Cassazione
penale, Sezioni Unite, 10 giugno 2013, n. 25401.
MASSIMA
Anche
all'esito delle modifiche apportate dalla legge 21 febbraio 2006, n.
49 all'art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, il c.d. consumo di
gruppo di sostanze stupefacenti, sia nell'ipotesi di acquisto
congiunto, che in quella di mandato all'acquisto collettivo ad uno
dei consumatori, non è penalmente rilevante, ma integra l'illecito
amministrativo sanzionato dall'art. 75 stesso d.P.R., a condizione
che: a) l'acquirente sia uno degli assuntori; b) l'acquisto avvenga
sin dall'inizio per conto degli altri componenti del gruppo; c) sia
certa sin dall'inizio l'identità dei mandanti e la loro manifesta
volontà di procurarsi la sostanza per mezzo di uno dei compartecipi,
contribuendo anche finanziariamente all'acquisto. (In motivazione, la
S.C. ha precisato che con il riferimento all'uso "esclusivamente
personale", inserito dall'art. 4-bis del D.L. n. 272 del 2005,
conv. in legge n. 49 del 2006, il legislatore non ha introdotto una
nuova norma penale incriminatrice, con una conseguente restrizione
dei comportamenti rientranti nell'uso personale dei componenti del
gruppo, ma ha di fatto ribadito che la non punibilità riguarda solo
i casi in cui la sostanza non è destinata a terzi, ma all'utilizzo
personale degli appartenenti al gruppo che la codetengono).
SENTENZA
RITENUTO
IN FATTO
1.
Ad G.A. vennero contestati i reati di cui: A) al D.P.R. 9 ottobre
1990, n. 309, art. 73, comma 1 bis, come modificato dalla L. 21
febbraio 2006, n. 49, per avere, dopo l'acquisto di eroina in comune
con P.A., proceduto al consumo di gruppo dello stupefacente con il
P., in tal modo detenendo sostanza stupefacente destinata ad un uso
non esclusivamente personale (destinata al consumo comune) e per
averla comunque ceduta ai P.; B) all'art. 586 c.p., in relazione
all'art. 589 c.p., perchè dal fatto-reato di cui al capo A), era
derivata, come conseguenza non voluta, la morte di P.A., deceduto per
edema polmonare acuto conseguente all'assunzione dell'eroina
acquistata in comune con G.A..
Il
Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Avellino, con
sentenza del 28 giugno 2011, dichiarò non luogo a procedere per i
reati di cui ai capi A) e B), perchè il fatto non sussiste,
condividendo l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale, anche
a seguito delle modifiche apportate al D.P.R. n. 309 del 1990, dalla
legge n. 49 del 2006, l'uso di gruppo di sostanze stupefacenti non
assume rilevanza penale allorquando ricorrano alcune condizioni, che
nella specie erano presenti, sussistendo una comune ed originaria
finalità dei due soggetti di acquisto dello stupefacente per
destinarlo al proprio fabbisogno personale; la partecipazione di
entrambi alla spesa occorrente; la previsione delle modalità di
consumo; la qualità di assuntore in capo all'acquirente e la
cessione della droga direttamente all'altro. Venuta meno la
configurabilità del delitto di cui al capo A), mancava il
presupposto del reato di cui all'art. 586 c.p..
2.
La parte civile G.C. moglie del P. (costituita anche quale esercente
la potestà genitoriale sui due figli minorenni), propone ricorso per
cassazione denunciando inosservanza ed erronea applicazione della
legge penale e deducendo, in particolare, che il c.d. uso di gruppo
di sostanze stupefacenti, nella duplice ipotesi del mandato
all'acquisto e dell'acquisto in comune, risulta ora penalmente
sanzionato a seguito delle modifiche introdotte dalla L. n. 49 del
2006. Osserva che con l'aggiunta dell'avverbio "esclusivamente"
nel testo del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis, lett. a),
il legislatore, in coerenza con la ratio legis della riforma diretta
a contrastare la diffusione della droga, ha inteso circoscrivere
l'area del penalmente irrilevante a quei limitati casi in cui
l'acquisto e la detenzione sono finalizzati al solo, esclusivo, uso
di chi sia trovato in possesso di un minimo quantitativo di
stupefacente. Di conseguenza, si imporrebbe oggi una interpretazione
più restrittiva di quella affermatasi in precedenza, in quanto il
c.d. uso di gruppo ontologicamente non può essere un uso
esclusivamente personale. Aggiunge che la tesi dell'irrilevanza
penale potrebbe, al più, valere per l'ipotesi di acquisto e di
successivo consumo in comune di sostanze stupefacenti, ma non anche
per quella, ricorrente nella specie, di mandato ad acquistare, che
produce un'indebita diffusione della sostanza stupefacente da chi
materialmente acquista la droga a chi si limita ad assumerla.
3.
La Quarta Sezione penale, assegnataria del ricorso, con ordinanza del
16 ottobre 2012, ha rimesso alle Sezioni Unite la risoluzione della
questione, oggetto di contrasto giurisprudenziale, relativa alla
rilevanza penale del c.d. "uso di gruppo di sostanze
stupefacenti" a seguito della novella legislativa introdotta
dalla L. n. 49 del 2006.
L'ordinanza
ricorda che la questione era già stata risolta dalla sentenza delle
Sezioni Unite n. 4 del 28/05/1997, Iacolare, con l'affermazione del
principio che "non sono punibili e rientrano nella sfera
dell'illecito amministrativo di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309,
art. 75, l'acquisto e la detenzione di sostanze stupefacenti
destinate all'uso personale che avvengano sin dall'inizio per conto e
nell'interesse anche di soggetti diversi dall'agente, quando è certa
fin dall'inizio l'identità dei medesimi nonchè manifesta la loro
volontà di procurarsi le sostanze destinate al proprio consumo".
Questa
soluzione si fondava sulla omogeneità teleologia della condotta del
procacciatore e degli altri componenti del gruppo, che caratterizza
la detenzione nel senso di una comune codetenzione idonea ad impedire
che il primo si ponga in rapporto di estraneità e quindi di
diversità rispetto ai secondi, con conseguente impossibilità di
connotare la sua condotta quale cessione.
Il
nuovo testo del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis, come
modificato dalla L. n. 49 del 2006, però, ora punisce penalmente chi
illecitamente detiene sostanze stupefacenti o psicotrope che, sulla
base dei parametri indicati, "appaiono destinate ad un uso non
esclusivamente personale", mentre il novellato art. 75 sottopone
a sanzioni amministrative chi detiene tali sostanze fuori
dall'ipotesi di cui all'art. 73, comma 1 bis, ossia chi le detiene
per un uso "esclusivamente personale". Sono quindi mutate
sia la struttura normativa sia quella semantica, perchè, nell'art.
73, è stato introdotto l'avverbio "esclusivamente" che non
esisteva nel previgente art. 75.
L'ordinanza
ricorda che alcune decisioni hanno ritenuto che il legislatore ha
così inteso reprimere in modo più severo ogni attività connessa
alla circolazione, vendita e consumo di sostanze stupefacenti e che
l'introduzione dell'avverbio "esclusivamente" deve condurre
ad un'interpretazione più restrittiva di quella in precedenza data
al sintagma "uso personale", con la conseguenza che la
fattispecie del c.d. uso di gruppo non può più farsi rientrare
nell'ipotesi di consumo esclusivamente personale, stante la quantità
e le modalità di presentazione dello stupefacente acquistato.
Altre
decisioni hanno invece confermato il precedente indirizzo, ribadendo
che il consumo di gruppo di sostanze stupefacenti, conseguente al
mandato all'acquisto collettivo ad uno degli assuntori e nella
certezza originaria dell'identità degli altri, continua a non essere
punibile penalmente. Ciò perchè l'avverbio "esclusivamente"
costituisce un'aggiunta ridondante, superflua e pleonastica. Inoltre,
la preliminare adesione dei partecipanti al progetto comune di fare
dello stupefacente un uso esclusivamente personale, esclude che chi
acquista su incarico degli altri si ponga in una posizione di
estraneità rispetto ai mandanti.
4.
Con decreto in data 12 novembre 2012, il Primo Presidente ha
assegnato il ricorso alle Sezioni Unite penali, fissandone per la
trattazione l'odierna udienza.
CONSIDERATO
IN DIRITTO
1.
La questione di diritto per la quale il ricorso è stato rimesso alle
Sezioni Unite è la seguente: "se, a seguito della novella
introdotta dalla L. n. 49 del 2006, il consumo di gruppo di sostanze
stupefacenti, nella duplice ipotesi di mandato all'acquisto o
dell'acquisto comune, sia o meno penalmente rilevante".
2.
La questione si risolve, in sostanza, nello stabilire se il
precedente diritto vivente, per come affermato dalla unanime e
costante giurisprudenza a seguito della sentenza delle Sezioni Unite
ric. Iacolare del 1997, abbia subito modifiche per effetto delle
norme recate dalla L. 21 febbraio 2006, n. 49. E' quindi necessario
richiamare, sìa pur brevemente, l'evoluzione normativa e
giurisprudenziale sul punto.
E'
stato esattamente rilevato che la locuzione "consumo o uso di
gruppo" è fuorviante, sia perchè eccessivamente generica e
comprensiva di situazioni eterogenee, sia perchè si incentra sul
momento finale del consumo della sostanza stupefacente, mentre
l'aspetto rilevante è quello iniziale dell'acquisto, oltre a quello
successivo della detenzione. In realtà, quando si parla di consumo
di gruppo, si fa di solito riferimento a due diverse situazioni: a) a
quella in cui due o più soggetti acquistino congiuntamente sostanza
stupefacente per farne uso personale e poi la detengano (in modo
indiviso o meno) in una quantità necessaria a soddisfare il
fabbisogno di tutti; b) a quella in cui un solo soggetto acquisti, a
seguito di mandato degli altri, sostanza stupefacente destinata al
consumo personale suo e dei mandanti, fra i quali poi la ripartisca.
Peraltro,
come si vedrà, alle due situazioni non può darsi un trattamento
differenziato sotto il profilo qui in esame.
3.
Il testo originario del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73,
prevedeva un reato a condotta plurima, che puniva chi "senza
l'autorizzazione coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende,
offre o mette in vendita, cede o riceve, a qualsiasi titolo,
distribuisce, commercia, acquista, trasporta, esporta, importa,
procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per
qualunque scopo o comunque illecitamente detiene, fuori dalle ipotesi
previste dagli artt. 75 e 76, sostanze stupefacenti o psicotrope".
