Ragazze/i,
di seguito vi riporto un estratto della prima dispensa di diritto amministrativo a cura dell'avv. Frasca.
Per aderire al modulo di diritto amministrativo all'interno del Corso gratuito esame avvocato 2012/2013
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Indice
Premessa
1.
Decalogo dei consigli generali. pag. 4
2.
Decalogo sulla redazione dell’atto
giudiziario. pag.
7
3.
Massime e Giurisprudenza. pag. 9
- Revoca dell’assessore comunale
- Numero degli assessori comunali pag. 19
- Ordinanze
contingibili ed urgenti pag. 26
4.
Atti da svolgere. pag. 64
Premessa
Salve ragazze/i,
con questa dispensa comincia il
“nostro viaggio” verso l’esame di Stato.
Obiettivo: giungere a dicembre
sapendo redigere un qualsiasi atto di amministrativo in maniera esatta dal
punto di vista giuridico e logico. Un atto che si collochi al di sopra della
“stretta” sufficienza,
Gli atti che vi assegnerò vi
permetteranno di esercitarvi in tutti i principali settori del diritto
amministrativo.
La presente è una
dispensa-campione, pre-corso, quindi sui generis. Contiene difatti alcuni
consigli pratici, spesso basati sulla mia esperienza personale e sul confronto
con quella di altri colleghi, che non troverete sui “normali” manuali.
Nondimeno li ritengo utilissimi, al pari delle questioni sostanziali che in
questi mesi tratteremo insieme. Una sorta di condiciones sine qua non. Vi chiedo di farne tesoro principalmente
nel vostro interesse. A ogni modo, verranno arricchiti a partire dalla prossima
dispensa con ulteriori e diversi, in particolare sulle modalità di redazione
dei singoli atti di diritto amministrativo. Io stesso, in sede di correzione,
vi indicherò i casi in cui ve ne sarete discostati.
Una precisazione: le massime e
la giurisprudenza sono connesse con gli atti che trovate nel parte finale: vi
consiglio di svolgere prima l’atto, tuttavia, e soltanto dopo confrontarlo con
la giurisprudenza, che vi invito comunque a leggere attentamente, quantomeno
nelle sue massime. A partire dalla prossima dispensa, invece, gli atti
riguarderanno sì la stessa materia (Concorsi della P.A. ad esempio) della
giurisprudenza, ma toccheranno questioni diverse da essa. Alla successiva
consegna dell’elaborato vi premetterò la giurisprudenza che “risolveva”, rectius,
aiutava a risolvere, le problematiche
sottese agli atti assegnativi.
Vi chiedo, infine, di redigere
gli elaborati a penna, di scannerizzarli e di inviarmeli via email entro
venerdì (7 settembre), cosicché possa darvi qualche utile
suggerimento-correzione sulla grafia, la distribuzione del testo, le
cancellature, etc..
Vi auguro un buon lavoro.
A presto.
DECALOGO
dei
consigli generali
1.
Utilizzate tutte le 7 ore a disposizione, anche
se si è finito molto prima. Il tempo residuo può ad es. permettervi di ricopiare
con grafia migliore la “bella” copia, oppure potrebbe permettervi di avere
un’intuizione che vi porti ad eliminare un errore o ad aggiungere un o chiarire
un passaggio logico. Spesso il voto complessivo dei tre scritti si aggira su
90, ed anche quella che sul momento vi pare un’inezia può rivelarsi
fondamentale per i superamento dell’esame.
2.
Non “tuffatevi” sui codici annotati. Prima
ragionare sulla traccia, leggendola più volte attentamente, poi provare a
formulare uno schema mentale di svolgimento, e soltanto allora cercare in
maniera selezionata articoli e giurisprudenza. Invertire l’ordine può
portarvi a perdere la bussola. L’esame non serve a conoscere sul momento nuovi
istituti: il tempo è poco, i codici sono annotati e non commentati, ed infine
la finalità dell’esame è accertare la conoscenza dei fondamentali e la capacità
di ragionamento.
3.
Attenzione alla c.d. “overconfidence”: nei
primi minuti dopo la dettatura vi attiverete automaticamente per risolvere
mentalmente nel minor tempo possibile i quesiti e le problematiche che la
traccia pone. L’ansia dell’esame vi porterà ad avere una risposta quasi
immediata, ma attenti a sottoporre a vaglio critico le prime intuizioni!
