di seguito vi riporto un estratto della seconda dispensa di diritto amministrativo a cura del'avv. Federico Frasca.
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Indice
Premessa
1.
Decalogo dei consigli sul ricorso al T.A.R. pag. 4
- I principi comunitari; pag. 9
- le figure sintomatiche dell’eccesso di potere. pag. 14
2.
Massime e Giurisprudenza: pag. 19
- il diritto d’accesso; pag.
19
- la
D.I.A. edilizia; pag. 38
- il
permesso a costruire. pag. 77
3.
Atti da svolgere. pag. 92
Premessa
Salve ragazze/i,
con questa dispensa continua il
“nostro viaggio” verso l’esame di Stato, appena agli inizi.
Spero vi sia risultata utile la
precedente dispensa, e che nell’esercitarvi nella redazione degli atti abbiate
trovato qualche difficoltà. Questo non perché sono il marchese De Sade, ma
perché qualsiasi traccia esca l’ultimo giorno dell’esame, anche la più
semplice, vi imporrà di risolvere uno o più problemi, molto probabilmente da
voi non analizzati precedentemente, al pari (forse) di quanto avete fatto
questa settimana. Le difficoltà “ci devono essere” durante questo corso quindi,
perché comunque le dovrete affrontare il giorno dell’esame.
Vi dirò di più: spesso è
preferibile svolgere un compito su un argomento poco conosciuto che su uno
conosciuto a menadito. Perché? Perché la difficoltà è maggiore, ma la nostra mente
si attiva maggiormente, dando spazio alla creatività, cercando collegamenti e
trovando spunti. Su un argomento già studiato invece si rischia di utilizzare
più la memoria e di cercare più la completezza che la sintesi o la soluzione.
La finalità di questo corso non
è quella di farvi arrivare all’esame preparati su specifici argomenti (cosa di
per sé non negativa), in modo da “non avere alcuna difficoltà”, ma è quella di insegnarvi
a saper “affrontare la sfida della difficoltà”.
Ovviamente non si può arrivare
all’esame “al buio” come “tabulae rasae”: analizzeremo insieme allora i fondamentali che, una volta acquisiti,
vi permetteranno di ben articolare qualsiasi motivo di diritto. La fase
mnemonica va lasciata soltanto allo schema dell’atto, non al contenuto, che è
sommamente variabile, e va sempre predisposto in maniera persuasiva, quindi non
oggettiva e neutrale, ma “creativa”.
Buon lavoro.
A presto.
1.
DECALOGO
dei
consigli sul ricorso al T.A.R.
Premessa: in questo
Decalogo riporto molteplici disposizioni del nuovo codice. Qualora non abbiate
un codice del processo amministrativo aggiornato, o vogliate svolgere qualche
approfondimento e non ne avete uno annotato o commentato, vi consiglio la
consultazione del sito http://www.giustizia-amministrativa.it/.
1.
Normativa abrogata: citarla
costituisce un errore.
Ad es.,
proporre ricorso ai sensi dell’art. 21-bis
della l. n. 1034/71 e non ai sensi degli artt. 31 e 117 c.p.a. porta ex se all’insufficienza dell’elaborato.
Lo stesso vale per errori meno evidenti, come parlare di D.I.A. in materia di
commercio (o di edilizia, giacché il D.L. n. 70/11 ha aggiunto il co. 6-bis all’art. 19 della l. n. 241/90,
recante il disposto “Nei casi di Scia in materia edilizia …”,
mentre l’art. 22 del d.P.R. n. 380 parla ancora di Denuncia di Inizio Attività) al posto di S.C.I.A., costituisce
errore.
I
codici devono quindi essere aggiornati, perché l’esame si fa “a legislazione
vigente”.
2.
Oggetto del ricorso: non
è più necessariamente l’annullamento di un provvedimento amministrativo (art.
40 co. 1 lett. b) c.p.a.: “1. Il ricorso deve contenere: … b) l’indicazione dell’oggetto
della domanda, ivi compreso l’atto o il provvedimento eventualmente impugnato …”. Nel processo amministrativo la causa petendi non è più l’atto ma il
rapporto.
Anche i
termini quindi sono cambiati: pur
rimanendo il “canonico” termine di 60 giorni, o quello dimidiato di 30 per
talune materie (ad es. accesso, appalti),
il c.p.a. prevede anche i “ nuovi termini” di 120 giorni per l’azione
risarcitoria autonoma (art. 30 co. 3) o di 180 per la declaratoria della
nullità provvedimentale (art. 31 co. 4). Non è casuale che l’art. 41 co. 2
c.p.a. stabilisca genericamente che il ricorso va notificato “… entro il termine previsto dalla legge …”.