Il successivo art. 75, poi, estrapolava tre di queste condotte -
l'importazione, l'acquisto e la detenzione della sostanza
stupefacente - caratterizzate dalla finalità specifica dell'agente
di farne un uso personale e, nell'ambito delle stesse, operava una
distinzione tra illecito penale e illecito amministrativo sulla base
del criterio quantitativo della dose non superiore a quella media
giornaliera.
Nella
vigenza di questa disposizione, la giurisprudenza assolutamente
prevalente riconosceva la punibilità di entrambe le ipotesi
rientranti nel c.d. uso di gruppo, ritenendo che esso integrasse gli
estremi del concorso nel reato in relazione all'intero quantitativo
acquistato da o per il gruppo, e non invece la detenzione di una
quota ideale da parte di ciascun componente del gruppo, e che la
ripartizione dello stupefacente tra i codentori importasse una
reciproca cessione di parti del quantitativo codetenuto, simile ad
ogni altra forma di cessione. Ciò in quanto la condotta del singolo
codentore era considerata priva di autonomìa, perchè avente ad
oggetto gli obiettivi comuni perseguiti dagli altri (Sez. 6, n. 900
del 19/09/1992, Tognali, Rv. 192060; Sez. 6, n. 7230 del 22/04/1992,
Bolognini, Rv. 190709; Sez. 4, n. 9552 del 04/02/1991, Aloisi, Rv.
188196).
4.
Per effetto dell'esito referendario sancito dal D.P.R. 5 giugno 1993,
n. 171 (con il quale, tra l'altro, furono eliminate dall'art. 75
cit., la parole "in dose non superiore a quella media
giornaliera") venne meno questa limitazione quantitativa, sicchè
le tre condotte contemplate dall'art. 75, ove finalizzate all'uso
personale, vennero interamente attratte nell'area dell'illecito
amministrativo divenendo estranee a quella del penalmente rilevante.
La
Corte costituzionale, con le sentenze n. 360 del 1995 e n. 296 del
1996, sottolineò che l'intervento popolare aveva comportato anche
una parziale modifica della stessa strategia di contrasto della
diffusione della droga, nel senso che era stata isolata la posizione
del tossicodipendente e del tossicofilo rispetto ai veri protagonisti
del mercato degli stupefacenti, rendendo tale soggetto destinatario
unicamente di sanzioni amministrative, significative peraltro del
perdurante disvalore attribuito alla attività di assunzione di
sostanze stupefacenti. Ciò non sulla base della situazione
soggettiva dell'agente, ma sulla base oggettiva della condotta e
dell'elemento teleologia) della destinazione dello stupefacente
all'uso personale. La Corte precisò che in tal modo il legislatore
aveva tracciato "una cintura protettiva del consumo, volta ad
evitare il rischio che l'assunzione di sostanze stupefacenti possa
indirettamente risultare di fatto assoggettata a sanzione penale";
e che in "quest'area di rispetto ricadono comportamenti
immediatamente precedenti essendo di norma la detenzione (spesso
l'acquisto, talvolta l'importazione) l'antecedente ultimo
dell'assunzione; ed è l'elemento teleologia) della destinazione
della droga all'uso personale ad assicurare (secondo l'id quod
plerumque accidit) tale nesso di immediatezza" tra detenzione e
consumo.
4.1.
Dopo l'abrogazione referendaria, sulla questione oggi in esame si
sviluppò un contrasto giurisprudenziale simile a quello attuale.
Un
primo orientamento sosteneva che l'esito del referendum non aveva
avuto alcuna conseguenza sulla punibilità del c.d. consumo di
gruppo. Si osservava - con argomentazioni che non appaiono dissimili
da molte di quelle poste ancora oggi a sostegno della tesi più
restrittiva - che l'art. 75, riferendosi all'"uso personale",
lascia ben intendere la volontà di circoscrivere, in modo rigoroso,
l'illecito amministrativo soltanto alla persona del "consumatore",
al di fuori di qualunque forma di rapporto con altro o con altri
soggetti, che avesse comunque ad oggetto sostanze stupefacenti (Sez.
6, n. 2441 del 25/05/1994, Corba, Rv. 199566); che l'uso di gruppo
implica la cessione sia pur parziale della droga a terzi e quindi
esclude almeno in parte l'uso personale (Sez. 4, 18/01/1994,
Trainito, non mass.); che la cessione, anche se conseguente ad un
acquisto per uso personale proprio e del cessionario, rientra
comunque nelle ipotesi di reato del procurare o del consegnare droga
ad altri (Sez. 4, 02/10/1996, Granata, non mass.; Sez. 4, Trainito,
cit); che ogni situazione di acquisto comune o di codetenzione
determina un vincolo solidale tra i membri del gruppo, con una
gestione di fatto societaria, inerente all'acquisto e
all'utilizzazione della sostanza, che esula dalla esclusiva sfera
personale a base dell'ipotesi di illecito amministrativo; ciò perchè
il coinvolgimento degli altri soggetti del gruppo conferisce alla
detenzione un carattere ultra-individuale, attraverso una
socializzazione della stessa detenzione e del consumo, tale da dover
essere apprezzata penalmente (Sez. 1, n. 5548 del 06/11/1995,
Cavessi, Rv. 202938); che tutt'al più la destinazione all'uso di
gruppo potrebbe far ravvisare l'attenuante del fatto di lieve entità
(Sez. 4, n. 6895 del 31/01/1994, Tofani, Rv. 198665).
4.2.
Un opposto, e più consistente, orientamento affermava invece che, in
base al testo del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 75, quale risultante a
seguito dell'abrogazione referendaria, l'acquisto congiunto o su
mandato e la codetenzione di sostanze stupefacenti destinate all'uso
personale di ciascuno dei detentori non erano più previsti dalla
legge come reato (Sez. 6, n. 1324 del 04/11/1996, dep. 13/02/1997,
Deminicis, Rv. 208182; Sez. 6, n. 20692 del 04/11/1994, dep.
28/02/1995, Bertolani, Rv. 200552; Sez. 6, n. 1948 del 29/11/1993,
Molin, Rv. 197092).
Si
osservava che tale codetenzione riguarda una situazione di fatto
unitaria, caratterizzata da un rapporto intimo che si stabilisce e si
esaurisce fra i soggetti, codetentori di singole quote ideali, dalla
quale non può derivare a priori un concorso nel reato di detenzione
di droga a fine di spaccio, nel presupposto astratto di una presunta
cessione reciproca di quote oppure per effetto di una possibile
disponibilità, da parte di ciascun codetentore, dell'intero
quantitativo della sostanza stupefacente; che, infatti, per aversi
concorso occorre una prova certa che, travalicando il fatto unitario
e le ragioni specifiche della codetenzione della sostanza, dimostri,
in modo concreto ed inequivoco, che tale situazione, di per sè
neutra, sia finalizzata all'attività di spaccio all'interno del
gruppo dei codetentori oppure nei confronti di terzi (Sez. 6, n. 215
del 30/10/1996, dep. 15/01/1997, Lorè, Rv. 207111; Sez. 4, n. 776
del 27/05/1994, Gomiero, Rv. 199553); che la prova certa della
destinazione allo spaccio non può essere desunta nè dal solo
quantitativo della sostanza (la cui rilevanza non è incompatibile
con la destinazione all'uso personale), nè dalla consegna ai
componenti del gruppo, dal momento che fin dall'acquisto ciascuno di
essi ottiene il possesso e la disponibilità del quantitativo secondo
la quota di spettanza (Sez. 6, n. 1620 del 18/04/1997, Miccoli, Rv.
208289).
In particolare, si affermava che la fattispecie deve qualificarsi fin
dall'inizio come acquisto e possesso per uso personale ad opera dei
vari interessati della porzione di sostanza destinata al proprio
consumo, rimanendo irrilevante il successivo atto concreto di
divisione (Sez. 4, n. 1990 del 12/01/1996, Villani, Rv. 204461; Sez.
4, n. 6994 del 04/05/1994, Bonsignore, Rv. 198676;), il quale non
costituisce una cessione, ma semplice operazione materiale con cui
ciascuno viene in possesso del quantitativo destinato fin dall'inizio
al suo uso personale (Sez. 6, n. 10749 del 05/11/1996, Consoli, Rv.
206334; Sez. 4, n. 1113 del 23/11/1995, dep. 01/02/1996, Matrone, Rv.
204055; Sez. 4, n. 8938 del 14/07/1995, Residori, Rv. 202926; Sez. 4,
n. 6483 del 01/03/1995, Muralo, Rv.
201703);
che dunque non è punibile chi acquisti o detenga droga su incarico
di altri che intendano farne uso esclusivamente personale quando il
soggetto sia anch'egli uno degli assuntori, poichè la sua azione è
intesa all'utilizzo diretto del gruppo, come longa manus del quale
egli agisce (Sez. 6, n. 4658 del 21/03/1997, Franzè, Rv.
207486;
Sez. 4, n. 199 del 19/12/1996, dep. 15/1/1997, Di Stefano, Rv.
207157). Si precisava, peraltro, che per configurare questa ipotesi e
non una cessione, eventualmente gratuita, a terzi, occorre che
ciascun partecipante al gruppo abbia sin dall'inizio coscienza e
volontà di acquistare la propria parte di sostanza stupefacente per
destinarla al suo uso personale (Sez. 6, 09/01/1993, Gradi, non
mass.) e che la stessa sia destinata al consumo esclusivo dei
partecipanti (Sez. 4, n. 8013 del 12/07/1996, Del Conte, Rv. 205830).
5.
Il contrasto, com'è noto, venne risolto a favore dell'orientamento
meno restrittivo da queste Sezioni Unite con la sentenza n. 4 del
28/05/1997, Iacolare, Rv. 208216, la quale affermò il principio che
non sono punibili, e rientrano pertanto nella sfera dell'illecito
amministrativo di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 75,
l'acquisto e la detenzione di sostanze stupefacenti destinate all'uso
personale che avvengano sin dall'inizio per conto e nell'interesse
anche di soggetti diversi dall'agente, quando è certa fin
dall'inizio l'identità dei medesimi nonchè manifesta la loro
volontà di procurarsi le sostanze destinate al proprio consumo.