Spesso non sono del tutto sbagliate, ma parziali, o iperboliche (danno un
valore eccessivo ad una questione secondaria ed uno minimo ad una di primaria
importanza!). Durante le prime ore siate quindi molto critici con voi stessi.
4.
Ascoltate tutti, ma seguite solo voi stessi.
Durante l’esame avrete attorno i più diversi candidati; solitamente i più
preparati parlano poco, mentre i più “estemporanei” sdottoreggiano
abbondantemente (ivi compresi i commisari)! Le vostre iniziali intuizioni e le
convinzioni delle ore successive devono però “reggere” anche questa prova
selettiva: ritenere palesemente infondata una tesi proclamata da un vostro
vicino di banco, oppure confrontarsi su un punto con un più pacato candidato,
significa implicitamente ragionare ad alta voce con voi stessi e valutare
nuovamente la validità di quanto avete elaborato. Non chiudetevi né apritevi
eccessivamente a quanto “circola” nell’aula. Ovviamente al termine di tutto,
rimangono le vostre convinzioni: è preferibile una tesi plausibile e
logicamente esposta, ad una corretta ma malamente argomentata!
5.
Evitate il “copia e incolla” dai codici
annotati. I codici annotati in circolazione sono di tre
o quattro case editrici (Giuffré, Dike, Nel Diritto Editore principalmente). Le
massime che trovate vengono spesso roboticamente reinserite dai candidati, per
cui i commissari dopo poche correzioni si rendono facilmente conto se un
compito è rielaborato o semplicemente copiato. Riportare pedissequamente le
massime poi comporta una variazione di stile (perfetta la massima, meno il
passaggio logico che la introduce) nel compito che anche ictu oculi è ravvisabile. Questo “scredita” molto nel giudizio di
un commissario un elaborato, e lo porta a ritenerlo “uguale a tutti gli altri”,
o “copiato”.
Servitevi quindi delle testo delle massime soltanto per
perfezionare a livello lessicale le vostre asserzioni. Per il resto leggete,
estrapolate il concetto e riportatelo “autonomamente”.
6.
Distribuite sapientemente il tempo a vostra
disposizione: la lettura attenta della traccia può farsi in
mezz’ora, la ricerca delle norme meno di un’ora, la riflessione sulle questioni
e sul materiale giurisprudenziale deve occupare il “cuore” del tempo a vostra
disposizione, quindi dalle 3 alle 4 ore. Il tempo residuo va utilizzato per la
copiatura in bella copia: se avete problemi al riguardo, dedicate il giusto tempo,
anche il relazione al numero di pagine dell’elaborato ed alla vostra velocità
nel ricopiare. Non dimenticate che l’ultima mezz’ora va dedicata alla rilettura
(almeno due volte) del compito.
Tra una fase e l’altra è buona cosa riposarsi per qualche
minuto: la tensione, specie iniziale, e la lettura serrata dei codici, scritti
spesso a caratteri miniaturistici, può stancarvi notevolmente. Prendetevi la
giusta dose di riposo.
7.
Portate in aula tutto l’occorrente:
l’esame di Stato è più una prova psico-fisica che una pacata stesura di
concetti giuridici. Vi consigli quindi per il silenzio i tappi, per il mal di
testa la tachipirina, per la stanchezza un pocket
coffee, etc.
8.
I Codici devono essere aggiornati: con
l’eccezione dell’ultimo esame di Stato, le questioni problematiche riguardavano
fattispecie oggetto di recenti interventi delle Sezioni Unite.
Non può comunque escludersi che anche quest’anno vengano
riproposte tracce risolvibili più con il ragionamento che con le massime
contenute nei Codici. D’altronde l’esame di Stato, con l’eccezione degli ultimi
anni, si è sempre fatto con i Codici non annotati, ed un disegno di legge
recente prevedeva il ritorno al “classico”
9.
Le massime vanno lette per intero: non
limitatevi ad analizzare il contrasto giurisprudenziale (quando sussiste), ma
giungete alla conclusione delle Sezioni Unite o della più recente
giurisprudenza di una Sezione (la
Giuffré da questo punto di vista è preferibile). Leggete
sempre la data di una massima: può esser collocata prima o dopo altre più
recenti, e spesso i Codici non adottano un chiaro principio ordinatore. In
altre parole può sembrarvi di essere incappati in un contrasto, mentre in
realtà si tratta di una semplice evoluzione, che i Codici determinano
giustapponendo tutte le tesi per motivi di completezza.