Nell’epigrafe
è pertanto un errore omettere la richiesta risarcitoria (ovviamente è un errore
ancora più grande ometterla anche nel corpo del ricorso e/o in sede di petitum, se ne sussistono i presupposti),
o, nel caso di diniego all’accesso, scrivere soltanto “per l’annullamento” e non anche “ e per l’accertamento del diritto del ricorrente e la condanna del Comune
di … ad esibire i documenti richiesti”.
E’
tautologica la formula “e di ogni atto
connesso, consequenziale, coordinato, etc.”. Tale facoltà per gli atti successivi è implicita nella facoltà
di proporre ricorso per motivi aggiunti, mentre per gli atti presupposti (bando
di gara, di concorso, etc.) deve
essere esercitata ai fini della c.d.
“doppia impugnativa”, pena l’inammissibilità del ricorso.
3.
I controinteressati. Il ricorso a pena
d’inammissibilità va notificato ad almeno un controinteressato, anche nel rito
del silenzio-inadempimento (art. 117 co. 1 c.p.a.; prima era dubbio), o
dell’accesso (art. 116 co. 1 c.p.a.)
Non dimenticatelo nell’epigrafe!
4.
Le azioni del Codice. Nel
“nuovo” processo amministrativo sono ammesse azioni dichiarative, costitutive e
di condanna.
L’azione dichiarative sono
in realtà tipiche: sono essenzialmente due, ossia quella per declaratoria della
nullità del provvedimento (art. 31 co. 4 c.p.a.) e quella per l’accertamento
del silenzio-inadempimento (art. 31, commi 1-3 c.p.a.). L’azione dichiarativa
generale non sembra ammissibile, nonostante le aperture di dottrina e
giurisprudenza minoritarie.
L’azione costitutiva è
volta al “classico” annullamento del provvedimento, ed è tipica del carattere
(tuttora prevalentemente) impugnatorio del processo amministrativo.
L’azione di condanna è
atipica, e comprende il risarcimento in forma specifica come per equivalente
(art. 30 co. 2 c.p.a.). Talvolta è tipica: vd. la condanna all’esibizione dei
documenti (art. 116 c.p.a.) o al “facere”
provvedimentale nel silenzio-inadempimento (artt. 31 e 117 c.p.a.).
5.
La violazione di legge. In
questo vizio di legittimità rientra qualsiasi infrazione normativa compiuta
dalla P.A., dalle fonti apicali (Cost., Trattati comunitari) a quelle
inferiori (Regolamenti comunali, governativi, bandi di gara e di concorso, etc.), passando per la legge in senso
stretto, ossia la legge ordinaria, il decreto legge ed il decreto
legislativo.
Il vostro atto deve articolarsi
quindi essenzialmente su questa figura. La conoscenza dei
principi apicali ed una corretta ed una intelligente consultazione dei codici
bastano, perché la normativa in materia amministrativa è sempre più
“pervasiva”, disciplinando compiutamente ogni settore dell’attività
amministrativa.
Non vi
è dubbio che costituisce il principale vizio di legittimità del provvedimento. La
stessa incompetenza non è che una sotto-categoria e lo stesso eccesso di potere
è recessivo (basti pensare ai vizi della motivazione, prima interamente
riconducibili a quest’ultimo, mentre ora riconducibili alla violazione
dell’art. 3 della l. n.241/90 in caso di mancanza totale; la carenza “parziale”
o la contraddittorietà della stessa rientrano invece ancora nell’eccesso di
potere).
ATTENZIONE:
l’art. 40. co. 1 lett. c) c.p.a. stabilisce che il ricorso deve contenere “l’esposizione
sommaria dei fatti, i motivi specifici su cui si fonda il ricorso”.
I motivi non possono essere generici, quindi
pretestuosi, ma devono permettere la
Giudice di sindacare l’attività della P.A.. Questo non
significa, tuttavia, che il ricorso debba dedurre come i vizi provvedimentali necessariamente
in relazione alla sola normativa di dettaglio (circolari ministeriali,
D.P.C.M., etc.). Basta la
legislazione speciale, unitamente ai principi generali.
6.
Ordine. Siate
ordinati nell’esposizione del fatto come del diritto: numerate quindi i punti
del fatto come i motivi di diritto.
Anche
l’atto amministrativo segue comunque il principio
di libertà delle forme: unica regola è quindi non commettere errori od
omissioni (mancanza della procura, dell’intestazione, della firma
dell’avvocato, etc., ma anche errori
d’ortografia!).