Le
Sezioni Unite, dopo avere richiamato quanto evidenziato dalle
sentenze n. 360 del 1995 e n. 296 del 1996 della Corte costituzionale
in relazione alla "cintura protettiva" riservata al consumo
personale contro i rischi di sanzione penale, osservarono che non ha
rilievo penale il consumo personale e quanto lo precede
immediatamente, sempre che si esaurisca nella sfera personale
dell'assuntore e quindi non riguardi la condotta del trafficante o
del cedente. Sennonchè, "anche nell'ipotesi del gruppo la
detenzione comunque costituisce l'antecedente del consumo, ed
inerisce al rapporto tra assuntore e sostanza in vista dell'uso
personale, con esclusione dell'intermediazione di soggetti diversi
(Corte Cost. n. 296 del 1996), non potendo essere considerati tali
quanti detengono per se stessi e per colui che sin dall'acquisto ha
titolo per conseguire l'utilità relativa alla parte della sostanza a
lui destinata". Ciò sempre che l'acquisto e la detenzione
avvengano fin dall'inizio per conto anche degli altri soggetti di cui
sia certa l'identità e manifesta la volontà di procurarsi la
sostanza destinata al consumo personale.
La
sentenza evidenziò poi che ciò che consente di considerare
l'acquisto e la detenzione da parte di alcuni come antecedente
immediato del consumo degli altri è la presenza di una omogeneità
teleologica nella condotta dei primi rispetto allo scopo degli altri:
"solo
questa omogeneità impedisce che il procacciatore si ponga in un
rapporto di estraneità e quindi di diversità rispetto agli altri
componenti del gruppo, con conseguente connotazione della sua
condotta quale cessione". Dunque, quando l'acquisto avviene per
il consumo di ciascun componente del "gruppo", e quindi
dello stesso procacciatore, sulla base di una comune volontà
iniziale, l'omogeneità teleologica caratterizza necessariamente
anche la detenzione quale codetenzione, la quale, in quanto
antecedente immediato del consumo di ciascun soggetto, si presta ad
una immediata "dissoluzione" in autonomi rapporti tra
singolo soggetto e sostanza, corrispondenti all'utilità prò quota
che ciascuno sin dall'inizio si riprometteva di conseguire.
Di
conseguenza, è irrilevante distinguere tra l'ipotesi di acquisto
contestuale da parte di più soggetti, che insieme detengono e poi
suddividono la sostanza, e l'ipotesi in cui un componente di un
gruppo acquisti anche per conto degli altri e poi suddivida la
sostanza. Ciò perchè entrambe le ipotesi "attengono pur sempre
ad una codetenzione quale antecedente immediato rispetto al consumo
da parte dei componenti del gruppo; con la sola differenza che nel
secondo caso l'acquirente-assuntore agisce sulla base di un mandato
ricevuto dagli altri, con effetti però equivalenti quanto ad
acquisto ed a disponibilità della sostanza (vedi: artt. 1388 e 1706
c.c.)". Poichè quindi chi riceve la sostanza ne è
sostanzialmente già proprietario per averla già acquistata come
quota di un quantitativo indiviso, la consegna non costituisce
cessione o spaccio, ma mera attività esecutiva della divisione del
quantitativo comune. Qualora invece l'acquirente non sia anche
assuntore oppure non abbia avuto alcun mandato, la sua condotta si
pone in rapporto di diversità teleologica rispetto agli altri
soggetti, cosicchè egli assume la qualità di cedente e il suo
comportamento rientra nello schema del traffico di droga.
Le
Sezioni Unite osservarono altresì che una diversa interpretazione
comporterebbe una illogica disparità di trattamento perchè lo
stesso soggetto rimarrebbe esposto a sanzione amministrativa per la
quota destinata al consumo personale ed a sanzione penale per la
parte consegnata agli altri comproprietari assuntori cui era
destinata fin dall'inizio. Sottolinearono infine che l'irrilevanza
penale riguarda una condotta incentrata sul consumo personale ed
attinente ai "comportamenti immediatamente precedenti" e
strumentali all'assunzione, e perciò da ritenersi estranea "alla
diffusione della droga ovvero all'incremento ed all'incentivo del
mercato relativo, proprio perchè circoscritta alla persona del
consumatore", sicchè non è destinatala di quel giudizio di
disvalore comportante l'applicazione della sanzione penale. Il dato
quantitativo può essere assunto quale indice sintomatico di una
destinazione ad un uso, in tutto o in parte, non personale, ma non
quale discrimen dell'ipotesi depenalizzata; il che deve valere non
solo nel caso di singolo detentore-assuntore, ma anche "in caso
di codetenzione di sostanza destinata ad uso personale da parte di
ciascuno dei detentori".
La
soluzione della sentenza Iacolare è stata poi unanimemente
condivisa, diventando così vero e proprio diritto vivente, dalla
giurisprudenza successiva, la quale in sostanza, si è limitata a
precisare, nei singoli casi concreti, gli elementi occorrenti per
dare luogo al c.d. consumo di gruppo, escluso dall'ambito penale.
In
particolare, è stato, tra l'altro, ribadito che "se l'acquisto
e il consumo rimangono circoscritti all'interno del gruppo degli
assuntori, è irrilevante che la sostanza sia detenuta da uno solo di
essi, in quanto l'intero quantitativo è idealmente divisibile in
quote corrispondenti al numero dei menzionati partecipanti, mentre,
in difetto, sussiste il reato di cessione, sia pure gratuita, a terzi
di sostanza stupefacente" (Sez. 4, n. 35682 del 10/07/2007, Di
Riso, Rv. 237776); e che il c.d. uso di gruppo è ravvisabile quando
l'acquisto e la detenzione della droga, destinata all'uso personale,
avvengano sin dall'inizio per conto e nell'interesse anche di
soggetti di cui fin dall'inizio sia certa l'identità e manifesta la
volontà di procurarsi la sostanza per il proprio consumo (Sez. 6, n.
31456 del 03/06/2004, Altobelli, Rv. 229272), sicchè la consegna
delle rispettive quote rappresenta l'esecuzione di un precedente
accordo tra l'agente e gli altri soggetti, che non si pongono quindi
in posizione di estraneità rispetto al cedente, bensì come
codetentori fin dall'acquisto, eseguito anche per loro conto (Sez. 5,
n. 31443 del 04/07/2006, Roncucci, Rv. 235213; Sez. 4, n. 34427 del
10/06/2004, Inglese, Rv. 229693; Sez. 4, n. 10745 del 29/11/2000,
dep. 16/03/2001, Catania, Rv. 218778; Sez. 6, n. 9075 del 04/06/1999,
De Carolis, Rv. 214070). Occorre dunque la prova che la sostanza sia
acquistata da uno dei partecipanti al gruppo su preventivo mandato
degli altri, in vista della futura ripartizione, "di talchè
possa affermarsi che l'acquirente agisca come longa manus degli altri
e che il successivo frazionamento della sostanza acquisita sia solo
una operazione materiale di divisione" (Sez. 6, n. 37078 del
01/03/2007, Antonini, Rv. 237274; Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003,
dep. 06/02/2004, Elia, Rv. 229368).
Si
afferma generalmente che l'accordo deve avvenire attraverso una
partecipazione di tutti alla predisposizione dei mezzi finanziari
occorrenti (Sez. 4, n. 7939 del 14/01/2009, D'Aniello, Rv. 243870;
Sez.
6, n. 37078 del 01/03/2007, Antonini, Rv. 237274; Sez. 4, n. 12001
dell'I 1/05/2000, Acqua, Rv. 217893). Diverse decisioni hanno
peraltro precisato che ciò non richiede anche che la raccolta del
denaro sia antecedente rispetto all'acquisto, dal momento che ciò
che rileva è la "dimostrazione dell'esistenza di un preventivo
incarico all'acquisto dato dal gruppo ad uno dei partecipanti, in
vista della futura materiale divisione e apprensione fisica della
quota di ognuno, dovendo escludersi sia l'ulteriore condizione del
previo versamento della somma necessaria all'acquisto da parte di
tutti, sia la sussistenza di una precedente intesa in ordine al luogo
e ai tempi del successivo consumo" (Sez. 6, n. 28318 del
03/06/2003, Orsini, Rv. 225684); essendo invero necessario che la
sostanza sia destinata al comune consumo personale e non anche alla
fruizione contestuale (Sez. 4, n. 37989 del 07/07/2008, Gazzabin, Rv.
242015).
Ciò
in quanto il preventivo accordo può anche essere tacito ed
implicito, potendosi desumere la volontà comune da elementi
sintomatici altri rispetto alla preventiva raccolta del denaro,
"quali il rapporto di amicizia tra l'acquirente e gli altri
consumatori, l'effettiva consumazione della sostanza da parte di
tutti quanti nelle stesse circostanze di tempo e di luogo, l'unicità
della confezione contenente la sostanza" (Sez. 6, n. 29174 del
10/03/2008, Del Conte, Rv. 240580; Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003,
dep. 06/02/2004, Elia, Rv. 229368, cit; Sez. 6, n. 43670 del
18/09/2002, Di Domenico, Rv. 222811; Sez. 6, n. 9075 del 04/06/1999,
De Carolis, Rv. 214070).
Se
invece il procacciatore non agisca per conto altrui sulla base di un
preventivo accordo, o agisca su mandato di terzi senza essere a sua
volta assuntore, viene allora meno quella omogeneità teleologia che
rende assimilabile la codetenzione per uso di gruppo alla detenzione
per uso personale.
6.
Come è noto, la legge 21 febbraio 2006 n. 49, di conversione, con
modificazioni, del D.L. 30 dicembre 2005, n. 272 (recante "Misure
urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti per le prossime
Olimpiadi invernali, nonchè la funzionalità dell'Amministrazione
dell'interno. Disposizioni per favorire il recupero di
tossicodipendenti recidivi") ha apportato alcune modifiche al
t.u.
sugli
stupefacenti di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ed in
particolare, per quanto qui interessa, agli artt. 73 e 75. Il nuovo
testo dell'art. 73, comma 1, sanziona ora senz'altro come reato il
fatto di chi, senza autorizzazione, "coltiva, produce, fabbrica,
estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce,
commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in
transito, consegna per qualunque scopo sostanze stupefacenti o
psicotrope". E' stato poi introdotto un comma 1 bis, dell'art.
73, il quale, alla lett. a), punisce "chiunque, senza
autorizzazione, importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo
o comunque illecitamente detiene:... sostanze stupefacenti o
psicotrope che per quantità, in particolare se superiore ai limiti
massimi indicati con decreto del Ministro della salute..., ovvero per
modalità di presentazione, avuto riguardo al peso lordo complessivo
o al confezionamento frazionato, ovvero per altre circostanze
dell'azione, appaiono destinate ad un uso non esclusivamente
personale". Il previgente testo dell'art. 73, invece, puniva
tutte le medesime condotte poste in essere al di fuori dell'ipotesi
di cui all'art. 75, il quale configurava come illecito amministrativo
la condotta di chi, "per farne uso personale, illecitamente
importa, acquista o comunque detiene" sostanza stupefacente
(anche in dose superiore a quella media giornaliera, per effetto
dell'esito del referendum). Il nuovo testo dell'art. 75 ora punisce
con la sanzione amministrativa "chiunque illecitamente importa,
esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque detiene
sostanze stupefacenti o psicotrope al di fuori delle ipotesi di cui
all'art. 73, comma 1 bis.
