Cassazione
penale, sez. IV, 18 maggio 2012, n. 19170
In tema
di circolazione stradale, la Suprema Corte afferma che la stanchezza
(riferibile nella specie alla situazione che precede il c.d. colpo di sonno)
rientra nel concetto di 'malessere" che giustifica la sosta sulla corsia di
emergenza, ai sensi dell'art. 157, comma primo, lett. d), c.d.s.; detto
malessere, infatti, non si esaurisce nella nozione di infermità incidente sulla
capacità intellettiva e volitiva del soggetto prevista dall'art. 88 cod. pen.,
o nell'ipotesi di caso fortuito di cui all'art. 45 cod. pen., ma indica il
disagio e l'incoercibile necessità fisica, ancorché transitoria, che non
consente di proseguire la guida con il dovuto livello di attenzione e che
impone al soggetto, per concrete esigenze di tutela di sé e degli altri utenti
della strada, di interromperla.
Di seguito il testo della sentenza:
RITENUTO IN FATTO
Il 7 gennaio del 2008, alle ore 8,15,
sull'autostrada del Sole A/1, Tizio, conducente dell'auto Ford Focus tg. y, che viaggiava in direzione di Firenze, a causa dello scoppio del
pneumatico posteriore destro, perdeva il controllo del mezzo che,
conseguentemente, deviava in avanti e verso destra; dopo aver effettuato alcune
evoluzioni su se stesso in senso orario, il veicolo suddetto andava ad urtare,
con la propria parte posteriore centro-sinistra, la parte posteriore
dell'autoarticolato x condotto da Caio, fermo sul margine destro della corsia
riservata alla sosta di emergenza. A seguito del violento impatto,
l'autovettura penetrava con buona parte del proprio abitacolo al di sotto del
pianale montacarichi del veicolo semirimorchio, rimanendovi incastrata:
Tizio decedeva sul colpo, mentre gli altri occupanti dell'auto riportavano lesioni personali. Dalla documentazione acquisita si evinceva che l'autoarticolato aveva fatto ingresso in autostrada, attraverso la barriera di Roma Nord, alle ore 7,35. per cui si stimava che il Caio aveva arrestato il veicolo in sosta intorno alle ore 7,40, circa 35 minuti prima del fatto: in proposito risultava smentita la versione resa dal Caio il quale, quanto agli orari, aveva dichiarato di essersi fermato in sosta verso le ore 23 circa della sera precedente perché molto stanco e di essere stato poi svegliato da un urto contro il suo automezzo. Il GUP presso il Tribunale di Roma, con sentenza in data 11.10.2010, dichiarava non doversi procedere perché il fatto non sussiste nei confronti del Caio in ordine al reato di omicidio colposo allo stesso ascritto.
Avverso
tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale
presso la Corte d'Appello di Roma nonché il difensore e procuratore speciale
delle parti civili costituite, deducendo violazione di legge e vizio
motivazionale, in particolare sostenendo che il giudicante avrebbe errato
nell'assimilare al malessere fisiologico la stanchezza, per giustificare la
sosta sulla corsia di emergenza, ed evidenziando che il Caio avrebbe potuto
fermarsi in luogo di sosta più idoneo e non già sulla corsia di emergenza.
Ha
depositato memoria il difensore dell'imputato con argomentazioni finalizzate a
contrastare i proposti ricorsi.
CONSIDERATO
IN DIRITTO
I
ricorsi sono infondati per le ragioni di seguito indicate. Correttamente il GUP
ha inquadrato la stanchezza (riferibile nel caso di specie, all'evidenza, in
quella situazione che precede il pericoloso c.d. "colpo di sonno")
nel concetto di "malessere" che giustifica la sosta sulla corsia di
emergenza ai sensi dell'art. 157 C.d.S., comma 1, lett. d). Invero, il termine
"malessere" non può esaurirsi nella nozione di infermità incidente
sulla capacità intellettiva e volitiva del soggetto come prevista dall'art. 88
c.p., o nell'ipotesi di caso fortuito di cui all'art. 45 c.p., bensì nel lato
concetto di disagio e finanche di incoercibile necessità fisica anche
transitoria che non consente di proseguire la guida con il dovuto livello di
attenzione, e quindi in esso deve necessariamente ricomprendersi la stanchezza
ed il torpore che sono segni premonitori di un colpo di sonno ed impongono al
soggetto, per concrete esigenze di tutela per sè e per gli atri utenti della
strada, di interrompere la guida.
Del tutto legittimamente il GUP ha ritenuto quindi di individuare la causa esclusiva del sinistro nelle anomalie di manutenzione del pneumatico posteriore destro dell'auto condotta dal Tizio (al di sotto dei limiti di gonfiaggio o sottoposto ad eccessivo carico) che ne avevano causato lo scoppio.
Ma c'è di più. Rileva il Collegio che nella concreta fattispecie, manca del tutto la c.d. concretizzazione del rischio in relazione a quelle che sono le finalità della corsia di emergenza posto che la stessa non ha la funzione di garantire l'incolumità di quanti possano sbandare ed invaderla, bensì quella di consentire a mezzi di Polizia e/o di soccorso di raggiungere al più presto, senza intralcio, il luogo dove è necessario portarsi per un'emergenza determinata da incidente o da altra grave necessità. Le ricorrenti parti civili vanno per legge condannate al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna le parti civili ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 13 marzo 2012.
Del tutto legittimamente il GUP ha ritenuto quindi di individuare la causa esclusiva del sinistro nelle anomalie di manutenzione del pneumatico posteriore destro dell'auto condotta dal Tizio (al di sotto dei limiti di gonfiaggio o sottoposto ad eccessivo carico) che ne avevano causato lo scoppio.
Ma c'è di più. Rileva il Collegio che nella concreta fattispecie, manca del tutto la c.d. concretizzazione del rischio in relazione a quelle che sono le finalità della corsia di emergenza posto che la stessa non ha la funzione di garantire l'incolumità di quanti possano sbandare ed invaderla, bensì quella di consentire a mezzi di Polizia e/o di soccorso di raggiungere al più presto, senza intralcio, il luogo dove è necessario portarsi per un'emergenza determinata da incidente o da altra grave necessità. Le ricorrenti parti civili vanno per legge condannate al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna le parti civili ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 13 marzo 2012.
Depositato
in Cancelleria il 18 maggio 2012
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