Se non fate attenzione, vi potreste ritrovare a dare per
consolidata una tesi abbondantemente superata da decenni! Se questo è una
“mancanza” nell’atto, che avendo carattere “persuasivo” può non essere del
tutto oggettivo, nel parere, che va reso pro
veritate, è un grave errore.
10. Scegliete
l’atto che pensate di svolgere meglio. Vale più un compito
semplice ma ben fatto che uno difficile ma incompleto, od erroneo nella forma
e/o sostanza. Per poter scegliere ovviamente dovete esercitarvi redigendo atti
in tutte e tre le materie (il che è caldamente consigliato). Non escludete
mai a priori di svolgere l’atto della
materia in cui siete meno preparati, se in concreto pensate di poterla svolger
meglio perché più semplice.
DECALOGO
sulla redazione dell’atto giudiziario
Premessa:
seguenti consigli hanno carattere generale: valgono
per qualsiasi atto e per tutte e tre le materie.
1.
Solitamente l’atto amministrativo è un
ricorso, che quasi sempre concorre con il rimedio cautelare. Va
precisato che nelle ultime tracce al candidato viene chiesto di predisporre “l’atto ritenuto più idoneo”, mentre in
precedenza il redattore era più specifico, indicando il tipo d’atto giusto.
2.
L’ATTO E’ ASSERTIVO: anche se infondata, bisogna
difendere una tesi (a differenza del parere, dove è richiesta una maggiore
imparzialità). Quindi NO a formule
dubitative (ad es. scrivere “la norma
applicabile è…” e non “la norma
applicabile dovrebbe essere…”).
3.
E’ un esame di Stato e non un concorso (con posti limitati quindi): va comunque rispettato l’anonimato,
che prima di ogni cosa significa non
firmare MAI l’atto (la giurisprudenza amministrativa equipara nei fatti
l’esame di stato di avvocato ad un concorso, ponendo alla base il necessario
rispetto del principio della par condicio,
per cui anche un eventuale ricorso è considerato infondato sul punto).
4.
Quanto ai DATI DI FATTO, li
fornisce la traccia e sono incontroversi (qualche volta scarni). Ogni cosa ha
un valore (soprattutto le date, considerato
il principio di inoppugnabilità che regge i provvedimenti aministrativi), e non
vi è niente di più del necessario. Quindi,
a.
Non inventarsi mai i fatti! Tuttalpiù “contestare” qualche
fatto, per far vedere alla commissione che (in sede di atto responsivo) si padroneggia
la linea difensiva che verrà articolata nei motivi di diritto.
b.
Disporre i fatti in ordine numerico; ad
ogni numero deve corrispondere un passaggio logico-cronologico.
c.
Pesare i fatti, che
devono condurre ad un atto e non ad un altro.
5.
Avvalersi della giurisprudenza che fa
comodo; se minoritaria scrivere “non ignora la scrivente difesa che, tuttavia…”, se maggioritaria
evitare toni trionfalistici (ad es. “la
giurisprudenza unanime”, anche perché oltre ad esser poco verosimile si
espone alla critica che comunque i giudici spesso cambiano orientamento).
6.
Non usare frasi forti (vd. art. 88 c.p.c. sulla
lealtà dell’avvocato nei rapporti dei colleghi): in altre parole, niente frasi
ingiuriose, sarcastiche o ironiche. Bisogna
essere decisi, diretti, ma tecnici, mai animosi. “Si usa il fioretto, non
la sciabola”.
7.
Non utilizzare i latinismi: se necessario ovviamente sì (ad
es. “periculum in mora” è termini non
traducibile in italiano con lo stesso effetto), ma ricordiamoci che non siamo
Giulio Cesare!
8.
SINTETICITA’ E COMPLETEZZA DEGLI ATTI (vd. art. 3, co. 2 c.p.a.):
negli studi legali si insegna che “meno si scrive, meglio è”; QUI NO! All’esame si redige un atto “in
vitro”, per cui alla sinteticità, che conferisce efficacia allo
scrivere, bisogna sempre associare la
completezza (non vi è un altro atto da scrivere, è una simulazione!). Bisogna
quindi applicare il principio di
autosufficienza degli atti (come nel ricorso in Cassazione)! Ad es., se la
traccia “sollecita” qualche digressione sulla giurisdizione (evenienza rara
comunque), non sottrarsi!