Pertanto,
attualmente, l'acquisto e la detenzione di sostanze stupefacenti
integrano un illecito amministrativo quando le stesse, sulla base dei
criteri indicati, non "appaiono destinate ad un uso non
esclusivamente personale", dovendo perciò ritenersi destinate
ad un uso esclusivamente personale.
E'
opportuno ricordare che, per effetto di tali modifiche, non è stata
ripristinata la situazione antecedente al referendum abrogativo e non
è cambiata l'opzione di fondo dell'assetto repressivo delle attività
illecite in materia di stupefacenti, consistente nel rinunciare alla
sanzione penale per contrastare il consumo personale (Sez. 6, n. 3513
del 12/01/2012, Santini, Rv. 251579). Invero, il superamento dei
limiti quantitativi massimi detenibili, previsti ora dall'art. 73,
comma 1 bis, lett. a), non inverte l'onere della prova a carico
dell'imputato, nè introduce una presunzione, assoluta o relativa, in
ordine alla destinazione della sostanza ad un uso non esclusivamente
personale, bensì impone soltanto al giudice un dovere di rigorosa
motivazione quando ritenga che dagli altri parametri normativi si
debba escludere una destinazione ad un uso non esclusivamente
personale, pur in presenza del superamento dei suddetti limiti
massimi (Sez. 6, n. 12146 del 12/02/2009, Delugan, Rv. 242923; Sez.
6, n. 39017 del 18/09/2008, Casadei, Rv. 241405;
Sez.
4, n. 31103 del 16/04/2008, Perna, Rv. 242110; Sez. 6, n. 27330 del
02/04/2008, Sejjal, Rv. 240526; Sez. 6, n. 17899 del 29/01/2008,
Cortucci, Rv. 239933).
6.1.
A seguito di queste modifiche legislative si sono sviluppati, nella
giurisprudenza di questa Corte, due opposti orientamenti
interpretativi.
Un
primo orientamento è stato espresso dalla sentenza della Sez. 2, n.
23574 del 06/05/2009, Mazzuca, Rv. 244859, la quale ritiene che il
nuovo testo legislativo avrebbe ora reso penalmente rilevante il c.d.
consumo
di gruppo, sia nell'ipotesi del mandato all'acquisto sia nell'ipotesi
dell'acquisto in comune. Ciò perchè sono mutate sia la struttura
normativa della disposizione (in quanto ora l'ambito della non
punibilità penale non è indicato dall'art. 75, ma si desume dal
combinato disposto dell'art. 73, comma 1 bis, e art. 75), sia la
struttura semantica della frase, in quanto nell'art. 73, comma 1 bis,
è stato introdotto l'avverbio "esclusivamente" che non
esisteva nel previgente art. 75. La sentenza rileva poi che il
legislatore ha inteso reprimere in modo più severo ogni attività
connessa alla circolazione, vendita e consumo di sostanze
stupefacenti, tante che ha equiparato ogni tipo di sostanza. In
particolare, l'introduzione dell'avverbio "esclusivamente"
assumerebbe "un significato particolarmente pregnante proprio
sotto il profilo semantico perchè una cosa è l'uso personale di
sostanze stupefacenti, altra e ben diversa cosa è l'uso
esclusivamente personale, frase che, proprio in virtù dell'avverbio,
non può che condurre ad un'interpretazione più restrittiva rispetto
a quella che, sotto la previgente normativa, veniva data del sintagma
uso personale". Di modo che l'uso di gruppo non potrebbe più
farsi rientrare nell'ipotesi di consumo esclusivamente personale in
quanto presuppone, per assioma, l'acquisto di un quantitativo di
stupefacente che, per quantità o per modalità di presentazione,
appare necessariamente destinato ad un uso non esclusivamente
personale. Inoltre, la ratio legis, che è chiaramente quella di
rendere più difficile l'acquisto, la diffusione ed il consumo della
droga, porterebbe a ritenere che l'area di esenzione penale sia stata
circoscritta a quei limitati casi in cui l'acquisto e la detenzione
siano finalizzati al solo esclusivo uso di chi è trovato in possesso
di un minimo quantitativo di stupefacente. Gli altri casi, come il
consumo di gruppo, restano esclusi da detta area perchè le modalità
di acquisto, non essendo esclusivamente personali, servono a
facilitare il consumo e la diffusione della droga, ossia ciò che la
legge ha inteso vietare. Il baricentro della normativa sarebbe stato
perciò spostato dal consumo personale al consumatore, nel senso che
sfugge alla sanzione penale solo chi detenga un quantitativo di
stupefacente che appare destinato ad essere consumato solo ed
unicamente dallo stesso possessore.
Questa
interpretazione è stata poi seguita da altre sentenze successive, ma
senza ulteriori considerazioni (in ordine di anteriorità temporale:
Sez. 3, n. 7971 del 13/01/2011, Tanghetti, Rv. 249326; Sez. 3, n.
26697 del 02/03/2011, Simonetti, non mass.;
Sez.
4, n. 46023 del 07/06/2011, Richelda, Rv. 251734; Sez. 4, n. 6374 del
6/12/2011, dep. 16/2/2012, El Janati, non mass.; Sez. 1, n. 33022 del
10/7/2012, Gallone, non mass.; Sez. 4, n. 49820 del 22/11/2012,
Bellelli, non mass.).
E'
interessante rilevare che tutte le suddette decisioni hanno anche
precisato che la novella legislativa avrebbe in sostanza introdotto
in parte qua una vera e propria nuova incriminazione, e quindi non si
applica alle condotte poste in essere prima della sua entrata in
vigore (in questo senso, anche Sez. 4, n. 37989 del 07/07/2008,
Gazzabin, Rv. 242015).
6.2.
Il medesimo orientamento è stato ribadito da altra decisione, con un
più articolato apparato motivazionale (Sez. 3, n. 35706 del
20/04/2011, Garofalo, Rv. 251228). In primo luogo, questa sentenza
sostiene che deve farsi ricorso ad una interpretazione letterale
secondo la volontà del legislatore ed osserva che le modifiche
introdotte dalla L. n. 49 del 2006, ed in particolare l'aggiunta
dell'avverbio "esclusivamente" all'art. 73, comma 1 bis,
sono indice di una ratio legis diretta alla repressione con maggiore
severità degli illeciti connessi allo spaccio ed all'uso di
stupefacenti. La novella, quindi, oltre ad introdurre trattamenti
sanzionatori più rigorosi, avrebbe anche voluto contrastare tutte le
forme di diffusione degli stupefacenti, ivi compreso l'acquisto
finalizzato all'uso collettivo. L'introduzione in questo modo di una
nuova fattispecie incriminatrice non sarebbe in contrasto con l'art.
25 Cost., per difetto dei requisiti di determinatezza, perchè è
stata tipizzata la condotta monosoggettiva di acquisto di sostanza
stupefacente destinata ad uso "non esclusivamente personale",
sicchè sarebbe evidente la criminalizzazione dei comportamenti
aventi per oggetto sostanza stupefacente destinata all'uso "altrui".
In
secondo luogo, viene richiamata la sentenza della Corte
costituzionale n. 360 del 1995, la quale aveva escluso una
irragionevole disparità di trattamento tra la condotta, penalmente
rilevante, della coltivazione finalizzata all'uso personale e le
condotte di detenzione e di acquisto orientate al medesimo fine, per
la ragione che queste ultime sono collegate immediatamente e
direttamente all'uso personale, il che giustifica un trattamento meno
rigoroso. Questa sentenza offrirebbe dunque un argomento a favore di
una interpretazione restrittiva della locuzione "uso
esclusivamente personale", la quale risponderebbe ad una ratio
del tutto speciale e specifica e andrebbe perciò posta in
riferimento solo con il singolo autore della condotta tipica.
In
terzo luogo, si osserva che la tesi favorevole all'uso di gruppo
presuppone una sorta di mandato di acquisto collettivo, conferito
dagli assuntori dello stupefacente ad un appartenente al gruppo,
anche nel suo interesse. Si tratterebbe tuttavia di un mandato in rem
propriam avente oggetto illecito (la cessione di sostanza
stupefacente) e, come tale, affetto da nullità radicale, rilevabile
d'ufficio, ed improduttivo di effetti. A siffatto contratto non
potrebbe essere attribuito alcun effetto nemmeno sul versante penale,
tanto meno quello di escludere la rilevanza penale per il fatto
commesso dai partecipi al negozio illecito. Tutt'al più il
precedente accordo fra gli appartenenti al gruppo potrebbe avere
rilievo sotto il profilo dell'intensità del dolo o ad altri aspetti
ex artt. 62 bis e 133 c.p..
In
quarto luogo, si sottolinea che il preventivo accordo fra gli
assuntori di avvalersi di un solo intermediario incaricato
dell'acquisto, consentirebbe il "frazionamento ideale"
dell'intera quantità di stupefacente, acquistata dal mandante al
fine dell'uso collettivo, per il numero di partecipanti all'accordo
criminoso, facendo diventare il mandatario soggetto esponenziale del
gruppo e legittimandolo ad acquistare droga per il consumo personale
del gruppo stesso. Ciò però creerebbe uno sfasamento con l'istituto
del concorso di persone nel reato, in quanto, a fronte di possibili
condotte di concorso nell'acquisto e nella detenzione della sostanza,
l'accordo criminoso finirebbe per porre nel nulla sia l'acquisto sia
la cessione, soltanto in forza di un successivo consumo collettivo,
facendo assurgere il gruppo al ruolo di soggetto collettivo di
un'azione scriminata per tale ragione, in contrasto con la disciplina
del concorso di persone nel reato e delle cause di esclusione
dell'illecito. Inoltre, l'operazione di "frazionamento ideale"
della quantità detenuta "risulta scardinare l'elemento
espressamente indicato nella disposizione di legge, laddove il
giudice deve valutare proprio le quantità, le modalità di
presentazione, ivi compreso il frazionamento, che è invece radicato
sul piano strettamente materiale dell'esame della res".
6.3.