Un
consiglio nel consiglio: non unite violazione di legge ed eccesso di potere
nello stesso motivo di diritto. In taluni casi le figure possono esser
simili (ad es. violazione del principio comunitario di proporzionalità ed
eccesso di potere per ingiustizia manifesta), ma è bene tenerli distinti per
far capire ai commissari che la distinzione vi
è chiara.
7.
La competenza: il
nuovo Codice del Processo amministrativo (D.Lgs. n. 104/10) prevede la competenza territoriale e la competenza
funzionale inderogabili (la l. n. 1034/71 prevedeva la regola della
derogabilità, salvo eccezioni).
Ricordate
che quanto alla prima è stabilita una connessione territoriale tra attività
amministrativa e sindacato giurisprudenziale: si deve aver riguardo alla sede
dell’Ente ed all’efficacia dell’atto (art. 13, co. 1, c.p.a.). Quest’ultimo
sotto-criterio è prevalente rispetto al primo.
Quindi,
ad es., un atto del Provveditorato agli Studi di Firenze che dispieghi i suoi
effetti nel territorio fiorentino non crea problemi di sorta, e va impugnato
dinanzi al T.A.R. Toscana. Idem in
caso di relativa efficacia provinciale o regionale. Ma se esplicasse i suoi
effetti anche oltre il territorio della Regione Toscana, l’art. 13 co. 3 c.p.a.
comunque imporrebbe la competenza territoriale inderogabile del T.A.R. Lazio,
sede di Roma.
In
quest’ultimo caso la notifica va effettuata all’Avvocatura generale dello
Stato, mentre nei casi precedenti casi all’Avvocatura distrettuale ai sensi
dell’art. 10 co. 3 della l. n. 103/79(vd., per un approfondimento, l’Ad. Plen. n.
19/2011).
La
notifica presso la sede legale vale solo per gli Enti pubblici (o privati
esercenti pubblici servizi o funzioni) diversi dallo Stato. Quindi un atto
della Regione Liguria avente efficacia ultraregionale va impugnato davanti al
T.A.R. ligure con ricorso notificato la Presidente della Regione, presso la sede legale
della stessa.
Nelle
materie indicate dall’art. 135 c.p.a. è tuttavia funzionalmente competente, in
maniera inderogabile, il T.A.R. Lazio, sede di Roma; le
controversie relative ai poteri esercitati dall’Autorità per l’energia
elettrica e il gas sono invece devolute al T.A.R. Lombardia, sede di Milano. Un
provvedimento dell’Antitrust, a
prescindere dall’efficacia territoriale, va quindi sempre impugnato davanti al
T.A.R. Lazio (anche se attinente a profili di diritto del pubblico impiego,
visto che la sede unica è a Roma).
8.
La legge n. 241 del 1990. La
l. n. 241/90 ha carattere generale, rappresenta lo “statuto minimo” dei diritti
del cittadino nei confronti della P.A.. Ogni Testo Unico (edilizia,
appalti, etc.) è tuttavia ad essa
derogatorio, dal momento che i reciproci rapporti sono retti dal principio di
specialità, e non da quelli cronologico o gerarchico.
ATTENZIONE: in
alcuni casi è fondamentale dedurre la violazione di una norma della l. n.
241/90 nel motivo di diritto (ad. es. in una memoria difensiva, in merito
ai vizi non invalidanti ex art. 21-octies co. 2) ma in altri casi può
essere addirittura erroneo.
Ad es.
è corretto scrivere “Violazione dell’art.
97 Cost. – Violazione dell’art. 11 della l. n. 241/90 – Violazione dell’art. 34
T.U.E.L.”, rappresentando ogni violazione una sottocategoria dell’altra, passando
dal generale al particolare, ma è sbagliato addurre come vizio di un ordine di
demolizione dei manufatti abusivi la “Violazione
dell’art. 7 della l. n. 241/90”, dal momento che il T.U. dell’Edilizia non
prevede garanzie partecipative in caso di accertato abuso edilizio, tutelando
anche con norme penali il corretto ed ordinato sviluppo urbanistico.
Allo
stesso modo la dizione “Violazione
dell’art. 20 della l. n. 241/90” è sbagliata nei casi di diniego di permesso
a costruire comunicato al 45° giorno dalla presentazione della domanda. Non si
può asserire essersi formato il silenzio-assenso “generale”: l’art. 20 co. 8 del
d.P.R. n. 380/01 prevede difatti che il responsabile emani un provvedimento
espresso, oppure che il silenzio-assenso si formi nel termine di 60 giorni e
non di 30. Tale norma è speciale rispetto a quella prevista dalla legge sul
procedimento. Da qui l’erroneità del suddetto motivo di diritto.