9.
Il linguaggio deve essere tecnico e non
colloquiale: non si
possono usare “atto”, “accordo” e “provvedimento” come fossero sinonimi.
10. Sull’ANONIMATO:
a.
Non usare lo stampatello (unica eccezione l’epigrafe con
“TRIBUNALE AMMINISTRATIVO DI …”);
b.
Non numerare le pagine (anche
se la giurisprudenza amministrativa non lo considera segno di riconoscimento)
c.
sulla brutta copia va scritto solo “BRUTTA
COPIA”, non si
deve arrivare a metterci pure la firma per far capire che non è la bella!
d.
NO alle
autocitazioni;
e.
NO a bianchetto, evidenziatori e colori diversi (è un esame per diventare
avvocati, non pittori!).
f.
Non alternare neanche i colori della penna (nero e blu, o differenti tipo
di blu), in particolare quando questa è fornita dal personale, perché
considerato segno di riconoscimento! Diverso è il caso in cui non viene data
alcuna penna, e mentre si scrive la propria termina l’inchiostro. Ma in tutti
gli altri casi, ci si alza e si chiede una nuova penna (dello stesso tipo) se
finisce l’inchiostro!
g.
Gli asterischi possono essere usati.
h.
Le cancellazioni vanno effettuate
interlineando la frase errata, od apponendo una riga al
centro della frase: MAI cancellare tutto
senza che possa leggersi quanto scritto sotto, e non usare strane forme geometriche
per interlineare (sono considerati segni di riconoscimento).
Massime
e Giurisprudenza
Estremi
Autorità: T.A.R. Palermo
Sicilia sez. I
Data: 19 settembre 2011
Numero: n. 1649
Parti: R.C. C. Com. Mezzojuso , Consiglio comunale di Mezzojuso (n.c.), N.F. e altro
Fonti: Foro amm. TAR 2011, 9, 2881 (s.m.)
Data: 19 settembre 2011
Numero: n. 1649
Parti: R.C. C. Com. Mezzojuso , Consiglio comunale di Mezzojuso (n.c.), N.F. e altro
Fonti: Foro amm. TAR 2011, 9, 2881 (s.m.)
Classificazione
COMUNI E PROVINCE - Giunta comunale
e provinciale - assessori comunali e provinciali
Testo
Comuni e Province - Giunta comunale
e provinciale - Assessori comunali e provinciali - Assessore comunale - Nomina
- Revoca - Art. 46, d.lg. n. 267 del 2000 - Motivata comunicazione al Consiglio
comunale - Obbligo - Funzione.
In tema di revoca della nomina ad assessore comunale, l'art. 46,
d.lg. 18 agosto 2000 n. 267, prevede espressamente il solo obbligo di una
motivata comunicazione al Consiglio comunale dell'atto di revoca, avente
l'unica funzione di salvaguardare la correttezza del rapporto collaborativo tra
gli organi del Comune, non curandosi di imporre specificatamente una
motivazione per quest'ultimo; pertanto, dall'interpretazione letterale della
norma, discende l'obbligo per il Sindaco di rendere conto solo al Consiglio
della scelta adottata, con una motivazione che ha evidente natura e carattere
strettamente politico, sì da porre il Consiglio in condizione di effettuare a
sua volta valutazioni di ordine politico, anche eventualmente opposte rispetto
a quelle operate dal Sindaco, che potrebbero condurre fino all'estremo rimedio
del voto di sfiducia.
T.A.R. Palermo Sicilia
sez. I, 19 settembre 2011, n. 1649
Estremi
Autorità: Consiglio di Stato
sez. V
Data: 10 luglio 2012
Numero: n. 4057
Data: 10 luglio 2012
Numero: n. 4057
Classificazione
COMUNI E PROVINCE - Giunta comunale e provinciale - revoca o
sostituzione
Comuni e province - Giunta comunale
- Assessori comunali - Revoca - Competenza sindacale - Motivazione - Criterio
di sufficienza.
Testo
La natura ampiamente discrezionale del provvedimento di revoca
dell'incarico di assessore comporta che la relativa motivazione può basarsi sulle
più ampie valutazioni di opportunità politico-amministrativa da parte del
sindaco, fermo restando l'obbligo di comunicare al Consiglio comunale la
decisione di revocare l'assessore ex art. 46, comma 4, d.lg. 18 agosto 2000 n.