Questa interpretazione restrittiva è stata peraltro oggetto di
argomentate critiche da parte di un opposto orientamento, che ha
invece sostenuto la perdurante validità, anche dopo le modifiche
recate dalla L. n. 49 del 2006, della precedente consolidata
interpretazione ed ha riaffermato il principio che il consumo di
gruppo di sostanze stupefacenti conseguente al mandato all'acquisto
collettivo ad uno degli assuntori e nella certezza originaria
dell'identità degli altri non è punibile ai sensi del D.P.R. 9
ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 1 bis, lett. a), (Sez. 6, n.
8366 del 26/01/2011, D'Agostino, Rv. 249000).
Questa
sentenza sottolinea innanzitutto la non decisività del criterio che
si fonda sulla ratio della modifica legislativa, dal momento che
l'esame dei lavori preparatori non consente di chiarire univocamente
il contesto che ne ha connotato l'approvazione, emergendo dagli
interventi dei parlamentari due antipodiche interpretazioni sul
valore e la portata delle modifiche normative in discussione. In
secondo luogo, la sentenza rileva che la modifica della struttura
normativa delle ipotesi di non punibilità e l'introduzione
dell'avverbio "esclusivamente" non possono avere portata
innovativa della fattispecie penale e non sono idonee a far ritenere
superato il diritto vivente. Nella novella, infatti, l'avverbio è
stato usato due volte (art. 73, comma 1 bis: "destinate ad un
uso non esclusivamente personale"; e art. 75: richiesta
dell'interessato di visione o copia degli atti "che riguardino
esclusivamente la sua persona") ed è evidente che in entrambi i
casi tale avverbio, di modo o qualità, è stato usato con funzione e
finalità affermativa rafforzativa e non già innovativa. Per
paralizzare la consolidata interpretazione sull'uso di gruppo non era
sufficiente l'inserzione dell'avverbio, ma era invece essenziale una
esplicita e non equivoca indicazione, tanto più necessaria tenuto
conto dell'esito del referendum abrogativo del 1993 e tenuto altresì
conto che l'espressione "non esclusivamente personale" ha
il medesimo intercambiabile significato di "tassativamente
personale", risolvendosi così in una aggiunta ridondante,
superflua e pleonastica. Inoltre, l'utilizzo della forma
indeterminativa "un uso esclusivamente personale" consente
"inquadramenti nell'area di rilevanza meramente amministrativa
delle condotte finalizzate all'uso esclusivamente personale (anche)
di persone diverse". Si verserebbe quindi in un "deficit di
determinatezza e di sicurezza ermeneutica" con violazione del
principio costituzionale di precisione, dal momento che se davvero la
finalità fosse stata quella di sanzionare l'uso di gruppo, in
entrambe le variabili, essa è stata male espressa, con la
conseguenza che, a fronte di un dubbio interpretativo, deve prevalere
l'opzione più favorevole al reo. In altre parole, la norma non è
dotata di un grado di determinatezza sufficiente ad indicare il
diverso preteso percorso interpretativo mentre una eventuale
ipotetica intenzione del legislatore di escludere la legittimità,
nei termini indicati dalle Sezioni Unite, del consumo di gruppo,
avrebbe dovuto essere affermata in modo esplicito e in termini
percepibili da tutti, e "non certo mediante sintagmi, variamente
interpretabili, e con sequenze lineari (sostantivo - negazione -
avverbio - aggettivo) in grado di produrre equivoci ed incertezze
che, come tali, vanno necessariamente valutati pro reo". La
sentenza quindi ricorda che l'adesione preliminare al progetto comune
e l'originaria destinazione al consumo esclusivo dei partecipanti
rendono inequivoca l'unicità della condotta ed escludono
frammentazioni determinate da ulteriori passaggi.
L'aggiunta
dell'avverbio "esclusivamente" non fa venir meno la
validità di questa ricostruzione, poichè anche il consumo di
gruppo, così inteso, è una forma di consumo "esclusivamente
personale". L'avverbio ha pertanto il solo significato di
confermare che hanno rilevanza penale le altre condotte di consumo di
gruppo in cui più persone, in assenza di un preventivo mandato,
decidano di consumare droga detenuta da uno di loro, in quanto in
tale ipotesi il cedente è originariamente in posizione di estraneità
rispetto agli altri assuntori e, quindi, non si concretizza un "uso
esclusivamente personale".
Questo
orientamento è stato successivamente confermato da altre decisioni
(Sez. 6, n. 17396 del 27/02/2012, Bove, Rv. 252499; Sez. 6, n. 3513
del 12/01/2012, Santini, Rv. 251579; Sez. 6, n. 21375 del 27/04/2011,
Masucci, Rv. 250064; e altre non massimate) sulla base di analoghe
considerazioni. Alcune di queste sentenze hanno peraltro precisato
che l'avverbio "esclusivamente" non riferisce l'uso
personale al solo soggetto che detiene la sostanza, ma ha il
significato di segnalare che la non punibilità penale riguarda solo
i casi in cui la sostanza non è destinata a terzi, ma ad un utilizzo
personale di coloro che intendono farne uso, come appunto gli
appartenenti al gruppo. Pertanto, poichè il consumo di gruppo è
caratterizzato da una unitaria e genetica finalizzazione ad un
consumo personale di più soggetti previamente definiti, l'aggiunta
dell'avverbio "esclusivamente" non impedisce di apprezzare
tale ipotesi come una forma di consumo "esclusivamente
personale" dell'agente e dei suoi individuati mandanti, come
tale priva del carattere dell'offensività.
7.
Ritengono le Sezioni Unite che fra i due contrapposti orientamenti
debba senz'altro preferirsi il secondo, che sostiene che il c.d.
consumo
di gruppo di sostanze stupefacenti, sia nel caso di acquisto in
comune sia in quello del mandato all'acquisto collettivo ad uno degli
assuntori e nell'originaria conoscenza dell'identità degli altri,
continua a costituire, anche dopo le modifiche apportate dalla L. 21
febbraio 2006, n. 49, una ipotesi di uso esclusivamente personale dei
partecipanti al gruppo, e quindi integra l'illecito amministrativo di
cui all'art. 75, e non già il reato di cui all'art. 73, comma 1 bis.
Non può infatti ritenersi che tali modifiche, ed in particolare, per
quanto qui interessa, l'equivoca e non risolutiva aggiunta
dell'avverbio "esclusivamente", possano essere intese nel
senso che abbiano addirittura introdotto una nuova fattispecie
incriminatrice punendo un fatto in precedenza pacificamente
integrante, secondo il diritto vivente, un illecito amministrativo o
abbiano comunque determinato la necessità del superamento della
univoca e consolidata giurisprudenza.
Si
è invero già rilevato che tutte le decisioni che seguono
l'orientamento più rigoristico, precisano anche che, in forza dei
principi sulla successione di leggi penali di cui all'art. 2 c.p.,
deve escludersi la retroattività della norma incriminatrice ricavata
dalla riformulazione legislativa, facendo quindi salva, per i casi
anteriori alla sua entrata in vigore, la precedente disciplina. Il
presupposto di questo orientamento è quindi che si tratterebbe della
vera e propria introduzione, per effetto delle modifiche legislative,
di una nuova incriminazione di condotte in precedenza penalmente
irrilevanti.
8.
Ciò posto, deve innanzitutto osservarsi come non appaiono decisive
tutte quelle argomentazioni che non si fondano, direttamente o
indirettamente, sulle modifiche legislative del 2006, ma ripropongono
in sostanza considerazioni già prospettate precedentemente alla
sentenza Iacolare e da questa ampiamente superate, con motivazioni
che non sono incise da tali modifiche e che restano pienamente
condivisibili.
Ciò
vale, innanzitutto, per l'argomento della nullità, per illiceità,
del c.d. mandato collettivo all'acquisto, conferito dagli assuntori
dello stupefacente ad un appartenente al gruppo, anche nel suo
interesse, il quale, avendo ad oggetto una condotta penalmente
rilevante, sarebbe illecito e quindi nullo, ai sensi dell'art. 1418
c.c., comma 2, e art. 1346 c.c., ed improduttivo di ogni effetto. Con
questo argomento si vuole di nuovo mettere in discussione la tesi,
già recepita dalla sentenza Iacolare, che valuta gli effetti di tale
mandato alla stregua degli artt. 1388 e 1706 c.c., concernenti
l'efficacia diretta, nei confronti del rappresentato, del contratto
concluso dal rappresentante in nome e nell'interesse del primo e la
rtvendicabilità, da parte del mandatario, delle cose acquistate per
suo conto dal mandante. L'argomento, però, non si basa evidentemente
sulle modifiche legislative e pertanto non può comunque costituire
indice della introduzione di una nuova fattispecie incriminatrice.
Esso,
inoltre, appare di per sè non decisivo nemmeno ai soli fini
ermeneutici, perchè si svolge interamente sul piano civilistico e
non incide, dal punto di vista penalistico, sulla materialità e
finalità delle condotte considerate. D'altra parte, la stessa
sentenza Garofalo, che ha riproposto l'argomento, pur rigettando
qualsiasi interpretazione del mandato all'acquisto di gruppo di
sostanza stupefacente che consenta alle parti di giovarsi degli
effetti di un contratto nullo per illiceità dell'oggetto, alla fine
suggerisce di attribuire rilevanza ed effetti all'accordo illecito
sotto il profilo della intensità del dolo e del riconoscimento delle
attenuanti generiche o della determinazione della pena. Il che
appunto mostra che, se il mandato all'acquisto è nullo ed inefficace
sul piano civilistico, così come del resto è nullo ed inefficace
anche il contratto di vendita dello stupefacente, tuttavia la
presenza di un accordo per un acquisto comune non è indifferente sul
piano penale perchè concorre ad individuare e qualificare la
finalità della detenzione della sostanza (comunque illecita,
penalmente o amministrativamente). Quel che rileva, invero, non è se
il mandato all'acquisto sia o meno valido ed efficace civilmente, ma
se, qualora l'acquisto e la detenzione avvengano anche su incarico e
per conto di altri soggetti, vi sia o meno una omogeneità
teleologica delle condotte fra mandanti e mandatario e quindi se
possa o meno configurarsi la destinazione ad un uso (esclusivamente)
personale dei componenti il gruppo.
8.1.
Un secondo argomento proposto dalla sentenza Garofalo - anch'esso
peraltro non indotto dalla modifica legislativa e già avanzato dalla
giurisprudenza precedente alla sentenza Iacolare - si basa su una
pretesa contraddittorietà tra la rilevanza data all'acquisto su
mandato del gruppo e i principi che sono alla base del concorso di
persone nel reato. Ciò perchè il frazionamento ideale della
quantità di stupefacente, acquistata dal mandante al fine dell'uso
collettivo del gruppo, per il numero dei partecipanti all'accordo
illecito, utilizzato quale espediente per ripartire l'intera sostanza
acquistata dal mandante in singole dosi ad uso esclusivamente
personale, costituirebbe uno sfasamento dell'istituto del concorso di
persone. In questo caso, invero, la disciplina del concorso di
persone, che consente di attribuire rilevanza penale a condotte che
rappresentano anche solo una frazione del fatto tipico descritto
dalla norma incriminatrice, purchè causalmente orientate alla
commissione del reato, verrebbe invece utilizzata per frazionare il
fatto commesso tra i partecipanti all'accordo criminoso, ma al fine
di escluderne la rilevanza penale.
