Cassazione penale, sez. IV, 12 aprile 2012,
n. 13916
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In tema di circolazione
stradale, la Cassazione penale ha affermato che il conducente di un veicolo è
tenuto ad osservare in prossimità degli attraversamenti pedonali la massima
prudenza e a mantenere una velocità particolarmente moderata, tale da
consentire l'esercizio del diritto di precedenza, spettante in ogni caso al
pedone che attraversi la carreggiata nella zona delle strisce zebrate, essendo
al riguardo ininfluente che l'attraversamento avvenga sulle dette strisce o
nelle immediate vicinanze.
Di seguito il testo della
sentenza:
Con
sentenza del 27 febbraio 2009 il G.I.P. del Tribunale di Bergamo dichiarava
Tizio colpevole del delitto di omicidio colposo commesso con violazione delle
norme sulla disciplina della circolazione stradale in danno di Caio e, concesse
le circostanze attenuanti generiche equivalenti all'aggravante contestata,
operata la riduzione per la scelta del rito, lo condannava alla pena di anni
uno di reclusione, con i doppi benefici,con la sospensione della patente di
guida per la durata di mesi sei, nonché al risarcimento dei danni in favore
delle parti civili costituite da liquidarsi in separata sede, al pagamento di
una provvisionale di Euro 100.000 ciascuno in favore di Caietto e Caietta e
alla rifusione delle spese di costituzione e difesa liquidate in Euro 2841,75,
oltre IVA e CPA.
Al Tizio era stato contestato il reato di cui all'art. 589 cod. pen. perché, in data 5.01.2008, mentre era alla guida della sua autovettura, non si avvedeva che Caio stava attraversando la medesima strada in corrispondenza di un attraversamento pedonale e così investiva con la parte anteriore del proprio veicolo il predetto Caio, il quale nell'urto riportava gravi lesioni che ne determinavano il decesso. Avverso la decisione del Tribunale ha proposto appello l'imputato.
Al Tizio era stato contestato il reato di cui all'art. 589 cod. pen. perché, in data 5.01.2008, mentre era alla guida della sua autovettura, non si avvedeva che Caio stava attraversando la medesima strada in corrispondenza di un attraversamento pedonale e così investiva con la parte anteriore del proprio veicolo il predetto Caio, il quale nell'urto riportava gravi lesioni che ne determinavano il decesso. Avverso la decisione del Tribunale ha proposto appello l'imputato.
La Corte di Appello di Brescia in data 29.04.2011, con la sentenza oggetto del presente ricorso, confermava l'impugnata sentenza e condannava l'appellante al pagamento delle maggiori spese processuali.
Avverso la predetta sentenza Tizio, a mezzo del suo difensore, proponeva ricorso per Cassazione chiedendone l'annullamento per i seguenti motivi:
1)
motivazione mancante e manifestamente illogica (art. 606 cod. proc. pen., comma
1, lett. e)); inosservanza ed erronea applicazione delle norme giuridiche di
cui agli artt. 141 e 142 C.d.S., nella parte in cui la Corte di appello ha
ritenuto la colpa del Tizio per non avere ulteriormente ridotto la sua
andatura, nonostante abbia riconosciuto il fatto che egli circolasse alla
velocità di 50 chilometri orari e perciò osservasse il limite vigente in loco
quale esso fosse. Osservava il ricorrente che la tesi dell'accusa postulava la
necessaria riduzione della velocità al di sotto della velocità di 50 km/h,
ancorché fosse vigente il limite ordinario di 90 km/h e il Tizio circolasse
alla velocità di 50 km/h. Pertanto, ad avviso del ricorrente, dal momento che
la sentenza impugnata non indicava le circostanze di fatto tali da imporre, a
fronte del vigente limite di 90 Km/h, l'ulteriore riduzione dell'andatura al di
sotto della velocità di 50 km/h (velocità che corrisponde al limite previsto
dal legislatore per la circolazione all'interno dei centri abitati, ex lege
idoneo ad assicurare la sicurezza della circolazione nelle strade
caratterizzate da intrinseca pericolosità quali le strade comprese nei centri
abitati), la motivazione della stessa sarebbe mancante e manifestamente
illogica, nella parte in cui non indicava le ragioni atte ad imporre
l'ulteriore riduzione dell'andatura al di sotto del limite previsto per i
centri abitati, ove sia vigente, come nella specie, il generale limite di 90
Km/h e nella parte in cui riteneva priva di grande rilevanza la circostanza se
in loco vigesse il limite dei 50 km/h o quello relativo alle strade
provinciali. 2) Mancanza e manifesta illogicità della motivazione; inosservanza
delle norme di cui agli artt. 40 e 43 c.p. nella parte in cui la Corte di
appello, omettendo di valutare le ragioni atte a giustificare l'incidenza
eziologica della ritenuta condotta colposa, non osservava i principi elaborati
dalla giurisprudenza di legittimità in materia di "causalità della colpa"
(art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e)). Sul punto la motivazione della
sentenza impugnata sarebbe erronea e mancante in quanto, a fronte della
constatazione, contenuta nella sentenza di primo grado, del fatto che il pedone
aveva attraversato la carreggiata in modo del tutto repentino, circostanza
rilevata altresì dal consulente tecnico, nulla aveva detto in merito alla
effettiva sussistenza, nella specie, del requisito della "causalità della
colpa", al fine di poter stabilire se, ove il Tizio avesse ulteriormente
rallentato l'andatura, l'investimento potesse ritenersi evitabile; oppure se,
in considerazione dell'attraversamento repentino da parte del pedone,
l'investimento dovesse ritenersi comunque inevitabile. Inoltre, ad avviso del
ricorrente, essendo l'attraversamento avvenuto oltre le strisce pedonali e al
di fuori di esse, alla rilevante distanza di oltre quattro metri, non era
possibile prospettare alcun obbligo a carico del conducente di arrestarsi e
dare la precedenza per il solo fatto della presenza del pedone sulla banchina
stradale. 3) Manifesta illogicità della motivazione; inosservanza dell'art. 69
c.p. nella parte in cui la corte di appello ha negato la prevalenza delle
circostanze attenuanti generiche sulla scorta della gravità della colpa
dell'imputato. Secondo il ricorrente la motivazione della sentenza impugnata
era manifestamente illogica laddove aveva negato la prevalenza delle
circostanze attenuanti generiche sulla base della non scarsa rilevanza della
colpa, elemento di fatto che non poteva essere considerato a tal fine.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I
proposti motivi di ricorso non sono fondati.