267.
Intestazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1031 del 2012, proposto da:
Comune di Grottaferrata, in persona del Sindaco protempore,
rappresentato e difeso dagli avv. Piero Sandulli e Alessandro
Diotallevi, con domicilio eletto presso Piero Sandulli in Roma, via
F. Paulucci dè Calboli n. 9;
contro
Fi. Me., rappresentato e difeso dall'avv. Riccardo Barberis, con
domicilio eletto presso Riccardo Barberis in Roma, via A. Pollaiolo
n. 3;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II TER n.
00642/2012, resa tra le parti, concernente revoca della carica di
assessore della giunta comunale
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Fi. Me.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 giugno 2012 il Cons.
Carlo Schilardi e uditi per le parti gli avvocati Alessandro
Diotallevi e Riccardo Barberis;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue
Fatto
FATTO e DIRITTO
1. Il dott. Fi. Me. ha impugnato,
davanti al T.A.R. per il Lazio, il decreto del Sindaco del Comune di
Grottaferrata, datato 8.9.2011 recante la sua revoca, ai sensi dell'art. 46,
co. 4, T.U.E.L., dall'ufficio di assessore formulando il seguente complesso
motivo: eccesso di potere per carenza assoluta di motivazione, difetto di istruttoria
e mancata comunicazione di avvio del procedimento, violazione degli artt. 46,
T.U.E.L. e 7, l.
n. 241 del 1990.
Il T.A.R. del Lazio, Roma, Sezione
II ter, con sentenza n. 642 del 18 gennaio 2012, dopo aver ritenuto priva di
adeguata motivazione la revoca, ha accolto il ricorso disponendo l'annullamento
del provvedimento.
Il Comune di Grottaferrata ha
interposto appello avverso la menzionata sentenza contestandone tutte le
statuizioni e argomentazioni.
Si è costituito il sig. Fi. Me.
deducendo l'infondatezza del gravame in fatto e diritto.
Con ordinanza cautelare di questa
Sezione - n. 1131 del 20 marzo 2012 - è stata accolta la domanda di sospensione
degli effetti dell'impugnata sentenza, con la motivazione "che ad un primo
sommario esame proprio della fase cautelare l'appello, alla luce della
giurisprudenza di questo Consiglio di Stato è apparso assistito da adeguato
fumus boni iuris. Sul piano procedurale infatti, il provvedimento del Sindaco
di revoca di un assessore, che così come quello di nomina ha carattere
discrezionale e fiduciario, a termini dell' art. 46 del T.U.E.L.. n. 267/2000
deve essere oggetto di obbligatoria comunicazione al Consiglio (come nel caso
di specie è avvenuto) e il Consesso è chiamato a prenderne atto nella sua veste
di organo di indirizzo e di controllo dell'attività politico - amministrativa
dell'ente locale".
L'appello è fondato e deve essere
accolto.
2. La questione di diritto all'esame
attiene alla natura e all'ambito del potere di revoca degli assessori da parte
del Sindaco e le garanzie proprie dei revocandi, nonché i limiti del sindacato
esercitabile su tali atti da parte del giudice amministrativo.
Su tutti questi punti non vi sono
motivi per discostarsi dalla costante giurisprudenza di questo Consiglio (cfr.
ex plurimis Cons. Stato, Sez. V 25 agosto 2011, n. 4905; Sez. V, 27 aprile
2010, n. 2357; Sez. V, 12 ottobre 2009, n. 6253).
Fermo restando il principio ormai
consolidato che gli atti di nomina e revoca degli assessori degli enti
territoriali non hanno natura politica, in quanto sottoposti alle eventuali
specifiche prescrizioni dettate dalle leggi e eventualmente dagli statuti e dai
regolamenti, la valutazione degli interessi coinvolti nel procedimento di
revoca di un assessore è rimessa in via esclusiva al Sindaco, cui compete in
autonomia la scelta delle persone di cui avvalersi per l'amministrazione
dell'ente e che possono essere anche esterne al Consiglio Comunale (c.d.
assessori tecnici).
La valutazione di merito delle
scelte operate dal Sindaco è poi rimessa alla esclusiva valutazione del
Consiglio comunale quale organo di indirizzo e di controllo dell'Ente.