E'
stato però esattamente osservato che questo argomento è
perfettamente speculare alla interpretazione offerta dalla sentenza
D'Agostino del 2011, utilizzando i medesimi argomenti e gli stessi
istituti di riferimento al fine di giungere a conclusioni
diametralmente opposte, peraltro già superate dalla sentenza delle
Sezioni Unite Iacolare del 1997. Non può quindi essere certamente
tale argomento a far ritenere che la riforma del 2006 abbia
introdotto una nuova ipotesi di reato che attribuisce rilevanza
penale a comportamenti prima costituenti solo illeciti
amministrativi. D'altra parte, l'interpretazione che qui si
preferisce si fonda sulla qualificazione della attività concorsuale
del mandatario e dei mandanti come penalmente non rilevante appunto
in quanto condotta connotata da una "omogeneità teleologia"
che rende la sostanza acquistata dal mandatario come sin dall'origine
codetenuta da tutti i membri del gruppo esclusivamente per il loro
rispettivo uso personale. Inoltre, l'ipotesi che sembrerebbe
prospettata dalla sentenza in esame di un concorso di persone nel
reato confligge anche con la costruzione della condotta del
mandatario come quella (monosoggettiva) di colui che procurerebbe ad
altri la sostanza, in cui i mandanti svolgerebbero un ruolo
equivalente a quello degli acquirenti, nell'ipotesi di spaccio o
cessione.
8.2.
Certamente non decisivo è poi l'argomento che si basa sul tenore dei
lavori parlamentari relativi alla legge di conversione del D.L. 30
dicembre 2005, n. 272, dai quali si dovrebbe evincere con chiarezza
una volontà del legislatore storico non solo di reprimere con
maggiore severità i fenomeni criminali connessi all'uso di sostanze
stupefacenti, ma anche, in particolare, di introdurre la previsione
della illiceità penale del mandato collettivo ad acquistare.
L'argomento - a prescindere da ogni considerazione sulla rilevanza
del criterio ermeneutico storico con riferimento a disposizioni
penali - è però di scarso momento sol che si consideri la non
usuale velocità di approvazione del nuovo testo normativo e la
notevole ristrettezza della discussione parlamentare, ridotta a soli
diciannove giorni tra l'inizio della discussione in aula al Senato
(19 gennaio 2006) e la successiva approvazione definitiva alla Camera
(8 febbraio 2006). Com'è noto, la riformulazione del D.P.R. n. 309
del 1990, fu operata per mezzo di un emendamento governativo al testo
del D.L. n. 272 del 2005, introdotto in sede di conversione e sul
quale inoltre il Governo pose la fiducia. Ne derivò la mancanza di
un approfondito dibattito parlamentare che possa consentire di trarre
argomenti univoci sull'intenzione del legislatore storico,
considerata anche la diversità di vedute emergenti dalla limitata
discussione. In realtà, tenuto anche conto del tipo di procedimento
legislativo adottato, dai lavori parlamentari potrebbe desumersi solo
un generico intendimento di natura restrittiva circa le condotte di
spaccio. Sulla specifica ipotesi del c.d. consumo di gruppo si
riscontrano però limitatissimi interventi, in cui o si è ritenuto
che questo sarebbe rientrato nell'ambito penale mediante la
previsione di soglie quantitative rigide per la detenzione (v.
relazione al disegno di L. n. 2953 e intervento sen. Tredese, seduta
Senato 26 gennaio 2006), ovvero si è esplicitamente affermato che
l'illecito amministrativo avrebbe dovuto essere limitato al solo
consumo "individuale", nel quale non rientrerebbe il c.d.
consumo di gruppo (v. intervento ministro Giovanardi nella stessa
seduta). Pertanto, se pure può ammettersi che l'intenzione emergente
da questi limitati atti fosse quella di criminalizzare l'acquisto e
la detenzione per un uso di gruppo, quel che rileva in questa sede
perè è soltanto la circostanza che, indiscutibilmente, questa
soggettiva intenzione di alcuni parlamentari non si è tradotta in
una espressa ed oggettivamente univoca norma di legge, sebbene il
consolidato diritto vivente escludesse pacificamente la rilevanza
penale della fattispecie.
D'altra
parte, nel testo definitivo approvato della legge di conversione, da
un lato, le nuove soglie quantitative non hanno assunto un carattere
rigido ai fini della distinzione tra illecito amministrativo e
illecito penale e, da un altro lato, la disposizione continua a
parlare di "uso personale", sia pure con l'aggiunta
dell'avverbio, e non di "uso individuale".
Va
inoltre osservato che anche la ritenuta generica intenzione dei
legislatore di inasprire ed estendere la reazione punitiva verso
quaisiasi condotta legata alle sostanze stupefacenti non è di per sè
trasparente, tenuto conto delle antitetiche disposizioni normative
che ne sono scaturite. Ed infatti, se da un lato sono state
modificate le preesistenti cornici edittali previste,
rispettivamente, per lo spaccio di droghe pesanti e di droghe
leggere, equiparando le due condotte con la previsione di una cornice
edittale unica ed indifferenziata, dall'altro lato è stata attenuata
la risposta punitiva proprio per le condotte più gravi relative alle
c.d. droghe pesanti, riducendo il minimo edittale da otto a sei anni,
in contrasto con una pretesa volontà di generale inasprimento
punitivo.
8.3.
L'argomento principale su cui si basa l'orientamento restrittivo
resta dunque quello letterale, che muove dalla portata innovativa
delle modifiche recate con la L. n. 49 del 2006, e precisamente dal
mutamento della struttura normativa delle ipotesi di non punibilità
penale (ora desumibili dal combinato disposto dei novellati art. 73,
comma 1 bis, e art. 75) e soprattutto dall'introduzione, nel testo
della prima disposizione, dell'avverbio "esclusivamente",
non presente nella disposizione precedente. Si sostiene che la
locuzione "uso non esclusivamente personale", al posto
della precedente dizione di "uso personale", dovrebbe
essere interpretata nel senso che le ipotesi scriminate penalmente si
riducano ora ai soli casi in cui la sostanza detenuta possa ritenersi
destinata all'uso esclusivo, ossia individuale, dell'autore della
condotta. In altre parole, all'aggiunta dell'avverbio
"esclusivamente" dovrebbe attribuirsi l'inequivoco
significato di far considerare l'aggettivo "personale" come
sinonimo di "individuale" e quindi di restringere i confini
del penalmente irrilevante. Di conseguenza, l'uso di gruppo
integrerebbe il reato in quanto presuppone un acquisto ed una
detenzione che, per quantità e modalità di presentazione, appaiono
immancabilmente destinati ad un uso "non individuale", e
pertanto "non esclusivamente personale".
L'argomento
non è però convincente perchè non può ritenersi che questi
semplici ritocchi testuali, e in particolare la sola aggiunta
dell'avverbio "esclusivamente" per caratterizzare la
nozione di uso personale, siano sufficienti per determinare un
allargamento dell'area delle condotte penalmente rilevanti con la
previsione di una nuova ipotesi di reato e, comunque, per fare venir
meno il presupposto su cui si fondava il diritto vivente, ossia che
nell'acquisto finalizzato all'uso di gruppo non si verifica alcun
tipo di cessione a terzi, ma una mera divisione interna (di cui la
consegna non è altro che una fase esecutiva), che consente a
ciascuno di venire in possesso del solo quantitativo di reciproca
pertinenza fin dall'inizio e già da quel momento destinato al
rispettivo uso personale.
Deve
quindi convenirsi con l'osservazione che l'aggiunta dell'avverbio
"esclusivamente" non ha affatto, di per sè, un significato
particolarmente pregnante sotto il profilo semantico, ma ha, al
contrario, un significato quanto meno non univoco, ben potendo il
termine essere inteso in una accezione che permette di continuare a
ricomprendervi la codetenzione per uso di gruppo. Non può invero
ritenersi che l'espressione "uso personale" avrebbe un
significato completamente differente da quella di "uso
esclusivamente personale", e in particolare che la semplice
aggiunta di questo avverbio comporterebbe che per "uso
personale" dovrebbe ora intendersi una cosa diversa, e
precisamente un "uso individuale". In realtà, l'avverbio
oggettivamente ha un significato rafforzativo e pleonastico, e
comunque non è idoneo a mutare addirittura il significato assunto in
quel contesto dall'aggettivo cui accede. Nel precedente testo della
disposizione con l'espressione "uso personale" si sono
escluse dall'ambito penale e ricomprese in quello amministrativo le
ipotesi in cui lo stupefacente non è destinato, nemmeno in parte,
alla cessione a terzi, ma è finalizzato per intero al consumo
personale. Nel caso di uso di gruppo, secondo il diritto vivente, non
è ravvisarle in realtà una cessione a terzi, neppure parziale, e
pertanto non sussiste il reato. L'aggiunta dell'avverbio
"esclusivamente", allora, sembra avere avuto l'oggettivo
significato di sottolineare che per escludere il reato è necessario
che la droga sia destinata totalmente, per intero, ossia appunto
"esclusivamente", all'uso personale e neppure in parte alla
cessione a soggetti terzi estranei all'acquisto ed alla detenzione.
L'avverbio, però, non ha modificato il significato e l'ambito
dell'espressione "cessione a terzi" e pertanto non è
univocamente idoneo a modificare l'area di ciò che non è cessione
ma "uso personale" secondo la giurisprudenza unanime, e
cioè a fare entrare nell'area della cessione a terzi, sottraendola
da quella dell'uso personale, una fattispecie che, per il diritto
vivente, non è qualificabile come cessione a terzi, bensì, stante
l'omogeneità ideologica delle condotte, come una specie del genere
"uso personale", e precisamente un "uso personale di
gruppo".
