Cassazione penale, sez. II, 25 novembre 2010, n. 44379.
La questione giuridica affrontata dalla Cassazione è quella di stabilire se l’indebita apertura di un conto corrente bancario attraverso l’utilizzo di false generalità possa, o meno, integrare il reato di truffa.
In particolare si discute sulla configurabilità in detta attività degli elementi oggettivi dell’ingiusto profitto per l’agente e del danno patrimoniale per la banca, richiesti dall’art. 640 c.p..
Il caso è quello di Tizio, indagato, quale promotore, di un'associazione a delinquere finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di truffe e falsi, attraverso l'apertura di numerosi conto corrente presso almeno 30 istituti di credito al fine di ottenere la consegna dei libretti di assegni da utilizzare per la spendita senza provvista.
Di fronte alla eccezione dell’imputato di mancata motivazione in relazione al danno patrimoniale subito dagli istituti bancari, la Suprema Corte ritiene corretto l’operato del Tribunale il quale ha fatto riferimento, con motivazione "per relationem", alle argomentazioni del G.I.P. ed alla giurisprudenza richiamata, in particolare alla sentenza n. 10474 del 04/04/1997 Ud. (dep. 19/11/1997), che, in tema di truffa, ritiene che anche l'indebito ottenimento con generalità false dell'apertura di un conto corrente bancario può costituire ingiusto profitto, con correlativo danno della, banca, atteso che la disponibilità di un conto corrente bancario crea nel correntista la possibilità di emettere assegni oltre che di fruire di tutti gli altri servizi bancari connessi all'esistenza del rapporto in questione; vantaggi, questi, a fronte dei quali si pone lo svantaggio, per la banca, di aver instaurato il detto rapporto con soggetto che non poteva fornire la benchè minima garanzia di affidabilità.
Inoltre, ribadisce la Corte, anche il semplice accredito in conto corrente di assegni di illecita provenienza costituisce ingiusto profitto, atteso che esso consente di far fittiziamente figurare, nei confronti di terzi, una determinata disponibilità sul conto medesimo con tutti i conseguenti vantaggi connessi alla esistenza del rapporto in questione, cui si accompagna il danno della banca che deve dar luogo ad iniziative comportanti dispendio di tempo e denaro una volta verificata la non negoziabilità dei titoli accreditati.