Si
osserva infatti (cfr. Cass., Sez. 4, Sent. n. 4842 del 2.12.2003, Rv. 229369)
che, nel momento del controllo della motivazione, la Corte di Cassazione non
deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei
fatti, ne' deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare
se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di
una plausibile opinabilità di apprezzamento; ciò in quanto l'art. 606 c.p.p.,
comma 1, lett. e) non consente a questa Corte una diversa lettura dei dati
processuali o una diversa interpretazione delle prove, perché è estraneo al
giudizio di legittimità il controllo sulla correttezza della motivazione in
rapporto ai dati processuali. Tanto premesso la motivazione della sentenza
impugnata appare logica e congrua e supera quindi il vaglio di questa Corte nei
limiti sopra indicati. I giudici della Corte di appello di Brescia hanno
infatti chiaramente evidenziato gli elementi da cui hanno dedotto la
sussistenza della responsabilità di Tizio in ordine al reato ascrittogli. In
particolare hanno evidenziato che l'art. 141 C.d.S., impone al conducente di un
veicolo di regolare la velocità in modo che, avuto riguardo alle
caratteristiche, allo stato ed al carico del veicolo stesso, alle
caratteristiche e alle condizioni della strada e del traffico e ad ogni altra
circostanza di qualsiasi natura, sia evitato ogni pericolo per la sicurezza e
prevede inoltre che il conducente deve conservare il controllo del proprio
veicolo ed essere in grado di compiere tutte le manovre necessarie in
condizione di sicurezza, specialmente l'arresto del veicolo entro i limiti del
suo campo di visibilità. Hanno quindi correttamente ritenuto la responsabilità
del Tizio, il quale avrebbe dovuto ridurre al minimo la velocità, dal momento
che vi era scarsa visibilità per pioggia battente e scarsa illuminazione,
traffico intenso, nonché una ripetuta segnaletica che indicava la vicinanza di
un attraversamento pedonale, in prossimità del quale il conducente aveva
l'obbligo di fermarsi, allorquando, come nella fattispecie che ci occupa, non
aveva visibilità sufficiente che gli consentisse di controllare il veicolo. Non
aveva quindi rilevanza la circostanza che sul luogo dell'incidente vigesse il
limite dei 50 chilometri orari, ovvero quello relativo alle strade provinciali,
dal momento che in quel luogo e in quelle condizioni di tempo il conducente
aveva l'obbligo di regolare la velocità ben al di sotto del minimo.
Correttamente poi la sentenza impugnata ha ritenuto prevedibile l'evento,
atteso che è assolutamente prevedibile che un pedone attraversi la strada in
prossimità delle strisce pedonali. Nè poteva assumere rilievo la circostanza
che il pedone avesse attraversato la strada fuori dalle strisce pedonali, a
circa quattro metri dalle stesse in quanto se il Tizio fosse colà giunto a
velocità moderata, ben avrebbe potuto accorgersi del pedone che stava
attraversando la strada ed evitare l'evento. Sul punto la sentenza impugnata ha
fatto corretto riferimento alla condivisibile giurisprudenza di questa Corte
(cfr., Cass., Sez. 4, Sent. n. 6752 del 28.05.1981, Rv. 149692), secondo cui in
prossimità degli attraversamenti pedonali il conducente di un veicolo è tenuto
ad osservare la massima prudenza e a mantenere una velocità particolarmente
moderata tale da consentire l'esercizio del diritto di precedenza spettante in
ogni caso al pedone, che attraversi la carreggiata nella zona delle strisce
zebrate, essendo al riguardo ininfluente che l'attraversamento stesso avvenga
sulle dette strisce o nelle immediate vicinanze.
Infine,
sulla base delle argomentazioni di cui sopra, da cui si desume un elevato grado
di colpa in capo all'odierno ricorrente, correttamente la Corte territoriale ha
riconosciuto al Tizio le circostanze attenuanti generiche soltanto con giudizio
di equivalenza rispetto all'aggravante contestata.
Il ricorso proposto deve essere quindi rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 27 marzo 2012.
Il ricorso proposto deve essere quindi rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 27 marzo 2012.
Depositato
in Cancelleria il 12 aprile 2012
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