E'
dunque condivisibile il rilievo che, qualora il legislatore del 2006
avesse davvero voluto in modo non equivoco punire penalmente condotte
fino ad allora non rientranti nelle ipotesi di "cessione" a
terzi dello stupefacente, avrebbe dovuto introdurre la nuova
fattispecie di reato in termini espliciti, chiari, univoci,
eventualmente modificando l'ambito della nozione di "cessione",
e non limitarsi invece all'aggiunta di un avverbio non idoneo a
mutare il significato proprio che nella disposizione aveva ed ha, di
per sè, l'aggettivo "personale". L'avverbio, dunque, non
connota diversamente l'uso personale nel senso di riferirlo ora al
solo soggetto che detiene la sostanza stupefacente, ma ha il
significato di evidenziare che la non punibilità riguarda solo i
casi in cui la sostanza non è destinata a terzi ma all'utilizzo
personale degli appartenenti al gruppo che la codetengono (Sez. 6, n.
3513 del 12/01/2012, Santini, Rv. 251579).
Ciò,
del resto, sembra implicitamente ammesso anche dalla tesi secondo cui
l'uso di gruppo sarebbe ora punibile perchè l'espressione "uso
non esclusivamente personale" dovrebbe intendersi nel senso di
"uso non individuale". Con ciò, invero, si finisce per
riconoscere, appunto, che se si fosse voluto introdurre una nuova
fattispecie di reato si sarebbe dovuta mutare la disposizione in modo
inequivoco, eventualmente sostituendo quanto meno il termine
"personale", e non invece riprodurre il medesimo aggettivo
aggiungendovi un avverbio rafforzativo, non idoneo a mutarne il
significato che pacificamente aveva in quel contesto. Nemmeno può
condividersi la tesi secondo cui con l'aggiunta dell'avverbio il
termine "uso personale" andrebbe ora inteso come
equipollente di "uso individuale", perchè con una tale
interpretazione si verrebbe in sostanza ad estendere l'ambito di
applicazione di una fattispecie penale ad ipotesi che in essa non
erano prima comprese, in contrasto con i principi di tassatività e
di legalità e con il divieto di analogia in malam partem.
D'altra
parte, e sotto altro profilo, è stato esattamente osservato che il
nuovo avverbio è inserito in una struttura ellittica ed oggettiva,
che non connota soggettivamente l'uso da parte del detentore bensì
oggettivamente la condotta detentiva, sicchè, se si considera
l'intera locuzione, ben può ritenersi che esistano casi di
detenzione per uso non esclusivamente personale sia individuale, sia
anche di persone diverse. In altre parole, poichè la disposizione
non parla di uso individuale e non limita la caratteristica
denotativa della condotta detentiva all'autore singolo, il sintagma
"uso non esclusivamente personale" non è concettualmente
incompatibile con il consumo di gruppo, anche nella forma specifica
del mandato ad acquistare. La locuzione può pertanto essere
legittimamente riferita all'uso collettivo che risulti esclusivamente
personale, ossia anche alle ipotesi in cui la droga detenuta da una
singola persona sia destinata ad un uso "esclusivamente
personale in comune" da parte di tutti i componenti del gruppo
per conto e su mandato dei quali è stata acquistata.
Nello
stesso senso, si è anche rilevato che il ricorso alla forma
indeterminativa "un uso esclusivamente personale" consente
l'inquadramento nell'area di rilevanza meramente amministrativa della
condotta finalizzata alla destinazione esclusivamente personale anche
di soggetti diversi dall'acquirente, e quindi, non strettamente
limitata all'azione monosoggettiva, ma obiettivamente estesa anche
alle sostanze destinate al consumo altrui.
Non
può infine ritenersi che la posizione di una nuova fattispecie
penale possa desumersi dal fatto che il nuovo testo legislativo ha
ricostruito l'illecito amministrativo in termini di residualità
rispetto all'area di rilevanza penale, con inversione del rapporto
logico precedente, essendo ora la fattispecie penale descritta in
modo positivo e quella amministrativa individuata in via sussidiaria.
Invero,
la norma penale continua a punire la destinazione ad un uso non
(esclusivamente) personale, ossia ad un uso non personale neppure in
parte, mentre nell'ipotesi in esame la detenzione è immediatamente
collegata all'uso (esclusivamente) personale dei singoli mandatari
appartenenti al gruppo.
8.4.
Non è decisivo nemmeno l'assunto che, nel caso di acquisto su
mandato del gruppo, il mandatario sarebbe comunque punibile
penalmente perchè la sua condotta integrerebbe comunque la
fattispecie del "procurare ad altri" prevista dall'art. 73,
comma 1.
Si
tratta peraltro di un vecchio argomento che non trova fondamento
nelle modifiche legislative apportate con la L. n. 49 del 2006, dato
che la disposizione già in precedenza puniva la condotta di chi
"procura ad altri". La previsione di questo specifico reato
è già stata condivisibilmente ritenuta irrilevante dalla sentenza
delle Sezioni Unite Iacolare, che ha, appunto,evidenziato come
l'acquisto su previo mandato dei componenti il gruppo esuli dalla
fattispecie del procurare ad altri, stante la qualificazione della
condotta come attività immediatamente prodromica al consumo
personale di gruppo.
Le
modifiche legislative non hanno specificamente modificato l'ambito
della condotta del procurare ad altri penalmente rilevante e, di
conseguenza, non vi sono motivi per disattendere il precedente
orientamento. Inoltre, si è sempre generalmente ritenuto che
l'ipotesi del procurare si riferisce precipuamente alla attività di
intermediazione di chi mette in collegamento lo spacciatore con
l'acquirente (cfr. Sez. 6, n. 37177 del 08/07/2008, Mosca, Rv.
241205; Sez. 4, n. 4458 del 02/12/2005, dep. 03/02/2006, Chimienti,
Rv. 233240), ossia ad una condotta diversa da chi acquista per il
consumo comune proprio e di altri, su mandato di costoro. Del resto,
se il c.d. uso di gruppo avesse rilevanza penale, esso rientrerebbe
nell'ambito della cessione a terzi o del concorso nella detenzione a
fine di spaccio, senza necessità di ricorrere alla figura del
procacciare ad altri.
8.5.
Parimenti non condivisibile è l'assunto secondo cui, poichè sarebbe
pacifica l'intenzione del legislatore del 2006 di sanzionare
penalmente tutte le condotte dirette alla propalazione della droga a
terzi, di conseguenza anche l'ipotesi del mandato ad acquistare per
uso collettivo di gruppo integrerebbe ora il reato, perchè anche con
questa condotta si finisce col realizzare una diffusione a terzi
della sostanza stupefacente. Con ciò però si esprime una
valutazione di politica criminale, irrilevante ai fini di una esegesi
corretta e costituzionalmente orientata del quadro normativo penale.
Per
il resto, può rinviarsi a quanto si è dianzi osservato sulla
circostanza che la volontà obiettiva del legislatore è stata
tutt'altro che univoca ed evidente e che comunque non è stata idonea
ad introdurre una nuova fattispecie penale non essendosi manifestata
con la posizione di una chiara e specifica nuova norma
incriminatrice. Si è già ricordato, del resto, che la sentenza
Iacolare aveva evidenziato come la condotta rientrante nel c.d.
consumo
di gruppo, essendo incentrata sul consumo personale dei componenti e
circoscritta alle persone dei consumatori, è estranea alla
diffusione della droga ed all'incremento del relativo mercato, e
quindi non può essere oggetto del medesimo giudizio di disvalore
riconosciuto allo spaccio.
8.6.
Un ulteriore argomento, utilizzato dalla sentenza Garofalo, fa
richiamo alla sentenza n. 360 del 1995 della Cotte costituzionale, la
quale aveva escluso una irragionevole disparità di trattamento
nell'attribuzione di rilevanza penale alla sola coltivazione di
sostanza stupefacente finalizzata all'uso personale e non anche alla
detenzione ed all'acquisto orientati al medesimo fine. Ciò perchè
non può provarsi che il raccolto sia destinato all'uso personale del
soggetto attivo e, comunque, perchè la coltivazione non è condotta
necessariamente prodromica all'uso personale, penalmente irrilevante,
il che spiega l'attribuzione alla stessa della medesima offensività
del c.d. spaccio, mentre le condotte di acquisto e di detenzione sono
collegate immediatamente e direttamente all'uso personale, il che
giustifica un trattamento meno rigoroso. Questa pronuncia, secondo la
sentenza Garofalo, affermerebbe implicitamente che dovrebbe
attribuirsi rilevanza penale a qualsiasi forma di diffusione di
sostanze stupefacenti, con la conseguenza che la nozione di uso
personale dovrebbe essere interpretata come frutto di una norma
eccezionale e specifica, e come tale insuscettibile di applicazione
analogica e di interpretazione estensiva.
Questo
argomento - anch'esso peraltro estraneo alle modifiche apportate
dalla legge n. 49 del 2006 - era stato però già superato dalla
sentenza delle Sezioni Unite Iacolare ed è comunque non decisivo.
Invero, dalle sentenze n. 360 del 1995 e n. 296 del 1996 della Corte
costituzionale non si desume che la norma che esclude la rilevanza
penale dell'uso personale dovrebbe essere qualificata come norma
eccezionale. Inoltre, l'ipotesi del c.d. uso di gruppo non può
equipararsi a quella della coltivazione, esaminata dalle sentenze
costituzionali, dal momento che l'acquisto e la detenzione al fine
del c.d. consumo di gruppo costituiscono condotte necessariamente ed
immediatamente prodromiche all'uso personale dei soggetti mandatari.
In
ogni modo - a parte l'irrilevanza di generiche finalità repressive
non tradottesi in puntuali norme incriminatrici - si è appena
ricordato come, secondo la sentenza Iacolare, la presenza di una
omogeneità teleologia delle condotte porta ad escludere che questa
specifica ipotesi contribuisca ad incentivare immediatamente la
diffusione dell'uso di droghe negli stessi termini della coltivazione
o dello spaccio.
9.
Deve al contrario osservarsi che la considerazione di norme e
principi costituzionali offre invece più di un argomento in favore
della tesi che qui si segue della non incidenza delle modifiche
normative del 2006 sulla perdurante esclusione dall'ambito penale di
entrambe le ipotesi che si fanno rientrare nella nozione di consumo
di gruppo.
In
primo luogo, invero, la sentenza delle Sezioni Unite Iacolare del
1997, le cui conclusioni vengono qui pienamente condivise e
confermate, si era fondata, come dianzi ricordato, proprio sulle
valutazioni ed i principi espressi dalla Corte costituzionale con le
sentenze n. 360 del 1995 e n. 296 del 1996, con le quali si era
appunto definito l'ambito delle condotte non rilevanti penalmente e
si era precisato che nell'area della "cintura protettiva"
riservata al consumo personale rientrano anche i comportamenti
immediatamente precedenti dell'acquisto e della detenzione. Dal che
poi si è logicamente desunto che anche nell'ipotesi di consumo di
gruppo, l'acquisto e la detenzione finalizzati a tale consumo
costituiscono antecedenti immediati e necessari del consumo stesso, e
quindi ineriscono al rapporto del singolo assuntore con la sostanza
per l'uso personale, con esclusione della intermediazione di terzi.