La disposizione di legge che regola
la fattispecie è l' art. 46, co 4, del D.Lgs. 18.8.2000, n. 267, che prevede
che nell'ordinamento generale degli enti locali "Il sindaco e presidente
della provincia possono revocare uno o più assessori, dandone motivata
comunicazione al consiglio".
La lettera della disposizione non
consente una interpretazione della norma che limiti il suo potere di revoca dei
membri della giunta, perché non sarebbe coerente con il sistema dell'elezione e
delle attribuzioni del Sindaco.
Se, infatti, spetta al Sindaco la
scelta dei componenti (di tutti i componenti) della Giunta, non vi è alcuna
ragione per escludere che il Sindaco possa procedere con contrarius actus alla
revoca ed alla conseguente sostituzione di alcuno o di tutti gli assessori
precedentemente nominati.
Il legislatore ha introdotto,
infatti, uno stretto rapporto tra il Sindaco, che trae direttamente la propria
investitura dalla base elettorale e i membri della Giunta, che si presentano
come suoi collaboratori e che da lui stesso trovano la loro fonte di
legittimazione.
Questo rapporto trova poi naturale
svolgimento nel principio "simul stabunt simul cadent", secondo cui una
eventuale mozione di sfiducia rivolta al Sindaco, anche per vicende che
dovessero riguardare la Giunta
o singoli assessori, se approvata dal Consiglio comunale potrebbe avere
conseguenze sulla permanenza del Consiglio stesso.
Se il potere di nominare e revocare
i membri della Giunta fonda, come si è detto, sul presupposto che egli, essendo
eletto direttamente dai cittadini, è il responsabile del governo locale, sarà a
lui che verranno imputati i risultati dell'amministrazione e da ciò consegue la
rilevanza del permanere del rapporto di fiducia tra il Sindaco e la Giunta nella sua interezza
nei confronti del Consiglio comunale che può a sua volta revocare la fiducia
all'esecutivo.
3. La natura ampiamente
discrezionale del provvedimento di revoca dell'incarico di assessore comporta
che la relativa motivazione può basarsi sulle più ampie valutazioni di
opportunità politico - amministrativa da parte del Sindaco, fermo restando
l'obbligo di comunicare al Consiglio comunale la decisione di revocare
l'assessore ex art. 46 cit.
Il procedimento di revoca
dell'incarico assessorile, necessariamente improntato alla semplificazione, per
evitare l'insorgere o il prolungarsi di una crisi politica nell'ambito
dell'amministrazione comunale, non richiede che l'avvio di tale procedimento
debba essere comunicato all'interessato, ai sensi dell'art. 7, l. n. 241 del 1990, atteso
che per le considerazioni fatte egli non può opporvisi e quindi la sua
partecipazione diventa recessiva in un quadro normativo in cui ogni valutazione
è rimessa in modo esclusivo al Sindaco (Consiglio di Stato, Sez. V, 23.1.2007
n. 209).
4. Nella materia de quo, infine, il
giudice amministrativo è sfornito del sindacato di merito, non ricorrendo
alcuna delle ipotesi di cui all'art. 134 c.p.a., per il carattere latamente
politico della scelta non sindacabile in sede di legittimità se non per profili
formali, quali la violazione di specifiche disposizioni normative, la evidente
abnormità del provvedimento sindacale o il suo carattere discriminatorio,
circostanze che non ricorrono nel caso di specie.
Conclusivamente l'appello è fondato
e va accolto.
Le spese di ambedue i gradi di
giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo
P.Q.M.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Quinta)
definitivamente pronunciando sul
ricorso meglio specificato in epigrafe:
a) accoglie l'appello e per
l'effetto, in riforma dell'impugnata sentenza, respinge il ricorso di primo
grado;
b) condanna il sig. Fi. Me. a
rifondere in favore del comune di Grottaferrata le spese, le competenze e gli
onorari del doppio grado di giudizio che liquida in complessivi euro 5.000,00
(cinquemila/00).
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di
consiglio del giorno 5 giugno 2012 con l'intervento dei magistrati:
Marzio Branca, Presidente FF
Paolo Giovanni Nicolò Lotti,
Consigliere
Nicola Gaviano, Consigliere
Carlo Schilardi, Consigliere,
Estensore
Raffaele Prosperi, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 10 LUG.
2012
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