9.
La procura (art.
24 c.p.a.): nell’atto di diritto amministrativo è speciale. Si intende conferita soltanto per il primo grado e
per tutti gli atti consequenziali e connessi (motivi aggiunti, ricorso
incidentale, etc). La giurisprudenza
richiede quindi una nuova procura per l’appello; la parte può tuttavia
conferire al patrocinatore sin dal primo grado il potere di appellare la
sentenza del T.A.R..
E’
quindi preferibile formulare una procura “completa” della facoltà d’appello,
anche se non è sbagliata quella che l’omette. E’ del pari preferibile evitare
di scrivere “… con facoltà di proporre
ricorso per motivi aggiunti,…”; i commissari, non potendovi segnare come
errore la dicitura, potrebbero sospettare che non conosciate le regole in
esame.
10.
Le richieste istruttorie: il
processo amministrativo rimane un processo “documentale”. Vige il principio
dispositivo con metodo acquisitivo (vd. art. 63 c.p.a.).
Non
sono ammessi l’interrogatorio formale ed il giuramento, la testimonianza non ha
il valore che assume nel processo penale (idem
per il processo civile), il giudice può ordinare una verificazione,
disporre una C.T.U. (utile solo in
caso di discrezionalità tecnica) ed ordinare l’esibizione di documenti alla
P.A..
In
pratica nell’atto vanno inseriti al termine del petitum i documenti (specie se ottenuti con accesso) citati dalla
traccia (ad es. preavviso di rigetto ex art.
10-bis, contratto di compravendita
del … rogito …, etc.) ma ricordate
che tanto il ricorrente (entro 30 giorni dall’ultima notifica ex art. 45 co. 1 c.p.a.) tanto la P.A. (entro 60 giorni dal perfezionarsi nei suoi
confronti della notificazione del ricorso deve “depositare produrre l'eventuale provvedimento
impugnato, nonché gli atti e i documenti in base ai quali l'atto è stato
emanato, quelli in esso citati e quelli che l'amministrazione ritiene utili al
giudizio”) portano a conoscenza del Giudice il provvedimento perché vi
sia valida instaurazione del giudizio
La relativa copia non va pertanto inserita nelle richieste
istruttorie.
Se la materia è caratterizzata dalla discrezionalità tecnica, può
depositarsi una C.T.P., oppure sollecitare una C.T.U..
Per il resto, ricordatevi che sono la parte meno importante
dell’atto, ma se la traccia lo richiede, vanno comunque articolate
- I principi comunitari -
1.
Premessa.
Non esiste settore, ambito,
istituto del diritto amministrativo che non sia stato inciso nel corso degli
anni dal diritto comunitario. La stessa l. n. 15/05 non ha che recepito, modificando
l’art. 1 della l. n. 241/90, la
vasta produzione normativa e giurisprudenziale sviluppatasi in sede europea.
Sotto la Rubrica
“Principi generali dell’azione
amministrativa” si legge oggi: “1. L’attività amministrativa persegue i fini
determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di
imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla
presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti,
nonché dai principi dell’ordinamento comunitario”.
Tutta l’attività
amministrativa è quindi procedimentalizzata e retta dai principi comunitari, i
quali con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona sono stati inoltre
costituzionalizzati (vd. art. 117 Cost.). Alcuni settori del diritto
amministrativo, enunciano poi espressamente che l’attività della P.A. in parte qua è retta dai principi in
esame: basti pensare all’art. 2 commi 1-2 del D.Lgs. n. 163/06 (Codice degli
Appalti pubblici). La stessa attività giurisdizionale amministrativa ne è
governata: si pensi al riferimento al “diritto
europeo” contenuto nell’art. 1 co. del c.p.a. (ossia il D.Lgs. n. 104/10),
la cui importanza è evidente, ad esempio, in sede di redazione di un ricorso in
appello ad un’ordinanza cautelare o ad una sentenza del T.A.R..
Qualsiasi atto
può esser dunque redatto, quantomeno a livello generale, che sia un ricorso,
una memoria difensiva o un intervento ad
opponendum, censurando o difendendo l’operato della P.A. alla luce di tali
principi.
ATTENZIONE: non deve mancare la specificità dei motivi di diritto tuttavia: l’art. 40 co. 1 lett.
c) c.p.a. la impone espressamente. E’ quindi sempre utile accompagnare le
censure sulla violazione di tali principi alla normativa di parte speciale o
generale (vd. l. n. 241/90) che ne costituisce attuazione (ad es. i principi di
economicità, efficacia ed efficienza informano tutta la disciplina in materia
d’appalti).
