi in considerazione al fine di
suffragare tale requisito e, pertanto, sostanzialmente su un vizio di
motivazione (in effetti dedotto con il secondo motivo di ricorso).
Il
motivo all'esame va pertanto disatteso.
2.
Con
il secondo motivo l'Istituto ricorrente denuncia appunto vizio di motivazione,
assumendo che:
-
il CTU di secondo grado, dopo avere evidenziato che la review della The
International Commission on Non-lonizing Radiation Protection aveva concluso
che, allo stato attuale, non vi era una convincente evidenza del ruolo delle
radiofrequenze nella genesi dei tumori, pur non escludendosene l'associazione,
senza consequenzialità logica e senza motivazione aveva tratto la conclusione
della probabilità qualificata di un ruolo almeno concausale delle
radiofrequenze nella genesi della neoplasia per cui è causa;
-
doveva ritenersi priva di qualsivoglia fondamento scientifico la ritenuta
assimilabilità, sul piano eziopatogenetico, del neurinoma del nervo acustico e
di quello del trigemino, essendo "nozione comune" della scienza
medica che tumori dello stesso istotipo, ma con localizzazione diversa, anche
se nell'ambito dello stesso distretto anatomico, riconoscono cause diverse e
che qualsiasi potenziale agente cancerogeno che venga in contatto con il corpo
umano modifica la sua azione a seconda dei tessuti che attraversa o con cui viene
in contatto; e, in effetti, il nervo acustico e il nervo trigemino, in particolare
il ganglio di Gasser, hanno una diversa collocazione nella teca cranica e
diverse sono le strutture anatomiche che li separano dall'esterno e fra loro;
-
la Corte territoriale non aveva risposto alle osservazioni svolte dall'Istituto,
anche con riferimento alla circostanza che era "in corso" uno
studio epidemiologico internazionale "interphone", coordinato dalla
IARC e che l'OMS, in base al principio di precauzione, aveva suggerito "una
politica di gestione del rischio che viene applicata in una situazione
di "incertezza scientifica"';
-
doveva ritenersi inconferente sul piano scientifico l'affermazione della Corte
territoriale circa l'attendibilità, perché indipendente, dello studio del
gruppo Hardell, a fronte del cofinanziamento della ricerca "interphone"
da parte dei produttori di telefoni cellulari, trascurando che tale ricerca
è finanziata dalla Unione Europea e diretta e coordinata dalla IARC (Agenzia
internazionale ricerca sul cancro dell'OMS);
-
neppure la Corte territoriale aveva ritenuto di chiamare il CTU a chiarimenti a
fronte delle ricordate osservazioni critiche.
2.1
La giurisprudenza di legittimità ha reiteratamente affermato che nei giudizi in
cui sia stata esperita CTU di tipo medico-legale, nel caso in cui il giudice
del merito si basi sulle conclusioni dell'ausiliario giudiziario, affinché i
lamentati errori e lacune della consulenza tecnica determinino un vizio di
motivazione della sentenza denunciabile in cassazione, è necessario che i
relativi vizi logicoformali si concretino in una palese devianza dalle nozioni
della scienza medica o si sostanzino in affermazioni illogiche o scientificamente
errate, con il relativo onere, a carico della parte interessata, di indicare le
relative fonti, senza potersi la stessa limitare a mere considerazioni sulle
prospettazioni operate dalla controparte, che si traducono in una inammissibile
critica del convincimento del giudice di merito che si sia fondato, per
l'appunto, sulla consulenza tecnica (cfr, ex plurimis, Cass., nn.
16392/2004;17324/2005; 7049/2007; 18906/2007).
Nel
caso all'esame l'Istituto ricorrente, nel contestare la ritenuta assimilabilità,
sul piano eziopatogenetico, del neurinoma del nervo acustico e di quello del
trigemino, non specifica - rifugiandosi nel concetto di "nozione
comune" - le fonti scientifiche, ritualmente dedotte ed acquisite al
giudizio, in base alle quali avrebbero dovuto
ritenersi scientificamente errate le affermazioni rese al riguardo dal CTU
e seguite dalla sentenza impugnata, finendo per richiedere al riguardo a questa
Corte una valutazione di merito inammissibile in sede di legittimità. Neppure è
dato rilevare il preteso e denunciato vizio di mancanza di consequenzialità
logica e di motivazione in ordine alle conclusioni della probabilità
qualificata di un ruolo almeno concausale delle radiofrequenze nella genesi
della neoplasia per cui è causa, posto che tale giudizio, come diffusamente
esposto nello storico di lite, non discende dalla mera indicazione delle
conclusioni (evidentemente difformi) a cui era pervenuta la ricordata review
della The International Commission on Non-lonizing Radiation Protection, ma, piuttosto,
dai riscontri di altri studi a carattere epidemiologico svolti al riguardo.
Inoltre,
e significativamente, la sentenza impugnata, seguendo le osservazioni del CTU,
ha ritenuto di dover ritenere di particolare rilievo quegli studi che avevano
preso in considerazione anche altri elementi, quali l'età dell'esposizione,
l'ipsilateralità e il tempo di esposizione, atteso che, nella specie, doveva
valutarsi la sussistenza del nesso causale in relazione ad una situazione
fattuale del tutto particolare, caratterizzata da un'esposizione alle
radiofrequenze per un lasso temporale continuativo molto lungo (circa 12 anni),
per una media giornaliera di 5 — 6 ore e concentrata principalmente sull'orecchio
sinistro dell'assicurato (che, com'è di piana evidenza, concretizza una
situazione affatto diversa da un normale uso non professionale del telefono
cellulare).
L'ulteriore
rilievo circa la maggiore attendibilità proprio di tali studi, stante la loro
posizione di indipendenza, ossia per non essere stati cofinanziati, a
differenza di altri, anche dalle stesse ditte produttrici di cellulari,
costituisce ulteriore e non illogico fondamento delle conclusioni accolte.
Né
è stato dedotto - e tanto meno, dimostrato - che le indagini epidemiologiche le
cui conclusioni sono state prese in particolare considerazione provengano da
gruppi di lavoro privi di serietà ed autorevolezza e, come tali,
sostanzialmente estranei alla comunità scientifica.
L'asserita
prevalenza che, secondo il ricorrente, dovrebbe essere attribuita alle
conclusioni di altri gruppi di ricerca (le cui indagini, peraltro, secondo
quanto dedotto, almeno all'epoca del giudizio di merito erano ancora "in
corso"), si risolvono anch'essi nella richiesta di un riesame del
merito, non consentito in sede di legittimità.
Avendo
inoltre la Corte territoriale riscontrato nelle considerazioni già svolte dal
CTU e dal CT di parte M. elementi ritenuti sufficienti a confutare le
osservazioni critiche dell'Istituto, non sussisteva la necessità di investire
ulteriormente il CTU di una richiesta a chiarimenti. Anche il secondo motivo di
ricorso va quindi disatteso.
3.
In definitiva il ricorso va rigettato.
L'esito
fra loro difforme dei giudizi di merito e la novità, sotto il profilo della
peculiarità fattuale, della vicenda dedotta in causa, consigliano la
compensazione delle spese.
P.
Q. M.
La
Corte rigetta il ricorso; spese compensate. Così deciso in Roma il 3 ottobre
2012.
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