Tali considerazioni, relative alla protezione del consumo personale e
dei comportamenti "immediatamente" propedeutici allo
stesso, non possono ritenersi superate dalle modifiche normative del
2006, non potendo incidere sotto questo profilo la previsione di
limiti massimi tabellari non aventi natura rigida.
In
secondo luogo, l'interpretazione restrittiva delle modifiche portate
dalla L. n. 49 del 2006 - ed in particolare dell'aggiunta
dell'avverbio "esclusivamente" e della diversa struttura
normativa dei casi di non punibilità penale - nel senso di escludere
che con esse si sia prevista la configurabilità come reato delle
ipotesi rientranti nel c.d. consumo di gruppo, prima pacificamente
costituenti illeciti amministrativi, è l'interpretazione che -
stante l'indiscutibile significato quanto meno equivoco delle
espressioni utilizzate - appare più conforme al principio
costituzionale di precisione della norma penale, ed anche ai principi
di tassatività, di legalità e di riserva di legge, evitando che sia
in definitiva rimessa al giudice l'enucleazione della norma
incriminatrice. E può inoltre ricordarsi che la Corte
costituzionale, già con la sentenza n. 364 del 1988, aveva
evidenziato come il principio di legalità dei reati e delle pene
(art. 25 Cost., comma 2) e quello di previa pubblicazione della legge
(art. 73 Cost., comma 3), richiedono che la formulazione, la
struttura ed i contenuti delle norme penali siano tali da rendere le
stesse precise, chiare e contenenti riconoscibili direttive di
comportamento. A questi principi non sembra invero corrispondente una
interpretazione che desuma una nuova fattispecie incriminatrice
unicamente dall'aggiunta dell'avverbio "esclusivamente" o
da una generica volontà restrittiva del legislatore non
esplicitatasi in specifiche norme punitive.
In
terzo luogo, va ricordato che la Corte costituzionale, con la
sentenza n. 22 del 2012 (v. anche ord. n. 34 del 2013), ha
evidenziato come "l'esclusione della possibilità di inserire
nella legge di conversione di un decreto-legge emendamenti del tutto
estranei all'oggetto e alle finalità del testo originario non
risponda soltanto ad esigenze di buona tecnica normativa, ma sia
imposta dallo stesso art. 77 Cost., comma 2, che istituisce un nesso
di interrelazione funzionale tra decreto-legge, formato dal Governo
ed emanato dal Presidente della Repubblica, e legge di conversione,
caratterizzata da un procedimento di approvazione peculiare rispetto
a quello ordinario" (punto 4.2), anche sotto il profilo della
particolare rapidità e della necessaria accelerazione dei tempi del
procedimento. La Corte costituzionale ha riconosciuto che le Camere
ben possono, "nell'esercizio della propria ordinaria potestà
legislativa, apportare emendamenti al testo del decreto-legge, che
valgano a modificare la disciplina normativa in esso contenuta, a
seguito di valutazioni parlamentari difformi nei merito della
disciplina, rispetto agli stessi oggetti o in vista delle medesime
finalità", ma ha specificato che "l'innesto nell'iter di
conversione dell'ordinaria funzione legislativa può certamente
essere effettuato, per ragioni di economia procedimentale, a patto di
non spezzare il legame essenziale tra decretazione d'urgenza e potere
di conversione. Se tale legame viene interrotto, la violazione
dell'art. 77 Cost., comma 2, non deriva dalla mancanza dei
presupposti di necessità e urgenza per le norme eterogenee aggiunte
(...) ma per l'uso improprio, da parte del Parlamento, di un potere
che la Costituzione gli attribuisce, con speciali modalità di
procedura, allo scopo tipico di convertire, o non, in legge un
decreto-legge".
In
sostanza, secondo questa sentenza costituzionale, le norme inserite
nel decreto-legge nel corso del procedimento di conversione che siano
"del tutto estranee alla materia e alle finalità del medesimo",
sono costituzionalmente illegittime, per violazione dell'art. 77
Cost., comma 2.
Ora,
se fosse esatta l'interpretazione che qui non si condivide, si
avrebbe che con la legge di conversione n. 49 del 2006 sarebbe stata
inserita nei testo del D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, una nuova norma
penale (che trasforma da illeciti amministrativi a illeciti penali le
condotte di acquisto e detenzione di sostanze stupefacenti
finalizzate al c.d. uso collettivo o di gruppo), la quale però
potrebbe apparire estranea alla materia e alle finalità del testo
originario del medesimo decreto legge, che aveva ad oggetto "Misure
urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti per le prossime
Olimpiadi invernali, nonchè la funzionalità dell'Amministrazione
dell'interno. Disposizioni per favorire il recupero di
tossicodipendenti recidivi"; che nel preambolo individuava a
propria giustificazione "la straordinaria necessità ed urgenza
di prevenire e contrastare il crimine organizzato ed il terrorismo
interno ed internazionale, anche per le esigenze connesse allo
svolgimento delle prossime Olimpiadi invernali, nonchè di assicurare
la funzionalità dell'Amministrazione dell'interno e di garantire
l'efficacia dei programmi terapeutici di recupero per le
tossicodipendenze anche in caso di recidiva"; e che conteneva
solo due disposizioni sul recupero di tossicodipendenti recidivi.
Ne
deriva che l'interpretazione che qui è stata adottata, nel senso di
escludere che con l'aggiunta dell'avverbio "esclusivamente"
sia stata introdotta una nuova fattispecie incriminatrice, appare
anche quella più corrispondente allo speciale procedimento
legislativo prescelto.
10.
Deve pertanto concludersi nel senso che le modifiche portate dalla
Legge di conversione n. 49 del 2006, al testo del D.P.R. n. 309 del
1990, artt. 73 e 75, non abbiano inciso sulla correttezza e validità
dei principi affermati dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 4 del
1997, Iacolare, in relazione al c.d. consumo di gruppo di sostanze
stupefacenti, in quanto non hanno nè introdotto una nuova norma
penale incriminatrice di questa ipotesi nè determinato una
restrizione, rispetto a quella previgente, dell'area dei
comportamenti rientranti nell'"uso personale", trasferendo
nell'area dell'illecito penale le condotte qualificate come
finalizzate al consumo personale dei componenti il gruppo.
Va
pertanto confermata la ricostruzione del sistema sanzionatolo su cui
si fonda la sentenza Iacolare e va riaffermato, pur a seguito delle
modifiche normative portate dalla L. n. 49 del 2006 al D.P.R. n. 309
del 1990, artt. 73 e 75, che non sono punibili penalmente, e
rientrano pertanto nella sfera dell'illecito amministrativo di cui
all'art. 75, l'acquisto e la detenzione di sostanze stupefacenti
destinate all'uso personale che avvengano sin dall'inizio anche per
conto di soggetti diversi dall'agente, quando è certa fin
dall'inizio l'identità dei medesimi nonchè manifesta la loro
volontà di procurarsi le sostanze destinate al proprio consumo.
Ciò
in sostanza perchè l'omogeneità teleologia della condotta
dell'acquirente rispetto allo scopo degli altri componenti del gruppo
caratterizza la detenzione quale codetenzione ed impedisce che il
primo si ponga in rapporto di estraneità e quindi di diversità
rispetto ai secondi, con conseguente impossibilità di connotare la
sua condotta quale cessione.
Vanno
evidentemente confermate le condizioni enucleate dalla sentenza
Iacolare ed occorrenti per dare luogo ad una ipotesi di consumo di
gruppo, dal momento che qualora l'acquirente non sia anche uno degli
assuntori oppure abbia effettuato l'acquisto senza averne ricevuto
mandato dagli altri, non sarebbe ravvisabile una omogeneità
teleologia tra le condotte e la consegna della droga sarebbe
qualificabile come cessione, sia pure gratuita, o spaccio. Occorre
quindi, in sostanza, che l'acquirente sia uno degli assuntori; che
l'acquisto avvenga sin dall'inizio per conto degli altri componenti
il gruppo, al cui uso personale la sostanza è destinata; che quindi
sia certa sin dall'inizio l'identità di questi altri soggetti i
quali abbiano in un qualunque modo manifestato la volontà sia di
procurarsi la sostanza per mezzo di uno dei compartecipi sia di
concorrere ai mezzi finanziari occorrenti all'acquisto. Ricorre
invece una normale ipotesi di cessione qualora tutte queste
condizioni non si verifichino, come nel caso in cui il soggetto abbia
ceduto per il consumo in comune sostanza di cui era autonomamente in
possesso per averla acquistata senza alcun mandato degli altri,
ovvero abbia acquistato su mandato di terzi ma senza essere a sua
volta assuntore, ovvero abbia ceduto parte della droga a soggetti
estranei al gruppo dei mandanti.
11.
Appare opportuno anche precisare che le ragioni che inducono a
preferire questa interpretazione riguardano entrambe le situazioni
che si fanno rientrare nel c.d. consumo di gruppo, e cioè sia
l'ipotesi di acquisto congiunto sia quella di acquisto da parte solo
di uno (o alcuni) dei futuri consumatori su mandato degli altri. Del
resto già la sentenza Iacolare aveva evidenziato come entrambi i
casi attengano pur sempre ad una codetenzione quale antecedente
immediato rispetto al consumo da parte dei componenti il gruppo.
Non
è quindi condivisibile la tesi che propone una soluzione di
compromesso, differenziando le due ipotesi e limitando l'illecito
amministrativo al solo caso in cui i soggetti acquistino
congiuntamente e materialmente la droga. Questa differenziazione
potrebbe anzi, nei diversi casi concreti, dar luogo ad incertezze
nell'individuazione del confine tra illecito penale ed amministrativo
e comunque determinare irragionevoli disparità di trattamento.
12.
In conclusione, va ritenuta corretta l'interpretazione in base alla
quale il giudice del merito ha dichiarato non luogo a procedere per
insussistenza del fatto non essendo ravvisabile nella specie una
condotta di cessione a terzi, mentre, per le ragioni indicate, non
può condividersi l'opposta tesi della punibilità del c.d. consumo
di gruppo sostenuta dalla ricorrente. Il giudice ha altresì
accertato, con adeguata motivazione, la presenza (del resto non
contestata con il ricorso) delle condizioni occorrenti per escludere
la punibilità.
Il
ricorso deve dunque essere rigettato, con conseguente condanna della
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
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