Devono quindi
costituire parte imprescindibile del vostro bagaglio giuridico: anche ictu oculi, senza aprire codice, dovete
sapere, sol leggendo la traccia, ravvisare i principi comunitari utili a
censurare (ipotesi più frequente) o difendere l’operato della P.A..
2. Un consiglio
pratico.
Come deve essere ordinato
cronologicamente e logicamente il fatto tramite la numerazione (1. In data x Tizio si vedeva notificare … 2.
Formulata istanza d’accesso … 3. Il Comune di Afa provvedeva in autotutela …),
similmente i motivi di diritto vanno elaborati a partire dai principi
comunitari, che ovviamente costituiscono allo stesso tempo violazione dell’art.
1 co.1 della l. n. 241/90.
Al pari delle figure sintomatiche
dell’eccesso di potere di cui infra,
con pochi strumenti concettuali e scarso sforzo mnemonico (non si trovano sui
codici ovviamente!), potete affrontare efficacemente la prova d’esame a
prescindere dalla legislazione speciale nazionale, che tuttavia per motivi di
completezza dell’atto, va comunque ricercata sui codici e riportata nell’atto.
3.
Distinzione.
Fate ATTENZIONE: la violazione dei principi comunitari (e costituzionali)
rientra nella “violazione di legge” di cui all’art. 21-octies co. 1 della l. n. 241/90, tuttavia può essere utile dedurla
anche per rafforzare l’illegittimità provvedimentale per “eccesso di potere”.
Di seguito noterete che talune figure delle due categorie sono molto simili,
quasi coincidenti. Tuttavia bisogna mantenere la distinzione: nell’eccesso di
potere la P.A.
rispetta la legge, ma solo “formalmente”, poiché la piega a scopi diversi o
snatura la stessa funzione amministrativa. L’eccesso di potere si annida,
difatti, nei settori scarsamente regolamentati, in cui la discrezionalità
amministrativa allarga le maglie delle “strade percorribili” dalla P.A.
C’è quindi incompatibilità logica tra violazione di legge ed eccesso di
potere, anche se spesso negli atti si deducono con gli stessi motivi di diritto. Una norma o è violata, o non lo è; se lo è c’è
illegittimità per violazione di legge (salva la disciplina dei vizi non
invalidanti di cui all’art. 21-octies co.
2 della l. n. 241/90), se non lo è legittima, salvo emergano a livello
presuntivo le figure sintomatiche d’eccesso di potere. Ovviamente, quanto dalla
normativa dettagliata si passa ai principi generali, questa distinzione può
sfumare. Da qui l’equivoco, che è “pratico”, ma non “teorico”.
4. I
principi costituzionali
Tornando ai principi comunitari medesima
importanza hanno ovviamente i principi
costituzionali di:
1.
imparzialità e buon andamento (efficacia, economicità ed
efficienza) di cui all’art. 97 Cost.,
2.
il principio di
legalità su cui si basa lo stesso
Stato di diritto, basato sulla separazione dei poteri (vd. art. 97 co. 1 Cost. ed
art. 1 co. 1 della l. n. 241/90), i cui corollari sono:
-
il principio di tipicità dei provvedimenti
(costituiscono un numerus clausus dal
momento che implicano esercizio di supremazia speciale della P.A.; un’eccezione
è data dalle ordinanze ex art. 54 co.
4 TUEL, che tuttavia possono solo derogare temporaneamente la normativa di
rango primario ma non i principi generali dell’ordinamento);
-
il principio di esecutorietà dei
provvedimenti (vd. art. 21-ter della
l. n. 241/90), espressione del potere di autotutela esecutiva della P.A..
3.
Il principio
di pubblicità dell’azione amministrativa, connesso a quello di trasparenza
della stessa (vd. diritto d’accesso ex art.
22 e ss. della l. n. 241/90).
4.
Il principio
di ragionevolezza, che “impone la
corrispondenza dell’azione amministrativa ai fini indicati dalla legge, la
coerenza con i presupposti di fatto a base della decisione amministrativa, la
logicità della stessa oltre che la proporzionalità dei mezzi rispetto ai fini”
(GAROFOLI), a cui corrispondono numerose figure d’eccesso di potere quali
l’illogicità procedimentale, quella motivazionale, l’ingiustizia manifesta, la
disparità di trattamento.
5.
il principio di
sussidiarietà orizzontale (nei
rapporti tra P.A. e cittadini: vd. art. 118 co. 4 Cost.)
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